Adinolfi: con Maurizio non ci trovavamo mai nello stesso luogo, eppure ...
La foto è un fermo immagine di un video alanews dei funerali di Stefano Delle Chiaie. Maurizio Boccacci è a fianco di Bruno Di Luia, che ha appena chiamato il Presente! per il comandante di Avanguardia Nazionale
di Gabriele Adinolfi
Fu l'ultimo della generazione disintegrata nel 1980 e il primo della generazione che rialzò la testa, uscendo da un lockdown così simile a quello che sarebbe capitato 40 anni dopo, stavolta però a tutti, con il Covid.
Entrambi stravolsero le antropologie e i modi di ragionare e agire.
Lo conobbi a Londra nel 1988. Era venuto a trovare Marcello De Angelis e il sottoscritto per il varo di un giornale comune che doveva mettere assieme le diverse realtà (direi piuttosto le diverse schegge) di quella che si era iniziata a definire area.
Ci coordinammo e ne venne fuori Controtempo, che, come avevo supposto, non ebbe seguito perché tutte queste unificazioni durano un battito di ciglia [della redazione facevano parte Marcello De Angelis, Arrigo Trevisanello, Edoardo Zarelli, Francesco Mancinelli: il numero zero fu una delle prime cose di fascisteria che mi passò tra le mani, ndb].
Ricordo che correttamente e seriamente egli non mangiò perché partecipava di lontano al digiuno di protesta per le condizioni carcerarie di Paolo Signorelli, in precarie condizioni di salute [in realtà lo sciopero della fame era fine estate 1987, ndb].
Qualcuno gli suggerì di soprassedere che tanto non lo vedeva nessuno. Io invece gli feci i complimenti.
In breve le nostre strade si divisero. Andò in conflitto con Rainaldo Graziani, che curava la distribuzione di Orientamenti & Ricerca che con Walter Spedicato e più tardi Roberto Salvarani, scrivevo dall'esilio.
Quando lui guidava il Movimento Politico, il mio rapporto era con Meridiano Zero.
Furono per lui anni burrascosi sia sul piano attivistico che su quello giudiziario.
Dodici anni dopo potei tornare in Italia, ma ancora una volta le nostre strade non coincisero.
Egli era con il gruppo egemone, Forza Nuova, al quale non intesi mai aderire.
Innanzitutto per una scelta strategica mia, intesa alle articolazioni e non all'inscatolamento in un gruppo ingessato.
Peraltro non ero d'accordo con Forza Nuova neppure dal punto di vista ideologico, perché non ne condivid(ev)o proprio i presupposti, e, quindi, le conseguenze.
Poteva andare meglio sei anni dopo, quando CasaPound confluì nella Fiamma Tricolore di cui egli faceva parte allora.
Almeno dal punto di vista della sintassi politica vi era, se non proprio identità, almeno affinità tra la mia forma mentis e quella della Fiamma.
Però restava la scelta operativa che mi ero imposto: quella di non esaltare un contenitore, movimentista o partitico, a discapito di un'azione a tutto campo. Così, invece di riavvicinarmi con Maurizio, allentai i legami con CP (ancora non CPI).
Sembrava fatto apposta: non ci trovavamo mai nello stesso luogo.
Il che non inficiò mai il rispetto. E occasioni d'incontro ce le diede un mondo nel quale ci siamo trovati sempre bene entrambi: quello del VFS.
I momenti migliori furono a Ritorno a Camelot.
Nell'ultima edizione m'imbattei in lui che teneva uno stand in cui vendeva panini con la porchetta davvero fantastici.
Si ritagliò una lunga pausa per berci una birra assieme perché voleva raccontarmi alcune cose del passato che ci teneva venissi a sapere.
Poiché il suo male al fegato è lungo di almeno quindici anni, pensavo ne fosse venuto fuori.
Invece è andato oltre anche lui, ha fatto solo in tempo a festeggiare il centoseiesimo anno della nostra primavera.
Per approfondire
In morte di M.B
In morte di M.B
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