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Strage di Bologna, ennesima sentenza di condanna ma i dubbi restano



La Storia non si scrive coi processi!
Ennesima Cassazione, ennesima sentenza sulla terrificante strage alla stazione di Bologna (questa volta a diventare “definitivo” è il quarto uomo, Cavallini, in attesa che lo diventi anche il quinto, Bellini), ed ennesima ricostruzione che fallisce nell’intento (impossibile) di affidare ai posteri una verità definitiva e irrevocabile su quanto accadde effettivamente quel drammatico 2 agosto del 1980.
Come altri prima di me hanno cercato di spiegare, nei confronti degli ex militanti dei NAR, un gruppo clandestino completamente avulso - a differenza delle plurime organizzazioni comuniste operanti a quel tempo - dal radicale fermento sociale di quegli anni, e di cui personalmente non ho mai ben compreso, al di là della gravità dei delitti commessi, quali fossero obiettivi e strategie, è stato imbastito uno dei più incredibili pasticci giudiziari della storia del nostro paese.
Basti dire che al termine della lettura delle tante sentenze di oltre mille pagine ciascuna, molto spesso in evidente contraddizione tra loro, la domanda finale che resta completamente irrisolta per il lettore è: ma quindi quella bomba chi materialmente l’ha messa e perché?
Lacuna che dopo 45 anni, innumerevoli processi, migliaia di pagine, ed ergastoli distribuiti quinci e quivi con cadenza decennale, è lacuna di non poco momento.
“Mi scuso per la lunghezza della mia lettera, ma non ho avuto il tempo di scriverne una più breve", diceva ancora nel 1600 Pascal, e quando a un giudice occorrono migliaia di pagine per descrivere un fatto, di per sé tanto drammatico quanto semplice (chi ha messo una bomba e perché?), qualcosa, come ben sa chi per mestiere bazzica le aule dei tribunali, non torna.
Secondo l’ultima motivazione della sentenza Bellini, per potere “inserire” sulla scena del crimine anche un corpo completamente estraneo che non risultava avere mai intessuto alcun rapporto con i NAR, a seguito di un a dir poco controverso riconoscimento oltre 40 anni dopo dell’ex moglie in un filmato amatoriale rimasto fino a quel momento nei cassetti, si è dovuto necessariamente cambiare completamente, rispetto ai precedenti “giudicati”, la ricostruzione del fatto materiale.
L’aggiunta della presenza quel giorno di una figura come Bellini, un controverso neofascista, autore, tra le altre cose, dell’omicidio nel 1975 in quel di Reggio Emilia di Alceste Campanile e in seguito collaboratore di giustizia, non poteva infatti che assegnargli un ruolo concorsuale necessario ai 4 NAR giudicati per primi seppur in diverse battute.
Per cui, sulla base dell’ultima verità giudiziaria, dovrebbe ipotizzarsi che quella mattina del 2 agosto, il Bellini, dopo essere “passato” in mattinata a recuperare una nipote minorenne e portarla in altro luogo di vacanza, si sarebbe fermato a Bologna, dove avrebbe lasciato incustodita nell’auto la bambina giusto per il tempo necessario a farsi consegnare da Mambro e Fioravanti (oppure per consegnare loro) l’ordigno letale (questo è lasciato in forma alternativa, sic!), i quali che lo avrebbero atteso vestiti da tirolesi nel piazzale antistante la stazione, e quindi, piazzata la micidiale bomba, avrebbe ripreso il suo cammino con la bambina parcheggiata nei pressi del botto.
Il tutto, si legge nel capitolo dedicato ai mandanti, e che era quello ovviamente più atteso e mediaticamente “vincente”, a fronte di un cospicuo pagamento ricevuto dai soliti Gelli, Ortolani e sodali, avendo la Procura Generale di Bologna scoperto, si legge, ingenti movimenti di denaro sottratti alle casse societarie da quella cricca, il primo in costanza di tempo con la strage e trasformato in contanti, e gli altri nei mesi di poco successivi.
In sintesi, quella strage sarebbe dunque stata opera di una banda eterogenea di killer assoldati dal mondo oscuro della P2 (che da sempre fa da nebuloso sfondo a tutti gli irrisolti misteri italici), e questo chiuderebbe finalmente il cerchio dopo 45 anni, anche se ormai i grandi vecchi sono tutti morti e i primi due NAR, a suo tempo condannati come isolati esecutori materiali, hanno da tempo finito di scontare la loro pena.
Quegli stessi mandanti che, condannati da “deceduti”, furono ai tempi assolti da vivi (così come il Cavallini, prima prosciolto e poi condannato all’ergastolo), e ai quali si deve un accertato depistaggio (vicenda dei falsi documenti sul treno) a suo tempo messo in atto proprio contro il Fioravanti che oggi risulterebbe invece loro assoldato complice.
E come saremmo arrivato a questa nuova clamorosa ricostruzione? Ci sono tracce del passaggio in favore dei cinque killer di quel denaro sottratto da Gelli? No, ma, si legge che mica ci si poteva aspettare di trovare un assegno intestato a Fioravanti; i due NAR che hanno ammesso svariati omicidi hanno sempre negato di avere avuto a che fare con Bologna? Ovvio, si dice in una sentenza, quel fatto orribile mica potevano ammetterlo; sempre i due NAR hanno fatto casino nel ricostruire uno spostamento Roma-Taranto pochi giorni prima della strage? Certo, si legge, dovevano ridurre il tempo di permanenza in Roma per non far capire che avevano ritirato i soldi da Gelli: come se un’operazione del genere potesse essere saldata solo il giorno prima e solo a Roma e non altrove, mi verrebbe da dire; e via di questo passo, con motivazioni in cui si leggono sentenziate “in nome del popolo italiano” affermazioni ormai inammissibili, tipo che la prigione di Aldo Moro si trovava in via Gradoli (sic!).
Cosa ne abbiano fatto i cinque killer di quella vagonata di soldi presi da Gelli non lo sappiamo, quali ragioni avesse Gelli per far saltare per aria nel 1980 un centinaio di persone continua a non essermi chiaro anche dopo la lettura di migliaia di pagine, considerato che nel 1980 in Italia non c’era più lo scenario da “strategia della tensione” del 1969 o anche dei primi anni ’70; in compenso, non ho trovato una prova che sia una della effettiva presenza a Bologna quel giorno di nessuno dei 4 NAR condannati all’ergastolo, perché l’ex moglie di Bellini avrà anche riconosciuto il marito (che non faceva parte dei NAR), ma degli altri 4 non vi è traccia, e restano, completamente privi di risposta i tanti punti irrisolti che tutte le precedenti sentenze avevano lasciato dietro di sé.
Giusto per ricordarne qualcuno, sulla farneticante accusa di Massimo Sparti al duo Fioravanti/Mambro, (Fioravanti gli avrebbe detto "hai visto che botto" il 4 agosto) si dice che il figlio di costui, in seguito suicidatosi, avrebbe fatto una brutta figura al processo smentendo platealmente il padre (e con lui peraltro tutti i familiari dello Sparti), ma non si scrive in cosa sarebbe consistita questa brutta figura, e laddove si rimproverano in più punti le differenti versioni sull’alibi in Veneto rese ai tempi dai due NAR (che vivendo da clandestini difficilmente potevano essere in grado di provare aliunde presenze e orari a distanza di anni), si glissa completamente sui mutamenti ben più radicali di versione resi proprio dell’unico accusatore Sparti.
Costui, dopo avere detto che i documenti falsi a lui richiesti il 4 agosto a Roma dal duo erano per due persone, aggiungendo che non aveva fatto caso per chi fossero, dovette rettificare che in realtà era un falso solo per la Mambro perché era strasicuro che fosse per una donna, e quando il primo falsario da lui indicato nell’aprile del 1981, tale Mario Ginesi, lo smentirà in toto, e anche i due imputati, pur confermando la richiesta di documenti falsi, ma non già per loro bensì per altri militanti NAR, hanno attestato che il fatto si sarebbe verificato in diversa data e con diverso nominativo, allora lo Sparti dovette rettificare, in successiva data 5 maggio 1982, sia la data che il nominativo originariamente indicato, non più Mario Ginesi, bensì Fausto De Vecchi, il quale però, a sua volta, prima smentirà in modo categorico che fosse per una donna, e solo alla fine (e quindi molto tempo dopo il fatto, quando solitamente si dice nelle sentenze che i ricordi sarebbero meno “freschi”), nel confronto con lui, rimase sul più generico “non escludo”, fino ad arrivare al nome di Carlo Stella.
Insomma, un gran casino, ed è evidente che se cadeva la tesi del falso documento da procurare con urgenza quello stesso giorno 4 alla Mambro cadeva tutto, perché non si capirebbe perché Valerio avesse portato all’incontro anche la Mambro che Sparti non aveva mai visto con il rischio che questi la denunciasse, e come mai proprio in quel momento con la Mambro presente egli abbia deciso di confessare a uno come Sparti (e solo a lui!) un fatto del genere attribuendolo anche alla propria compagna?
Inoltre, se come dice Sparti, lui fosse riuscito a consegnare il documento falso a Fioravanti solo alle 10 del mattino del 5, ciò significa che “a cavallo” di quella consegna urgente di falso per la Mambro, i due si sarebbero imbarcati quello stesso giorno 5 nell’impresa di compiere una rapina in piena Roma (piazza Agrippa e questa si che è accertata!) con tutti i rischi che questo avrebbe comportato anche per una Mambro, che se colta in flagranza di una rapina, di quel falso documento non avrebbe saputo che farsene.
Ma poi, in quella urgenza descritta da Sparti, cosa avrebbero fatto dopo la rapina quei due? Vanno a dormire all’Hotel Cicerone dove Fioravanti si registra regolarmente con il suo documento e la Mambro decide inspiegabilmente invece di non usare quello che secondo lo Sparti le sarebbe stato appena consegnato e fatto fare di tutta urgenza, visto che quello falso di Fioravanti risulta sui registri dell’hotel mentre quello della Mambro no?
Nessun accenno al fatto, di un qualche rilievo, che il fratello Cristiano, che ha condiviso sin dall’inizio la storia di Valerio, seppur distaccandosene a un certo punto prima di riprenderla fino alla sua cattura (successiva a quella di Valerio), si è presto pentito, rivelando ogni misfatto del fratello e dei NAR, anche quelli saputi de relato, ma non ha mai detto di avere neppure lontanamente immaginato che il fratello c’entrasse in alcun modo con Bologna, delitto peraltro del tutto anomalo per l’organizzazione armata di cui egli a pieno titolo faceva parte, ma transeat.
Eppure, questo “dettaglio” sempre il Cristiano, non l’avrebbe appreso neppure da quello che era una sorta di suo padre adottivo (Massimo Sparti), ovvero proprio colui che sarebbe stato invece l’unico destinatario, secondo le sentenze di condanna, della confidenza diretta da parte del fratello Valerio con il quale lo Sparti aveva ben minor confidenza rispetto al Cristiano che incontra - fatto accertato – dopo la strage e proprio in prossimità dell’incontro con Valerio.
Mancata conoscenza di Cristiano che indebolisce non poco anche un altro tassello dell’accusa e relativo al movente che, secondo le prime sentenze, avrebbe indotto all’omicidio di Mangiameli, ovvero che quest’ultimo fosse a conoscenza della responsabilità dei NAR per la strage, perché contrasta platealmente col fatto che a caricare a Roma Mangiameli sull’auto della trappola e a iniziare a sparargli fu proprio il Cristiano che del coinvolgimento del fratello su Bologna non avrebbe mai saputo niente: possibile che fosse lì e non sapesse neppure il movente per cui uccideva un personaggio di un certo rilievo per la destra eversiva come Mangiameli?
E’ vero che il cadavere fu nascosto perché a quel punto Fioravanti intendeva regolare i conti anche con gli altri due leader di Terza Posizione, Fiore e Adinolfi, ma proprio questo conferma che il motivo non era affatto Bologna, visto che questi due di certo non erano al corrente di sue eventuali responsabilità sulla strage, senza contare che l’omicidio Mangiameli è stato trattato nel dettaglio da altra sentenza passata in giudicato in cui il movente strage di Bologna non compare in nessuna riga, quindi una delle due sentenze “in nome del popolo italiano” evidentemente non fa testo. Quale?
Lasciando perdere la recente scoperta sugli autori dell'omicidio di Piersante Mattarella che rende oggi groittesca la targa che si legge ai giardini romani a lui dedicati "vittima del terrorsimo politico-mafioso" (sic!) riferita ai NAR.
Anche a distanza di 45 anni nessun ex militante o anche solo contiguo ai NAR ha mai riferito di avere saputo alcunché su Bologna, e neppure uno dei tanti pentiti che grazie a tale rivelazione avrebbe potuto conquistare sensibili benefici in termine di pena come accaduto per Sparti.
Sparti, che avrà anche rischiato, come si legge in una sentenza, di sottoporsi a un delicato accertamento medico, ma quel che è certo è che grazie a una falsa attestazione di un tumore maligno chiese di essere scarcerato, dando prova così di sapere mentire eccome, pur di uscire; niente di strano, sia chiaro, non sarebbe né il primo né l’ultimo, visto che pur di uscire di galera c’è anche chi ha ingerito sostanze tossiche o si è procurato il tetano.
Sul fatto che ha determinato la successiva condanna del terzo NAR (Ciavardini), ossia l’avere egli disdetto il giorno prima del 2 agosto un appuntamento che aveva a Venezia con la propria fidanzata per recarsi a Bologna, continua ad apparirmi surreale pensare che il progetto di compiere una strage di quella portata fosse stato reso noto a uno dei cinque complici solo il giorno prima, al punto che costui fino alla telefonata del 1° agosto sarebbe stato ancora convinto che il 2 sarebbe stato allegramente a Venezia con la sua ragazza. E poi, visto che secondo l’ultima sentenza, per piazzare la bomba sarebbe venuto in soccorso il Bellini, Ciavardini cosa ci andava a fare a Bologna? A mettersi in posa sull’aiuola vicino ai due tirolesi? E il quarto condannato Cavallini dov’era e cosa faceva? Non si sa, perché la sentenza appena divenuta definitiva lascia aperta ogni ipotesi.
Quanto all’alibi per il giorno 2, gli imputati hanno dichiarato sin dall’inizio di trovarsi quel giorno entrambi nel Veneto ospiti di Cavallini, il quale, quando ancora non era imputato, aveva confermato l’alibi, a sua volta confermato anche dalla di lui fidanzata, Flavia Sbrojavacca, e dalla madre di quest’ultima (Maria Teresa Brunelli), entrambe certe di avere incontrato il 2 agosto gli imputati in Veneto, e si liquida come falsa la testimonianza di Carlo Digillo, che aveva dichiarato al giudice Salvini di avere effettivamente dato per il 2 agosto 1980 al Cavallini un appuntamento (e che venne indicato come “zio Otto” a Fioravanti, Mambro e Ciavardini che si erano ivi recati con lui),
L’ex magistrato Turone, pure lui convinto della bontà delle sentenze su Bologna, ha ricostruito in un libro gli spostamenti degli imputati localizzandoli con certezza il 1° agosto ancora in Veneto e il 3 sera a Roma (per ammissione di entrambi presso il Soderini), e così pure le successive notti del 4 e del 5, quando il duo si sarebbe trasferito, dopo la rapina in piazza Agrippa, all’Hotel Cicerone.
Ma dove avrebbero passato la notte del 2 agosto, dopo avere posizionato al mattino la bomba alla Stazione di Bologna, non si sa, né si sa con quale mezzo si sarebbero allontanati dalla Stazione. Quello che si sa è che il terzo complice Ciavardini risulta fermato da solo per un controllo il giorno 3 sempre nel Veneto e quindi ben lontano da Bologna, per cui, se invece gli altri due avessero proseguito direttamente per Roma che senso avrebbe avuto attendere fino al giorno 4 per andare a chiedere il documento falso allo Sparti? Né le Sentenze, né il libro di Turone lo spiegano.
Senza contare che nel corso del processo Cavallini non fu dato seguito al fatto che gli ultimi accertamenti e comparazioni sul DNA avessero escluso che i resti tumulati nel cimitero di Montespertoli appartenessero a Maria Fresu, la giovane mamma di 23 anni morta nella strage di Bologna con la figlioletta Angela, e il cui corpo non fu mai ritrovato, e che relativamente al pagamento di Gelli, l’unico testimone vivente del passaggio di soldi, Cerruti, si trova in Florida senza che nessuno dei tanti giudici e pubblici ministeri si sia preso la briga di interrogarlo.
In conclusione, il rispetto per le sentenze va bene, ma le sentenze sono pur sempre scritte da uomini, e le motivazioni sono fatte perché vengano lette dai cittadini, soprattutto quando sono chiamate a ricostruire un fatto storico di una tale portata, e se leggendole non convincono (e non credo di essere il solo), credo sia giusto indicarne i motivi, poi ognuno ovviamente è libero di pensarla come meglio crede.

Davide Steccanella/facebook

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