Il faccia a faccia tra Vinciguerra e Morando
Qui di seguito è la prima parte dell'intervista del "tale Morando" all'oracolo Vinciguerra.
Faccia a faccia
«Quello che vorrei chiederle è di porre finalmente
l’accento, dopo tanti anni, sulla mancanza di verità per quanto riguarda i
depistaggi seguiti all’attentato di Peteano, perché questa verità è stata
negata. Hanno scelto come capro espiatorio un generale dei carabinieri defunto
non in grado di difendersi e ne hanno fatto incredibilmente l’unico
responsabile dei depistaggi. Parlo del generale Palumbo, comandante della
Divisione Pastrengo: poiché era piduista, hanno fatto di lui l’uomo che ha imposto
i depistaggi su Peteano».
Vincenzo Vinciguerra si è appena seduto di fronte a me: la
mascherina non è necessaria, ci divide un pannello trasparente. L’incontro, che
durerà quasi tre ore, avviene giovedì 27 gennaio 2022. Il via libera del
Dipartimento affari penitenziari era arrivato a fine 2021, dopo una lunga
attesa. Ma nel frattempo si era rimesso di mezzo il Covid, con il carcere di
Opera chiuso per alcune settimane alle visite esterne. Siamo in una sala al
piano terra, la stessa in cui nell’ottobre 2021 è stato intervistato da
«Report» a proposito della strage alla stazione di Bologna. Il giorno dopo,
venerdì 28, Vinciguerra è atteso proprio a Bologna, per deporre come teste al
processo Bellini. Ma questo lo avete già letto. E intanto il registratore è già
partito:
Quindi il generale Palumbo non c’entra. Mi spieghi perché.
A parte il fatto che un generale dei carabinieri, per
quanto comandante di divisione, non può agire da solo all’insaputa del comando
generale, del Sid, delle forze di polizia e della Divisione affari riservati,
c’è comunque un altro fatto che mai è stato messo in evidenza: visto che gli
alti magistrati di Gorizia non erano carabinieri, e parlo del procuratore
Pascoli e del consigliere istruttore Cenisi, perché avrebbero dovuto depistare
le indagini?
Me lo dica lei.
Guardi, sono tante le domande alle quali nessuno ha mai
risposto: ad esempio, l’arresto dei goriziani non ha nulla a che vedere con la
copertura che è stata assicurata a me. Quando tra ottobre e novembre del 1972
hanno fatto sparire i bossoli della pistola di Cicuttini, che comparati con
quelli della pistola trovata sull’aereo a Ivano Boccaccio costituivano l’unica
prova che a Peteano c’eravamo noi, avrebbero potuto lasciare l’inchiesta a
carico di ignoti: perché invece hanno arrestato e incriminato i goriziani che
non c’entravano nulla?
Sono certo che ha una risposta.
La mia opinione si collega alla necessità di tacere agli
americani quello che era accaduto. Agli americani? Proprio a loro. Lei conosce
le dichiarazioni del generale Vittorio Emanuele Borsi di Parma al giudice
Mastelloni? Disse che in quelle zone del nord-est l’organizzazione di Ordine
Nuovo era finanziata e armata dagli americani e faceva parte di Gladio.
Pausa. La sentenza
ordinanza su Argo 16 del giudice istruttore di Venezia Carlo Mastelloni si
compone di qualcosa come tremila pagine. E visto che nel carcere di Opera i
telefonini non sono ammessi, a meno di possedere una memoria prodigiosa
verificare in diretta l’esattezza di quanto sostiene Vinciguerra è impossibile.
Lo si può però fare qui. Ecco dunque l’estratto della sentenza di Mastelloni
che cita quella deposizione del generale, resa il 30 dicembre 1997:
Borsi di Parma: Ordine Nuovo era sorretta dai servizi Nato
Un autorevole riscontro della gestione della struttura
Ordine Nuovo da parte dei Servizi di Sicurezza Militare americani – spesso in
competizione con quelli civili facenti invece riferimento all’Ambasciata
americana – proviene da alcune dichiarazioni rese dal generale di Corpo
d’Armata Vittorio Emanuele BORSI DI PARMA il giorno prima della fine dell’istruttoria:
«Quando ero Capo di Stato Maggiore della III Armata con
sede a Padova, retta dal Generale BIZZARRI Ugo, che aveva alle dipendenze il V
e il IV Corpo di Armata del Triveneto, noi sapevamo – siamo dal novembre 1961
al settembre 1965 – dal SIFAR della esistenza di una organizzazione
paramilitare di estrema destra, probabilmente chiamata “Ordine Nuovo”, sorretta
dai servizi di sicurezza della NATO e che aveva compiti di Guerriglia e di
Informazione in caso di invasione: si trattava di civili e di militari che,
all’emergenza, doveva comunicare alla nostra Armata i movimenti del nemico. Si
trattava di una Organizzazione tipicamente americana munita di armamento e
attrezzature radio. Sapevamo noi della III Armata dell’esistenza di questa
organizzazione ma noi non avevamo rapporti con la stessa. In realtà gli Appunti
ci pervenivano dallo SME [Stato maggiore dell’Esercito, ndA], SIOS [Servizio
Informazioni Operative e Situazione, ndA], che li riceveva dal SIFAR. Ritengo
che l’addestramento fosse fatto alla struttura predetta dagli americani e credo
che essa dipendesse dal Comando FTASE [Comando delle forze terrestri alleate
del Sud Europa, ndA] con sede a Verona».
Il cerchio, nelle
grandi linee, può dirsi chiuso e che il Generale non abbia fatto confusione con
la struttura Stay Behind si evince dal fatto che egli ha risposto subito dopo:
«Quando è esploso il caso GLADIO non ho pensato alla identità tra la
struttura sopra descritta e la struttura della GLADIO». Si tratta di
dichiarazioni dirompenti che orientano verso la configurazione della
sussistenza di una pregressa e continuativa concomitanza di strutture
paramilitari, anche di carattere operativo, attive sul nostro territorio: la
Gladio, gestita dai nostri Servizi di Sicurezza militari e composta da elementi
civili comunque orientati a destra ed inserita in una pianificazione di più
ampio raggio, e la struttura di Ordine Nuovo caratterizzata, va ribadito, anche
operativamente ma gestita direttamente dai Servizi militari di FTASE e
ritualmente notificata alla III Armata, allocata in zona sensibile e deputata,
all’atto dell’Emergenza NATO, a sovrintendere l’attività dei tre Corpi
d’Armata. Nella propria ordinanza, Mastelloni tirava poi le somme affermando
che entrambe le strutture avevano lo stesso obiettivo strategico
«anticomunista» e che erano «entrambe volte al controllo e al blocco
dell’avanzata delle forze democratiche all’interno del Paese», con la
componente stragista di Ordine Nuovo, in particolare, «eterodiretta in guisa
spregiudicata da quadri delle Forze Armate americane, già reduci dalle
esperienze di guerriglia maturate in Corea e altrove». Torniamo però
all’intervista.
Le ragioni del depistaggio
Vinciguerra, lei sta tirando fuori quella Gladio che ha
sempre voluto tenere separata dall’attentato di Peteano. Sta sposando la
sentenza della Corte d’appello di Venezia, secondo cui il depistaggio in suo
favore potrebbe essere avvenuto per coprire la scoperta del Nasco di Aurisina,
o c’è dell’altro?
Io dico che in Friuli c’è stata una grossa falla nella
sicurezza: la scoperta del Nasco di Duino Aurisina. E dopo c’è stato
l’attentato, che hanno attribuito a elementi di Ordine Nuovo inseriti nella
struttura Gladio. A questo punto depistano le indagini, fanno sparire le prove
contro di me. E a parte la pistola di Cicuttini non ce n’erano altre. Se non
parlavo, sarei stato assolto per insufficienza di prove.
Ne è davvero sicuro? Quando lei decide di parlargli, Casson
aveva già raccolto numerosi elementi contro di lei relativi agli attentati
precedenti. E nei confronti di Cicuttini era già stato spiccato da tempo un
mandato di cattura per la strage.
Guardi che in aula fu lo stesso pm, in requisitoria, a
dire che gli indizi contro di me erano sufficienti forse per un mandato di
cattura, ma non per una condanna. E lo stesso concetto venne ribadito in
appello dal sostituto procuratore generale.
Sarebbe stato un processo indiziario, va bene. Ma è
davvero certo che sarebbe stato assolto? Non crede che la scoperta dei
depistaggi sui bossoli e i relativi verbali sarebbe probabilmente avvenuta indipendentemente
dalla sua assunzione di responsabilità? Comunque stava parlando
dell’incriminazione dei goriziani: non avvenne perché era venuta meno la pista
rossa di Lotta Continua a Trento?
Io sostengo che, dopo aver fatto sparire i bossoli,
l’inchiesta poteva restare a carico di ignoti. Altre inchieste su stragi sono
rimaste a carico di ignoti per molto tempo: perché non poteva avvenire anche
per Peteano? Invece hanno puntato sui goriziani, proprio perché erano convinti
che tutto fosse partito da elementi di Ordine Nuovo inseriti in Gladio,
finanziata e armata dagli americani. E gli americani hanno detto: no, i nostri
non hanno alcuna responsabilità. Quindi serviva una pista comune. E l’hanno
inventata, in una riunione del dicembre 1972 tra quelli del Sid, il generale
Serravalle di Gladio e la Cia: in quella sede gli americani hanno detto che i
loro uomini non c’entravano, e non so come abbiano giustificato la scoperta del
Nasco. A quel punto si doveva fornire agli americani la prova che non si
trattava di un attentato politico e che la pista era invece comune.
Lotta continua, Trento e Camerino
Senta, analizzando le date mi sono convinto della
possibilità che il depistaggio contro Lotta Continua di Trento sia avvenuto per
togliere dai guai il colonnello Santoro, sulle cui tracce stava proprio Lc, per
la bomba davanti al Tribunale di Trento. Tant’è vero che la provocazione di
Camerino, in cui ancora una volta Lc di Trento era tirata in ballo per il
possesso di quell’arsenale, avviene un paio di giorni dopo la pubblicazione
dello scoop contro Santoro e il vicequestore Saverio Molino. Che ne pensa?
Seguo il suo ragionamento per quanto riguarda l’arsenale
di Camerino, che infatti doveva essere scoperto il 7 ottobre, quindi un mese
prima della pubblicazione dell’articolo di «Lotta Continua». Poi il
dirottamento di Ronchi cambiò giocoforza i piani dei carabinieri. Ma per quanto
riguarda i sette goriziani, ripeto, la loro incriminazione non c’entra. E a
giustificare un’operazione così grave, può essere stata solo una ragion di
stato. E qualche magistrato di grado superiore.
A chi si riferisce?
Hanno coperto perché temevano una reazione americana,
inventando una pista comune e costruendo prove false a carico di sette
innocenti. Secondo lei due alti magistrati come Pascoli e Cenisi si sono
giocati credibilità e carriera accusando sette innocenti su sollecitazione di
un colonnello dei carabinieri come Mingarelli? E per quale motivazione?
Ha già detto che il comandante Palumbo non c’entra. Ora
punta il dito contro altri. Se si tratta di magistrati, il più alto in grado a
Trieste era il procuratore generale Pontrelli.
Però non sappiamo se da Roma è intervenuto qualcuno.
Vede, il depistaggio delle indagini su Peteano non è stato deciso da Palumbo. È
stato deciso dai vertici politici e militari.
In linea di principio potrei essere d’accordo, però non ne
ha alcuna prova.
Il colonnello Mingarelli a un certo punto lo ha gridato
in aula, non nel primo interrogatorio ma in uno successivo: prima di inoltrare
alla Procura di Gorizia il rapporto sui sette goriziani, disse con voce
alterata, ho ricevuto una telefonata personale del comandante generale
dell’Arma. Una chiamata di correità più chiara di così...
Allora il comandante generale dei carabinieri era il
generale Corrado San Giorgio, giusto? Quello del convegno del 1971 sulla guerra
non ortodossa, a cui partecipò anche Guido Giannettini.
Le dirò di più: io sostengo che anche Casson ha depistato per coprire le responsabilità dei vertici politici e militari.
FONTE: Paolo Morando, L'ergastolano. La strage di Peteano e l'enigma Vinciguerra. Laterza, 2022
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