Oliva, storico e militante del Pci, stronca M: una fiction fuorviante e insidiosa
DUCE IN THE SKY! ALLA FINE DELLE PUNTATE DELLA MINI SERIE “M’’, LA DOMANDA CHE SORGE SPONTANEA ALLO STORICO GIANNI OLIVA È: "MA COME? UNO COSÌ È DIVENTATO DITTATORE PER VENT’ANNI? HA FATTO PARLARE DI SÉ LE CANCELLERIE E I GIORNALI DI TUTTO IL MONDO?” – ‘’È UNA FICTION FUORVIANTE E INSIDIOSA CHE COLLEZIONA STEREOTIPI SCONTATI, CHE PRETENDE DI SPIEGARE TUTTO SENZA FARE COMPRENDERE NULLA, OFFRENDO UN’IMPOSTAZIONE CARICATURALE DEL DUCE. E LA CARICATURA ANESTETIZZA IL PASSATO, LO RENDE INCOMPRENSIBILE’’ – ‘’IL PECCATO ORIGINALE DELLA NOSTRA STORIA RECENTE È NON AVER FATTO I CONTI DEL PASSATO, LIQUIDANDO MUSSOLINI COME UN DITTATORE CHE AVEVA TENUTO IL PAESE CUCITO INSIEME CON IL FILO DI FERRO DELLA REPRESSIONE E DIMENTICANDO LE PIAZZE STRARIPANTI DI FOLLA CHE SCANDIVA “EIA, EIA, ALALÀ” - IL MUSSOLINI DITTATORE DIVENTA IL MUSSOLINI MACCHIETTA, ANCHE QUESTO È UN MODO PER LIQUIDARE IL PASSATO SENZA FARCI I CONTI” - VIDEO
Gianni Oliva per "Il Piccolo"
Da spettatore, l’ho trovata noiosa, senza ritmo e senza nessi; da storico, fuorviante e, come tutti i fraintendimenti sul passato, insidiosa. La miniserie tv su Mussolini è una fiction che gioca a travestirsi da documentario, ma colleziona stereotipi scontati, pretende di spiegare tutto senza fare comprendere nulla, offre un’impostazione caricaturale del Duce, di Vittorio Emanuele III, della guerra civile 1919-22.
luca marinelli m il figlio del secolo 5
Cominciamo dalla figura più sfumata, il Re: lo sceneggiato lo propone nella sua bassa statura al limite del nanismo, mentre si arrampica a Montecitorio su un improbabile trono dove le gambette spenzolano senza toccare terra: legge poche righe con accento piemontese e poi guarda, stupito e senza comprendere, i deputati socialisti che abbandonano l’aula.
E’ la riproposizione del sovrano incapace sviluppata dopo il 1945, quando la narrazione del passato si tingeva di tinte antisabaude.
Ma Vittorio Emanuele III non è stato affatto uno spettatore inerme del tempo, prigioniero della propria inettitudine: è stato il protagonista determinante di quanto accaduto nel 1919-22.
L’accondiscendenza nei confronti delle violenze squadristiche, sino al rifiuto di firmare lo stato d’assedio di fronte alla marcia su Roma, furono frutto di un calcolo meditato: colpire l’estrema destra movimentista avrebbe significato favorire le forze opposte e non avere argini di piazza alle pressioni filobolsceviche.
benito mussolini marcia su roma
Di qui il compromesso con Mussolini: al fascismo il potere, al sovrano la garanzia della Corona. La caricatura del re troppo piccolo introduce un elemento di facile comicità, ma nulla c’entra con la storia.
E meno che mai c’entra con la storia la rappresentazione di Mussolini: il ritratto offerto dalla fiction è quella di un uomo dalle idee confuse e dalla libidine esasperata, pronto ad affermare tutto e il contrario di tutto, geloso della popolarità di D’Annunzio, alternativamente depresso, velleitario, impaurito, arrogante.
Ognuno di questi spunti ha un fondamento di verità, ma il personaggio non è stato una somma di difetti e di stati d’animo: è stato l’interprete di un’Italia che usciva dalla Grande Guerra profondamente trasformata nel suo tessuto sociale e culturale, con le masse popolari proiettate dal conflitto in una dimensione di protagonismo sino ad allora sconosciuta, con una crisi economica devastante e una vecchia classe dirigente liberale incapace di comprensione e di risposte.
Mussolini ha intuito gli spazi politici che si aprivano e li ha percorsi con spregiudicatezza, combinando la violenza delle camicie nere con le interlocuzioni sociali, la promessa di rivoluzione con la conservazione degli equilibri, e ha legittimato sé stesso e il suo movimento come garanzia di stabilità.
Soprattutto, Mussolini ha capito che la Grande Guerra aveva lasciato un’eredità inedita, l’opinione pubblica: per la prima volta nella storia “tutti” avevano partecipato ad uno stesso evento e ne erano usciti con la consapevolezza di essere un soggetto collettivo.
BENITO MUSSOLINI ANNUNCIA L ENTRATA IN GUERRA DELL ITALIA
La sua forza è nata dal comprendere che l’affermazione di un regime autoritario in presenza di queste nuove condizioni, non poteva fondarsi solo sulla violenza: bisognava ‘’conquistare” l’opinione pubblica, sedurla con falsi sogni, manipolarne il consenso.
E su questa intuizione Mussolini ha costruito il modello di totalitarismo, fondato sulla repressione, ma anche sull’educazione dei giovani e sul controllo dell’informazione: è così che 45 milioni di Italiani si sono trasformati in altrettanti milioni di fascisti.
Nella miniserie non ci sono né l’Italia, né gli Italiani, né la crisi del dopoguerra: solo lampi psichedelici per sottolineare gli autocompiacimenti della violenza squadristica, alcuni brevi inserti documentaristici fuori contesto, sfondi sfumati di bandiere rosse in corteo.
Le biografie sono importanti, perché il carattere dei protagonisti incide sul corso degli eventi: ma in questa biografia le attitudini di Mussolini sono caricature a sé stanti, slegate da ciò che accade. Alla fine delle puntate la domanda che sorge è disarmante: “ma come? Uno così è diventato dittatore per vent’anni? Ha fatto parlare di sé le cancellerie e i giornali di tutto il mondo?”.
adolf hitler con il re vittorio emanuele iii e benito mussolini
E a questo punto il fraintendimento diventa insidia: perché la caricatura anestetizza il passato, lo rende incomprensibile e irripetibile, totalmente lontano e avulso dalla percezione del presente.
Il peccato originale della nostra storia recente è non aver fatto i conti del passato, liquidando Mussolini come un dittatore che aveva tenuto il Paese cucito insieme con il filo di ferro della repressione e dimenticando le piazze straripanti di folla che scandiva “eia, eia, alalà”.
La fiction cambia il terreno dell’equivoco: il Mussolini dittatore diventa il Mussolini macchietta. Anche questo è un modo per liquidare il passato senza farci i conti.
FONTE: DAGOSPIA
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