Francesco Mancinelli ricorda Massimo Morsello
di Francesco Mancinelli
(Da Generazione '78 pag. 259-263)
... Avevo circa 16 anni quando lo intravidi nel 1979 per la prima volta in un corteo a Latina; mi venne indicato dai Camerati più anziani in mezzo ai ragazzi della sezione Prati, venuti con un pullman da Roma per l’occasione. D’altra parte per me, che iniziavo allora a prendere la chitarra in mano e far girare in maniera male abbozzata e scomposta gli accordi di “Noi non siamo Uomini d’oggi”, “Il battesimo del fuoco” e “La tua gente migliore”, era importante aver anche solo visualizzato per un attimo quello che sarebbe diventato uno dei maggiori riferimenti
del mio/nostro mondo politico e musicale.
.... Il 1° maggio del 1979 eravamo a Viterbo ad attenderlo in Piazza della Repubblica, in un’iniziativa coordinata dal Movimento Giovanile Disoccupati, sigla sponsorizzata dal solito Umberto Croppi, quadro rautiano ed autentico ed instancabile motore delle sue strutture parallele, insieme agli Janus e a Michele di Fiò.
Ma la sera prima a Roma era volata qualche martellata di troppo e Massimo in fuga strategica, non poté raccontarci quel giorno delle piccole tempeste d’acciaio.
Altro ricordo forte, già snocciolato più volte, è quello in cui durante Campo Hobbit III, Massimo, giunto da Roma e spalleggiato dai ragazzi del FUAN di Via Siena, lesse un comunicato dei camerati rinchiusi al G9 di Rebibbia, forzando il servizio d’ordine del Campo in maniera piuttosto militare, facendosi già da allora portavoce e leader di quei “Figli di una frontiera” a cui non si voleva riconoscere una dignità’ politica.
Ancora alcuni brevi ricordi di Londra, dove svolgeva con lo stesso entusiasmo di militanza, l’attività imprenditoriale per la quale (paradosso) venne perseguitato molto di più che per le sue idee politiche. La democrazia non ti perdona il fatto che tu possa avere successo al suo interno senza tuttavia condividerne le finalità ontologiche. Massimino è stato un vero e proprio “Eretico” anche rispetto all’ambiente.
Nel 1996 uscì il video “Scusate ma non posso venire”, che riproduceva un concerto che avrebbe dovuto essere trasmesso in diretta via satellite da Londra, contemporaneamente nelle piazze di Roma e di Milano, ma che in realtà fu mandato solo in differita, a causa della censura preventiva della polizia; in questo raduno, da lui voluto e meticolosamente coordinato, riuscì a mobilitare nelle due località più di 5000 persone e fu l’ ultima grande prova di forza in piazza della Destra Radicale italiana contro le leggi repressive di Stato. Il 25 aprile 1999, dopo 19 anni di esilio, rientrò finalmente in Italia. Ancora per quasi due anni, seppure già sofferente per la malattia, si esibì in alcuni concerti che rimangono una splendida testimonianza del suo spirito e della sua passione. Gravemente malato di tumore, si sottopose al trattamento della cura Di Bella che gli allevio i dolori consentendogli ancora un anno e mezzo di attività. Sempre nel 1999, prima di rientrare in Italia, aveva scritto uno splendido testo di ringraziamento dedicato proprio al professor Di Bella dal titolo “Buon anno Professore”, che venne trasmesso per la prima volta da una emittente radiofonica romana. Con il suo ritorno dall’esilio vennero affissi, da tutte le comunità militanti, manifesti in tutte le città italiane (Bentornato Massimino!!).
Partecipammo insieme al megaconcerto del Colosseo, dove ho avuto l’onore dopo anni di accompagnarlo, insieme a Marzio Venuti Mazzi, e ad altri concerti come a Serravalle di Chienti, in favore dei terremotati, a Milano, sotto la sigla I Dont ’Care (Me ne Frego – 5 febbraio 2000), il giorno dopo a Busto Arsizio alla Comunità Giovanile. Concerti dove, pur minato già dalla malattia del corpo, non traspariva il minimo segno di affaticamento, ma solo tanto entusiasmo e vitalità, per quell’amore incondizionato che lui nutriva per la vita e che lo ripagava con divertimento, svago, credibilità, successo.
Ho l’ultima immagine di Lui, stretto tra le ali composte e misurate degli schieramenti, nell’ultimo saluto, intorno a quel feretro, quasi fosse un carro alato da battaglia; la bara portata in spalla dai camerati di sempre, i fratelli della Generazione ’78 (Peppe Dimitri, Gabriele Adinolfi , Roberto Fiore, Maurizio Boccacci), un carro alato, che si è lentamente allontanato in una dolce mattina primaverile accarezzata da un sottile soffio di vento, nel quartiere Eur, dove aveva la sua casa, dove aveva iniziato quel percorso nella sua Comunità di Destino; sullo sfondo, stagliato a guardia, il Palazzo delle Civiltà, dai marmi bianchi e perfetti, quasi che Roma, Madre Eterna, reclamasse uno dei suoi figli prediletti nell’Olimpo Celeste dei Campi Elisi. Nel Vento quella mattina c’era la sua musica, le sue parole salivano libere verso il cielo. In quel sole caldo la Sua Presenza.
Ciao Massimo.
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