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Buzzi in cella, Carminati non ancora: il "rosso" paga le accuse al Pd?

 

(DAGOSPIA) BUZZI IN CELLA: PAGA FORSE LE BORDATE AL PD? - L'EX CAPO DELLA COOP 29 GIUGNO, PRELEVATO DI NOTTE DA UNA COMUNITÀ DI RECUPERO PER ALCOLISTI E SPEDITO IN CARCERE A 66 ANNI, VOLEVA PENTIRSI, MA APPENA HA COMINCIATO A PARLARE DI ZINGARETTI, ANDANDO ALL'ATTACCO DELLA PROCURA DI ROMA E SMONTANDO IL TEOREMA DI MAFIA CAPITALE, SONO INIZIATI I GUAI. MENTRE IL “CECATO” CARMINATI, LEGGENDA DELLA CRIMINALITÀ ROMANA, RESTA INVECE LIBERO - MA PERCHÉ UN UOMO DI SINISTRA COME BUZZI, EX ELETTORE DEL PCI, AVREBBE DOVUTO MENTIRE SOLO SUL PD E NON SUGLI ALTRI PARTITI? PER VENDETTA?

Giacomo Amadori per “La Verità

Un magistrato ieri ha commentato in modo icastico la notizia del nuovo arresto di Salvatore Buzzi: «L'elemento di vertice di Mafia capitale che vendeva panini alla periferia di Roma». L'ex amministratore della coop 29 giugno era ricoverato in una comunità terapeutica per le dipendenze con il benestare della Asl. 

In base alla legge chi ha meno di sei anni da scontare può essere affidato a centri di questo tipo per motivi di salute. L'ex ras delle coop romane di sinistra da quando era iniziata la sua disavventura giudiziaria si era rifugiato nell'alcol. 

«Ciccio capriccio», come lo chiama la moglie Alessandra, uscita dall'inchiesta con un patteggiamento, con tutti si mostrava ottimista e sempre pronto alla battuta. In realtà, scopriamo adesso, era un uomo schiacciato dagli eventi e che aveva bisogno di bere per continuare a indossare quella maschera.

Buzzi aveva in corso un trattamento presso il Serd del Sant' Eugenio ed era seguito da un medico e da una psicoterapeuta. Secondo la difesa la Asl, vedendo che Buzzi non riusciva a risolvere il problema di dipendenza, aveva chiesto la disponibilità a diverse comunità per un ricovero e, nei giorni scorsi, aveva risposto positivamente il Brutto anatroccolo di Lamezia terme, gestita dalla cooperativa sociale Malgrado tutto.

Qualcuno solleverà dubbi sulla tempistica di questa soluzione arrivata poche ore prima della sentenza. Ma bisognerebbe mettere in discussione il lavoro di medici e psicologici del sistema sanitario. Intanto uno dei legali di Buzzi, Annalisa Garcea, si è rivolta al giudice di sorveglianza per chiedere il rientro di Buzzi in comunità.

Infatti con lui la Giustizia italiana ha mostrato la sua faccia più feroce. Dopo anni di infruttuose indagini sulla presunta mafia degli appalti legati agli immigrati e ad altri lucrosi business ha mandato nella notte a cercare un signore di 66 anni dai modi affabili riparato in un centro di recupero psicologico nelle campagne calabresi e con implacabile solerzia lo ha tradotto prima in commissariato e poi in carcere. 

Con il suo amico Massimo Carminati, leggenda della criminalità romana, è stata, invece, più indulgente e lo ha lasciato fuori dal carcere. Probabilmente sarebbe stato giusto per entrambi rimanere fuori dalla prigione vista l'età. Ma a Buzzi non è stato fatto nessuno sconto, nonostante la famosa mafia del Mondo di mezzo non fosse tale e l'uomo sia stato ritenuto colpevole di aver pagato 65.000 euro di tangenti in tutto a fronte dei fatturati milionari del gruppo di cooperative da lui guidate. 

Ma in questo accanimento c'è, va detto, qualcosa di sospetto. Forse a scrivere una fine tutt' altro che lieta alla propria storia è stato lo stesso Buzzi quando, dopo aver iniziato a collaborare con gli inquirenti capitolini come un vero pentito, ha avuto la pessima idea di chiamare in causa Nicola Zingaretti, mentre il suo avvocato, Alessandro Diddi, andava all'attacco della Procura di Roma e smontava grado dopo grado il teorema della Cupola. 

Nell'estate del 2015 Buzzi rende dichiarazioni su Zingaretti. Il 23 giugno, nel carcere di Cagliari, parla per la prima volta della famigerata gara Cup della Regione Lazio, delle difficoltà a partecipare perché era già stata spartita a monte, della lottizzazione tra maggioranza e opposizione (ma in manette è finito solo un rappresentante della minoranza), delle richieste di mazzette, del presunto ruolo di un ipotetico emissario di Zingaretti. 

Al termine delle 5 giornate di interrogatori i pm esprimono le proprie perplessità su alcune dichiarazioni di Buzzi. Non lo ritengono credibile su diversi punti, ma niente obiettano sulle parole riguardanti la gara Cup. Eppure, se per le accuse riguardanti la gestione degli appalti di Ama, viene preparata dagli investigatori un'apposita informativa che risconta quanto dichiarato dall'allora indagato, sulla gara Cup non vengono effettuati significativi approfondimenti. 

Per la difesa di Buzzi non si poteva dare credito all'imprenditore reatino perché se fosse stato ritenuto credibile le numerose corruzioni contestate avrebbero assunto la qualifica giuridica della concussione e un mafioso «concusso» non è un mafioso. 

Nell'autunno del 2015 inizia il processo e tra i testi della difesa di Buzzi c'è Zingaretti, il quale alla prima chiamata si avvale della facoltà di non rispondere poiché indagato in procedimento connesso, con l'accusa di corruzione proprio per la gara Cup. Ma, abbastanza velocemente, il governatore viene prosciolto e per questo è chiamato a testimoniare il 21 marzo 2017. 

Al termine della sua deposizione la presidente del collegio Rosanna Ianniello chiede il rinvio degli atti alla Procura ipotizzando una possibile falsa testimonianza del governatore. Anche in questo caso la Procura archivia rapidamente. Il primo grado si chiude con pene elevatissime, anche se gli imputati vengono assolti dall'accusa di mafiosità: Buzzi prende 19 anni e 6 mesi e Carminati 20 anni. 

In appello la condanna di Buzzi si riduce a 18 anni e 4 mesi. Anche nel corso di questo processo la difesa prova a far accertare le presunte pastette dietro alla gara Cup, ma Buzzi non viene ritenuto credibile neanche dai giudici di secondo grado, mentre Carminati, che pure viene considerato capo di due diverse associazioni mafiose, è condannato a 14 anni e mezzo. 

Nell'ottobre del 2019 la sesta sezione della Cassazione boccia definitivamente la contestazione di mafia senza rinvio e manda gli atti in Appello il ricalcolo dell'entità delle pene. Nel rideterminare le condanne per l'associazione a delinquere semplice e non mafiosa il Tribunale non parte dal minimo edittale come aveva fatto la Corte d'appello. 

Quindi per un reato meno grave applica una pena maggiore quasi a voler punire il personaggio più che il fatto commesso. Alla fine Buzzi, sottolineano i suoi legali, prende l'11 per cento in più della media edittale, Carminati, che non ha mai parlato del Pd o di Zingaretti, il 40 in meno. Ma ovviamente per le toghe le chiamate di correo politiche non c'entrano nulla.

Il 26 giugno 2020 Buzzi viene scarcerato per decorrenza dei termini e inizia la sua battaglia mediatica contro la presunta ingiustizia subita, affrontando la questione della gara Cup (per cui i giudici non hanno individuato reati, nonostante alcuni patteggiamenti) e del presunto coinvolgimento del Pd in tutta la faccenda. 

Un argomento al centro di un libro ancora alla ricerca di un editore. Nella notte di giovedì la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di Buzzi e Carminati confermando la condanna a 12 anni e 10 mesi per il primo e a 10 anni per il secondo. Buzzi ha già espiato tra detenzione in carcere in alta sicurezza e il semestre agli arresti domiciliari 5 anni 6 mesi e 24 giorni e gli resta un residuo di pena di 5 anni 8 mesi e 21 giorni. 

A Carminati sono state stornate dal conto la liberazione anticipata e quella speciale. A Buzzi no. Per tale motivo solo quest' ultimo è stato ricondotto in prigione, sebbene fosse sottoposto a trattamento terapeutico. Per qualcuno la severità della condanna potrebbe essere la conseguenza dell'ostinazione con la quale Buzzi ha sostenuto la sua ricostruzione della gara Cup, ipotizzando il coinvolgimento diretto di Zingaretti. 

Ma perché un uomo di sinistra come Buzzi, ex elettore del Pci, da sempre impegnato nella difesa dei diritti dei carcerati, avrebbe dovuto mentire solo sul Pd e non sugli altri partiti? Per vendetta? Questo non lo ha mai spiegato nessuno. 

Lo scorso agosto Luca Palamara, sulla Verità, ha rivelato il presunto interessamento diretto di Zingaretti ai retroscena dell'inchiesta Mafia capitale e alla posizione del suo capo di gabinetto Maurizio Venafro. Interessamento concretizzato in un paio di incontri (uno, notturno, sotto la casa del governatore) con lo stesso Palamara e con la collega di Csm Paola Balducci. 

Una settimana fa l'ex capo della 29 giugno aveva organizzato la «serata finale» del suo Buzzi's burger, prima di abbassare le serrande probabilmente per sempre. «Si chiude in bellezza» aveva scritto sulla locandina, celando il suo reale stato d'animo e la sua dipendenza. Poi, un po' impaurito, pur senza perdere il gusto per la battuta, era partito per Lamezia. Dove la Giustizia degli uomini, che occhiuta lo controllava all'alba e al tramonto, due notti fa lo ha prelevato nella sua stanzetta in mezzo ai campi della Calabria.


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