Il capo ultrà ucciso controllava la curva nerazzurra
Cesare Giuzzi per il “Corriere della Sera”
Lo hanno colpito sotto casa. Un'ora prima dell'inizio di Inter-Sampdoria allo stadio Meazza. Un agguato costato la vita a Vittorio Boiocchi, 69 anni, capo ultrà della curva interista e pluripregiudicato con dieci condanne e 26 anni di carcere alle spalle per armi e rapina. Appena in curva si è diffusa la notizia dell'agguato, gli ultrà dell'Inter hanno smesso di cantare e hanno ritirato gli striscioni dalle balaustre.
Poi hanno svuotato gli spalti. L'omicidio di Boiocchi scuote e preoccupa il mondo ultrà. E ricorda l'agguato dell'agosto 2019 al capo della curva laziale, Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Le indagini sono affidate agli investigatori della squadra mobile, con il supporto dell'ufficio prevenzione generale della questura e della Digos, coordinati dal pm Paolo Storari della Dda.
Contro Boiocchi sono stati esplosi almeno cinque colpi con una pistola semiautomatica, tre i proiettili andati a segno al collo e al torace. È morto durante il trasporto all'ospedale San Carlo. L'ultimo arresto nel marzo 2021 quando era stato fermato con un altro pregiudicato con in macchina pettorine della guardia di Finanza e un taser.
Stavano andando a sequestrare un imprenditore per un'estorsione da 2 milioni di euro. L'agguato è avvenuto in via Fratelli Zanzottera, all'estrema periferia ovest di Milano dove aveva scontato i domiciliari. Era sorvegliato speciale e non poteva andare allo stadio perché doveva stare a 2 chilometri da San Siro.
«Abbiamo sentito i colpi, poi abbiamo visto una persona a terra sul marciapiedi», raccontano i testimoni. L'agguato è avvenuto alle 19.48, Boiocchi è stato sorpreso mentre stava rincasando a piedi. A sparare sarebbero state due persone poi fuggite in moto. Al momento non risulta che ci siano testimoni oculari. Nella strada, una via stretta poco prima della chiesa del piccolo borgo di Figino, non ci sono telecamere. I pochi clienti del bar Sahary, a quell'ora aperto, erano tutti all'interno.
Boiocchi era stato scarcerato nel 2019. Da quel momento aveva ripreso le redini della curva Nord, tornando sul trono occupato negli anni '90 al momento del suo arresto in una maxi operazione. Aveva approfittato di un cambiamento alla guida del direttivo del tifo organizzato interista avvenuto in seguito alla morte del tifoso varesino Daniele Belardinelli investito da un'auto di ultrà napoletani il 26 dicembre del 2018 durante gli scontri tra la tifoseria campana è quella interista in via Novara. Boiocchi era tornato in curva nel settembre 2019, la sua presenza aveva scosso e stravolto gli equilibri del tifo.
Durante Inter-Udinese l'episodio più clamoroso con alcuni ultrà che hanno dedicato un coro al vecchio capo. Un'azione che aveva fatto volare gli schiaffi tra Boiocchi e lo storico portavoce della curva, Franchino Caravita. Poi Boiocchi era stato colpito da un attacco di cuore. Nei giorni successivi una fotografia postata sui social sembrava aver messo fine alla diatriba: nel suo letto d'ospedale Vittorio Boiocchi abbracciato da Caravita (vedi foto).
In realtà secondo gli investigatori si era trattato di un mero tentativo di far rientrare la crisi a livello mediatico. Da quel giorno infatti i vertici della curva erano tornati sotto il controllo del 69enne. Nei mesi scorsi il suo nome era emerso in un'indagine su affari legati all'indotto dello stadio come il business dei parcheggi.
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