Il governo Meloni e la resurrezione dei finiani
L'ultimo finiano a salire sul carro del governo è stato Claudio Barbaro, dirigente sportivo di lungo corso che seguì l'intera traiettoria dell'ex presidente di An fino al crash di Futuro e Libertà. E che ora Giorgia Meloni propone come sottosegretario all'Ambiente, dopo averlo candidato nelle liste di FdI. È il simbolo, Barbaro, di una diaspora che si appresta a concludersi. Perché dietro il ritorno in tv del protagonista della svolta di Fiuggi, con tanto di benedizione per la nuova premier, c'è anche il movimento silenzioso di quelle che furono le truppe di Gianfranco Fini, di quel manipolo di fedelissimi dell'ex leader finito nell'ombra che nel frattempo erano diventati reietti.
Fa anche una certa impressione, oggi, leggere certi nomi. Fra i ministri di Meloni ecco Adolfo Urso, che di Fli fu coordinatore: lui, il governo, lo aveva lasciato esattamente 12 anni fa, su indicazione di Fini che puntava a mettere in crisi Berlusconi. Ma se Urso già da tempo aveva fatto ingresso nella corte di Giorgia, più articolato il percorso di Giuseppe Valditara. Non si sa quanti lo ricordino, ma l'attuale ministro dell'Istruzione era uno dei dirigenti che diede vita alla svolta finiana del 2010, pure con un ruolo di partito: coordinatore di Fli in Lombardia. Poi il ritorno alla professione universitaria e la folgorazione per Matteo Salvini, di cui è diventato una sorta di ideologo. E che l'ha sponsorizzato per il governo, senza resistenze da parte della premier.
Il ritorno di Fabrizio Alfano, Menia e Bocchino
Un altro volto di questo ritrovato abbraccio a destra è quello di Fabrizio Alfano, capo dell'ufficio stampa di Palazzo Chigi, ex giornalista dell’Agi e portavoce di Fini per tutto il periodo della sua presidenza della Camera. E poi c'è Roberto Menia, che dei finiani era in pratica il numero tre, dopo il presidente e Italo Bocchino. Menia è tornato in parlamento quest'anno nelle file di Fratelli d'Italia. E a proposito di Bocchino: il capogruppo degli scissionisti dal Pdl, l'alfiere dei ribelli di Fini, allora onnipresente sui media, da qualche giorno è di nuovo spesso in tv. Ma ora come direttore del Secolo che sostiene con forza - of course - il primo governo guidato da una donna. Di destra. Quanti muri sono caduti, negli ultimi tempi. Solo nel 2019 Meloni, "sconcertata" per la vicenda della casa di Montecarlo (e inchiesta connessa) ci teneva a chiarire: "Non potrà mai esserci nulla tra noi e Fini". L'ex capo di An, d'altronde, l'aveva definita "una ragazzina che si è montata la testa".
La riconciliazione Storace-La Russa
Ma i ponti levatoi sono tornati giù. E sulle cause del disgelo ci sono diverse versioni: c'è chi indica un'azione di riconciliazione fatta da Francesco Storace e Ignazio La Russa, chi racconta di un percorso graduale favorito dalle buone parole spese da Fini, con alcuni autorevoli interlocutori internazionali, sulla giovane ex militante di An. Fatto sta che la presidente del Consiglio e colui che fu il suo mentore oggi hanno di nuovo un legame. Si sentono ogni tanto, si scrivono, nulla di più. Ma il grande gelo, appunto, si è sciolto.
Fabio Granata
E ciò agevola una reunion a destra: il nuovo corso ha riavvicinato altri personaggi-chiave della breve epopea di Futuro e libertà. Basti pensare che all'indomani dell'intervento alla Camera sulla fiducia, Fabio Granata - oggi assessore di una giunta civica guidata da un ex pd a Siracusa - è tornato dopo dieci anni a scrivere sul Secolo. Per dire che "Giorgia Meloni ha spiazzato molti osservatori ponendo con forza la centralità della lotta alla mafia nell'agenda del suo governo. È la prima volta, almeno negli ultimi 20 anni della storia repubblicana, che questo avviene con tanta nettezza e convinzione". Granata fu uno dei tre finiani messi all'indice con un deferimento ai probiviri del Pdl. Gli altri due erano Bocchino e Carmelo Briguglio, ex deputato siciliano che non fa più politica attiva ma anche lui scrive per il Secolo. E non è escluso torni a collaborare con l'ex governatore Nello Musumeci, oggi ministro per il Mare. Intanto, per capire come la pensi Briguglio sul governo è sufficiente leggere uno dei suoi ultimi editoriali: "Il discorso di Meloni alle Camere riassume il senso della politica in un'orazione che si fa dottrina".
Il salto dello steccato
Va proprio così: tranne chi ha lasciato la politica, come Silvano Moffa e Pasquale Viespoli, la gran parte dei finiani ha saltato- nuovamente - lo steccato. Chi è al governo, chi in parlamento (fra gli altri Francesco Zaffini e Andrea De Bertoldi), chi è solo iscritto ma fa opinione (come Bocchino). "Il linguaggio di Giorgia Meloni e la centralità di alcuni temi - dice Granata - hanno fatto superare la diffidenza reciproca. Sì, oggi ci parliamo tutti. Ed è già un gran passo avanti". La diaspora, forse, è finita.
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