Wilders ha vinto le elezioni in Olanda. Ma riuscirà a costruire un governo?
WILDERS WORLD – IL BIONDISSIMO GEERT WILDERS, RIBATTEZZATO “MARYLIN” PER LA SUA CHIOMA, PREDICA LA DE-ISLAMIZZAZIONE DELL’OLANDA, PARAGONA IL CORANO AL MEIN KAMPF, MA ADORA IL KEBAB ED È FIGLIO DI UN’INDONESIANA – DOPO ANNI IN PANCHINA, ORA HA VINTO LE ELEZIONI. RIUSCIRÀ A TROVARE UN’ALLEANZA O SARÀ ESTROMESSO DAL GOVERNO DAI “BUONI”, COSÌ LA PROSSIMA VOLTA PRENDE IL 50%? - I LIBERALI POTREBBERO DARGLI L'APPOGGIO ESTERNO, MA CI VORRANNO MESI PER UN ACCORDO
2. GEERT, IL CROCIATO ANTI-MIGRANTI CHE NON VUOLE DARE UN CENT ALL'ITALIA Estratto dell’articolo di Marco Zatterin per “La Stampa”
Geert Wilders ne ha dette tante, ma una la ripete sempre. «Non tutte le culture sono uguali» è il cardine del crudo giudizio sui popoli, principio che capovolge l'assunto egualitario della dichiarazione di Indipendenza americana e sancisce la superiorità degli uni sugli altri, dove gli uni sono gli occidentali (meglio se olandesi) e gli altri sono gli islamici […].
Il leader del Partito per la Libertà che ha vinto le elezioni nelle terre costrette sotto il livello del mare si considera a ogni effetto un crociato, il garante di una presunta età dell'oro, l'uomo che restituirà i Paesi Bassi ai neerlandesi. Non sembra considerare che nel mondo globale tutto si tiene e non ci sono condomini sicuri.
Non ci hanno pensato nemmeno i suoi elettori. Rifiutano il vecchio, […] sono pronti a un salto nel buio pur di provare a liberarsi dell'insicurezza da cui si sentono attanagliati, dei migranti a cui imputano di avere una casa sicura mentre loro non arrivano alla fine del mese.
Affari loro, verrebbe da dire. Per nulla. In adesione allo spirito del populismo 4.0, Wilders è un leader che semina emozioni scure, dice «cosa» e non «come», offre cure prive di ricetta, ma tanto basta. Sebbene abbia ammorbidito i toni nelle ultime settimane […], il biondissimo Geert ha costruito il successo sulla negazione del dialogo col nemico musulmano e sul rifiuto di un'Europa pienamente integrata.
È l'alfiere del particolare che scatena tensioni planetarie. Quello che farà nel suo territorio, può influenzare tutti gli altri. Da anni minaccia la Nexit: «Se diventerò premier convocherò un referendum per uscire dall'Ue». L'intento finale è «l'essere responsabili per le scelte del Paese, per il nostro denaro, i confini, le politiche per l'immigrazione», ovvero niente euro, niente esercito comune (ma di Nato parla poco) e basta con i tentativi di dialogo con chi onora il Corano (ha detto che per lui equivale al «Mein Kampf» di Hitler) e quelli di darsi una strategia comune per difendere le frontiere («Roma pensi ai suoi problemi, noi penseremo ai nostri», è lo slogan).
GEERT WILDERS CON MANIFESTO NEMMENO UN CENTESIMO ALL ITALIA 1
Di persona è cortese. […] Dice cose violente con garbo inquietante. Lo paragonano a Trump per il taglio e il colore dei capelli. Sposato con un'ungherese, non ha figli, bensì due gatti, Snoetje (Faccina) e Pluisje (Granello) dotati di account e follower su X. Gira con la scorta dal 2008 dopo una Fatwa di Al Qaeda. Ha dichiarato di aver letto, e apprezzato, gli scritti di Oriana Fallaci. È nato nel 1963 a Venlo, nel Limburgo, quasi in Germania, da padre olandese e madre indonesiana, circostanza in cui c'è chi vede l'origine di una evidente scissione identitaria. Ha costruito il successo sul confronto aspro, sulla cacciata dell'altro, anche se cambia discorso quando gli chiedi cosa succederebbe al porto di Rotterdam una volta che venisse meno l'ombrello comunitario.
Ha fatto molta strada fianco a fianco con Marine Le Pen e la Lega di Matteo Salvini, «il mio amico Matteo». Lo stesso che ora esulta per l'affermazione del Pvv, dimenticando – davvero? – quando Wilders e i suoi urlavano, al varo del Pnrr, «non un centesimo all'Italia!».
[…] Anti-Islam. Antifascista. Filoisraeliano. Naturalmente, anticomunista. Era contro l'intervento in Ucraina e il suo programma economico potrà parere un dejà vu: riduzione delle tasse, taglio del costo delle cure mediche, abbassamento dell'età pensionabile, compiti difficili per un'economia in ambasce che cresce meno dell'Italia ed ha un debito privato da brividi.
GEERT WILDERS CON MANIFESTO NEMMENO UN CENTESIMO ALL ITALIA 2
[…] Adesso dovrà fare i conti con la realtà. Per formare un governo necessita di almeno altri due partiti moderati (gente ostile alla Russia, favorevole alle politiche Green e contraria ad amplificare l'odio religioso) che lo conducano oltre la soglia dei 76 seggi su 150 di cui ha bisogno per diventare premier: l'intesa richiederà parecchi compromessi, sempre che sul fronte progressista e liberale non si faccia un nuovo accordo da cordone sanitario.
È…] il nocciolo è se a Wilders il Vincitore convenga davvero andare al potere, questione dall'esito non sottovalutabile. Perché, comunque vada, il segnale che arriva dalle terre basse è che, nella prospettiva del voto europeo, la combinazione fra la paura dell'elettorato e la palese mancanza di risposte dell'establishment europeo consolidato crea ogni premessa per un terremoto politico. Esiste la possibilità di vedere i sogni europeisti trasformati in incubo […]. E «I do not give a shit» non è la risposta che risolve i problemi reali che la Storia ci costringe ad affrontare. Anche i «bravi democratici» sono avvertiti.
"LA VITTORIA DI WILDERS IN OLANDA? LE ÉLITE LIBERAL MONDIALI SONO STACCATE DALLA REALTÀ" - IL POLITOLOGO OLANDESE IAN BURUMA: "GLI ELETTORI NON SONO INTERESSATI A QUELLO CHE ACCADE FUORI DAI CONFINI NAZIONALI, NON PENSANO ALL'UCRAINA O ALLE QUESTIONI EUROPEE. PER LORO CONTANO LAVORO, SICUREZZA, ECONOMIA. E IL MESSAGGIO CHE LANCIANO È: NON VOGLIAMO PIÙ IMMIGRATI. SEMBRA UN ATTO DI RIBELLIONE CONTRO LA RICHIESTA DI APPARIRE PIÙ INTERNAZIONALISTI. È LA RIVALSA DELLE PROVINCE CONTRO LE ÉLITE LIBERAL DELLE CITTÀ - CHI VIVE NEI SOBBORGHI E NELLE ZONE RURALI NON SOLO NON SI SENTE RAPPRESENTATO, MA SI SENTE QUASI DERISO. E LA SINISTRA È..."
Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “la Stampa”
[…] il politologo olandese del Bard College di New York, Ian Buruma, guarda la vecchia Europa e più che ai numeri dei seggi che in Olanda il Partito delle Libertà dell'istrionico Wilders ha conquistato («dubito diventerà premier»), si sofferma sull'impatto che il voto avrà negli equilibri europei e non solo. […]
Professor Buruma, un olandese su quattro ha scelto Wilders. Perché?
«Non credo che il messaggio sia così differente rispetto a quello che è risuonato lo scorso anno in Italia con la vittoria di Giorgia Meloni, o in Polonia con il 36% conseguito da Kaczysnki o in America dove veleggia Donald Trump».
E qual è?
«Gli elettori non sono interessati a quello che accade fuori dai confini nazionali, non pensano ai riflessi sull'Ucraina o alle questioni europee. Per loro contano le questioni domestiche, lavoro, sicurezza, economia. E il messaggio che lanciano è chiarissimo: lasciateci stare, non vogliano restare invischiati negli affari internazionali, non vogliamo più immigrati, richiedenti asilo. Sembra quasi un atto di ribellione».
Ribellione contro chi o che cosa?
«Contro il bisogno, la richiesta di apparire sempre più internazionalisti. È la rivalsa delle province contro le élite liberal delle città».
[…] Quale impatto questo antagonismo fra zone rurali e élite liberal potrà avere a livello europeo?
«Lo misureremo nelle prossime tornare elettorali, ma ora i tedeschi sono terrorizzati dalla possibilità che l'AfD possa diventare il più grande partito. E sono sicuro anche i francesi temano per la tenuta del loro sistema».
Molti osservatori negli ultimi mesi hanno indicato una frenata dei cosiddetti movimenti populisti o nazionalisti. Vox in Spagna è rimasta al palo; in Polonia si va verso un governo senza PiS e Bolsonaro ha perso contro Lula. Poi l'inversione, perché?
«In Argentina ha vinto Milei, in Slovacchia Fico, ora Wilders nei Paesi Bassi. Era prematuro decretare il ridimensionamento definitivo del populismo proprio perché la contrapposizione fra province e grandi città è sempre più radicata. Chi vive nei sobborghi e nelle zone rurali non solo non si sente rappresentato, ma si sente quasi deriso, dimenticato dall'agenda che le élite liberal e internazionaliste spingono. Sono culturalmente estranei e non a proprio agio con i temi progressisti. E con l'immigrazione».
[…] Molti leader ultraconservatori hanno fatto a gara per congratularsi con Wilders…
«Perché si sentono parte di un movimento internazionale. Sembra un paradosso, diciamo sono nazionalisti internazionalisti. Ma è così. Wilders lusinga gli abitanti delle zone rurali, soffia sui temi di politica domestica, e poi ha legami con Modi in India. Lì è una star sulle tv, è invitato spesso, elogia il BjP e attacca i musulmani. Pochi dei suoi elettori sono a conoscenza di questo suo network transfrontaliero».
Wilders ha rimontato negli ultimi giorni di campagna elettorale parlando di edilizia pubblica e di sanità e sin abbassando i toni sui migranti. Temi che dovrebbero stare più a cuore alla sinistra. Perché?
«[…] la sinistra che è diventata il bastione delle élite colte urbane e ha perso il contatto (e i voti) della classe operaia e delle zone rurali. Per riconquistare queste fasce deve mettere l'accento sui temi sociali ed economici, la questione della casa è esemplare in tal senso. Sono queste le preoccupazioni dei ceti meno abbienti. […]».
Michael Walzer dice che la sinistra in questa stagione pensa troppo ai diritti civili e poco a quelli economici. Condivide?
«Assolutamente. La sinistra deve ripartire dai temi concreti, e poi concentrarsi sui cosiddetti diritti».
FONTE: DAGOSPIA
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