Culicchia su Ramelli, un libro importante
Dalla pagina Facebook di Marco De Rosa, attivista nel secolo breve del Fronte della Gioventù milanese, un consiglio di lettura che condivido in pieno.
Credo che questo sia un libro importante. Perché, nell'approssimarsi del cinquantesimo anniversario del sacrificio di Sergio, esce per i tipi del maggiore editore italiano. Perché a firmarlo è uno scrittore di successo, estraneo al mondo della «destra» politica e/o intellettuale. Quel Giuseppe Culicchia che, tra i tanti titoli pubblicati, ha già dedicato due bei libri alla vicenda del cugino Walter Alasia, il brigatista rosso ucciso in un conflitto a fuoco nel 1976, quando lo scrittore era solo un bambino. E che ora, quasi a voler chiudere un cerchio nella narrazione di quegli anni disperati, ha scelto di raccontare la storia di Sergio.
«Mettersi due metri indietro, già. E così facendo, salvare la pelle. Ci riflettesti quella mattina a scuola, seduto al tuo banco, nel momento in cui ti ritrovasti con la penna in mano davanti a quel foglio bianco? Certo non potevi immaginare che il tuo tema sarebbe stato reso pubblico in quel tazebao. Ma per quanto ho potuto capire di te, lo avresti scritto lo stesso. Non per provocazione, ma perché non scrivere ciò che pensavi sarebbe equivalso a tradire ciò in cui credevi, e dunque tradire te stesso. Così avvicinasti la penna al foglio bianco, e iniziasti a scrivere: senza sapere che quelle parole sarebbero state la tua condanna a morte. Non ti ho conosciuto di persona, dunque perdonami se in queste mie pagine hai trovato qualche inesattezza, come forse nel caso di quella vostra ultima cena in famiglia. Non ero presente. Ho dovuto immaginarmi quel che vi diceste. Sappi solo che ho cercato, dalla prima all'ultima riga, di essere onesto. Ciao, Sergio».
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