Rassegna elettorale/4 - Bacioni a Salvini: l'irrefrenabile caduta del Capitone
DAL TRIONFO ALLE EUROPEE DEL 2019 AL MISERO 9% DI OGGI: IN 3 ANNI IL CAPITONE HA DILAPIDATO UN PATRIMONIO INANELLANDO UNA SERIE STRAORDINARIA DI ERRORI, DA PAPEETE IN POI – FILIPPO CECCARELLI: “FRASI E GESTI AUTOLESIONISTI, VELLEITÀ INCAPACITANTI, CAPRICCI CHE SEGNARONO PERÒ MOMENTI E PASSAGGI CRUCIALI DELLA VITA PUBBLICA. CON SERENO SCRUPOLO SI PUÒ DIRE CHE SALVINI NON NE HA AZZECCATA UNA”
Estratto dall'articolo di Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Il paese del melodramma, quando Salvini saliva sui palchi gli mettevano come colonna sonora il “Vincerò”. Seguiva un inedito rituale: breve comizio e interminabile coda per i selfie: ah, gli italiani, quanto si stufano facilmente! Ma con quanta cieca naturalezza, viene anche da pensare, i leader politici di questo tempo partecipano al campionato per la più grande dissipazione.
Era la primavera del 2019, si votava per le Europee. A Forlì Salvini salì su un certo balcone voluto da Mussolini, le cronache riportano che si mise a torso nudo per indossare una maglietta che recava disegnato il suo stesso volto. A Catanzaro si mise la sciarpa tricolore e annunciò un decreto Sicurezza bis; a Zingonia, fotografatissimo, salì su una simbolica ruspa per abbattere delle costruzioni abusive; a Pietrelcina volle marcare la sua presenza sui luoghi di Padre Pio; a Milano, piazza del Duomo, baciò il rosario.
Ogni volta, in linea con quella che Gramsci aveva designato come «la malattia melodrammatica italiana», risuonava la Turandot, “all’alba vincerooooo!”, versione Pavarotti. E vinse, in effetti. Il 26 di maggio la “Lega per Salvini Premier”, in tal modo battezzata in quell’occasione, ottenne il 34,26 per cento. La Bestia iper-social di Morisi, sulla cresta dell’onda, aveva appena lanciato una specie di torneo di like intitolato “VinciSalvini” il cui premio consisteva nel passare con lui qualche ora. Giorgetti, allora meno dubbioso, profetizzava un imminente «plebiscito».
Alla festa della Repubblica, the strong man of Europe – perché a volte pure i corrispondenti stranieri si lasciano trasportare dall’enfasi – passeggiò radioso nei giardini del Quirinale con la giovanissima Verdini sottobraccio, erano la super coppia vincente, dietro di loro un codazzo di adulatori, vil razza dannata. Uno di questi lo sentì far suo, con finta e compiaciuta meraviglia, lo sfoggio della taumaturgia berlusconiana: «Tutti mi salutano, tutti mi vogliono toccare, forse perché guarisco gli infermi». Grandi risate.
Alla Rai, che su queste cose ci puoi caricare l’orologio, approdò proprio in quei giorni il suo vecchio collega e fresco biografo leghista, e “Uno Mattina” divenne “Uno Salvini” (l’Agcom non fece obiezioni). Agli avversari, che per via degli sbarchi contrastati dal Viminale non erano pochi, il ministro rispondeva allegramente: «Bacioni»; «è finita la pacchia», ripeteva, pure estendendo il motto ai giovani che organizzavano i rave. [...]
Venne anche Putin in quei giorni, con cuoco assaggiatore e una limousine che entrava a stento a Palazzo Chigi. Salvini sottovalutò l’affare Metropol, l’origine degli spifferi, i suoi avvertimenti. Faceva caldo e prese la via del Papeete, la consolle, il mojito, le cubiste leopardate, spiaggia sovranista con inno nazionale. Visto il successo, inaugurò la svolta ultra-pop, il Beach tour. A riguardarselo oggi viene da chiedersi quale demone l’abbia portato a sprecare in un paio di settimane un patrimonio che sarà anche stato precario, ma diamine, ce ne voleva di follia, o improvvisazione, o chissà che.
Era agosto. Disse solenne a Sabaudia: «Sento la tensione di questo nostro paese». A Polignano replicò il numero, gli regalarono l’ennesima maglietta, da dj. A Pescara, infine, dopo aver evocato i figli, chiese i pieni poteri: «Se devo mettermi in gioco, lo faccio ora, da solo, a testa alta».[...]
E qui può finire il film, anche se ci sarebbero altri due anni e più di errori, di frasi e gesti autolesionisti, di velleità incapacitanti, di capricci che segnarono però momenti e passaggi cruciali della vita pubblica, crisi di governo, dispute sanitarie, elezioni del presidente della Repubblica, discussioni di politica estera. Con sereno scrupolo si può dire che Salvini non ne ha azzeccata una. Con scettica meraviglia è lecito pensare che chi vince troppe volte in realtà perde, e i cocci sono suoi.
Tutta colpa del Capitone
GIANANTONIO DA RE
Da ilgazzettino.it
«Questa disfatta ha un nome e cognome, Matteo Salvini»: lo afferma senza giri di parole l'europarlamentare trevigiano della Lega, Gianantonio Da Re, commentando il tracollo del suo partito in Veneto. «Dal Papeete in poi ha sbagliato tutto, ha nominato nelle segreterie delle persone che hanno solo ed esclusivamente salvaguardato il proprio sedere». «Quindi si dimetta - conclude - passi la mano a Massimiliano Fedriga e fissi in anticipo i congressi per la ricostruzione del partito».
SALVINI
Da ilfattoquotidiano.it
Salvini: “Decreto energia primo banco di prova del nuovo governo”
“Serve un decreto energia e lo rivendico anche oggi dopo il voto. Sarà il primo banco di prova del nuovo governo”: lo ha detto il leader della Lega Matteo Salvini in conferenza stampa a Milano.
Salvini: “Dato Lega non mi soddisfa”
“Il dato della Lega non mi soddisfa, non è quello per cui ho lavorato. Ma con il 9% siamo in un governo di centrodestra in cui saremo protagonisti“. Così il leader della Lega Matteo Salvini in conferenza stampa a Milano. “Entro la fine dell’anno – ha aggiunto – faremo i congressi in tutte le 1400 sedi. Poi faremo l’anno prossimo i congressi provinciali e regionali“.
Salvini: “Opposizione paga. Stare al governo? Lo rifarei”
“Questa notte alle 4 mi sono messaggiato con Giorgia a cui faccio i complimenti. E’ stata brava”: lo ha detto il segretario della Lega Matteo Salvini in conferenza stampa nella sede del partito in via Bellerio a Milano sottolineando che il dato politico è che “è stata premiata l’opposizione“.
“Fratelli d’Italia è stata brava a fare una forte opposizione” e certo aver governato quasi due anni, stando dentro l’esecutivo Draghi, “non è stato semplice“, ma considerando come era la situazione “lo rifarei“, ha concluso Salvini.
Salvini: “Per 5 anni maggioranza chiara. Brava Meloni, lavoreremo insieme”
“Conto che per almeno cinque anni si tiri dritto senza cambiamenti con una maggioranza chiara di centrodestra. Ieri ho messaggiato con Giorgia Meloni a cui faccio ovviamente i complimenti, è stata brava: lavoreremo insieme a lungo”: lo ha detto il leader della Lega Matteo Salvini in via Bellerio a Milano. Secondo Salvini è stata “premiata l’opposizione – ha concluso – Fdi è stata brava a fare una forte opposizione”.
Salvini: “Premiata FdI per opposizione a Draghi”
Matteo Salvini attribuisce la causa del scarso risultato della Lega – rimasta appena sotto il 9% – all’appoggio del suo partito al governo Draghi. E aggiunge: “E’ stata premiata Fratelli d’Italia che ha fatto opposizione“.
Salvini: “Puntiamo a quota 100 eletti Lega”
“Puntiamo a quota 100 parlamentari della Lega eletti”. Lo ha detto Matteo Salvini iniziando la conferenza stampa in via Bellerio dopo il risultato delle elezioni. “Sono cento tondi i parlamentari della Lega al lavoro da domani”: ha detto il segretario, aggiungendo che il Carroccio è “il secondo partito del centrodestra e ce la giochiamo con il Pd come secondo” in assoluto per numero di eletti.
Così Meloni si è mangiato il Capitone
M. Crem. Per il “Corriere della Sera”
Il pugno di mosche. Dopo tanto correre e sgolarsi, tanti selfie e infiniti chilometri macinati, a Matteo Salvini in mano è rimasto poco. Soprattutto, il segretario leghista ha mancato di centrare il vero obiettivo strategico della Lega da lui trainata: il Sud. Peggio ancora: nel frattempo, con prudenza e (quasi sempre) con misura, Giorgia Meloni ha messo a segno il suo, di enlargement : è dilagata a nord, nelle valli e nelle Province che sono sempre state la roccaforte della Lega. I luoghi in cui il partito era nato e cresciuto e si era conquistato una credibilità di governo cresciuta sindaco per sindaco, amministrazione dopo amministrazione. Tutto spazzato via.
Rispetto a quel tradizionale blocco sociale che al Nord bada al sodo, è probabile che Salvini sia stato danneggiato dalla caduta del governo Draghi. Il segretario leghista formalmente respinge l'accusa, ma anche le ultime settimane di campagna elettorale, con le frequenti prese di distanza dal governo da lui stesso sostenuto fino a luglio, forse hanno contribuito al disamoramento.
Perché una cosa sono i militanti a Pontida, parecchi dei quali favorevoli al «draghicidio», cosa diversa è quella parte cospicua di corpo elettorale che avrebbe apprezzato la stabilità e la credibilità internazionali garantite dall'ex governatore Bce. Il presidente di Confindustria Andrea Bonomi l'aveva detto chiaro che più chiaro non si può: «La politica non blocchi Draghi». Probabile che all'insuccesso abbia contribuito anche la disponibilità dichiarata quotidianamente a spendere soldi che non ci sono.
Nella stessa Lega qualcuno nelle ultime settimane ha cominciato a chiamare Matteo Salvini «Mister miliardo». Scostamento di bilancio per le bollette, quota 41 per le pensioni, flat tax, un atteggiamento meno belligerante nei confronti del reddito di cittadinanza («Va modificato»), migliaia di assunzioni nelle forze dell'ordine, Iva zero su alcuni prodotti alimentari e cancellazione del canone Rai. Oltre che lo stop alla revisione delle concessioni, a partire da quelle balneari.
Le previsioni leghiste dell'impatto sui conti pubblici erano e sono ottimistiche. Ma al nord, lo si è sentito sia a Cernobbio che dai giovani confindustriali riuniti a Rapallo, non sono altrettanto ottimisti. Mentre le ambiguità leghiste sul Green pass, che per molti imprenditori è stato lo strumento che ha consentito di riaprire le aziende, a giudicare dall'esito delle urne non sono state apprezzate.
Difficile dire quanto abbia pesato sul risultato la composizione delle liste. Ma l'esclusione di volti che per anni, o decenni, hanno incarnato la Lega sui territori non pare abbia fatto bene. In Lombardia, Paolo Grimoldi, Daniele Belotti, Matteo Bianchi, Raffaele Volpi; Roberto Paolo Ferrari. In Veneto Gianantonio Da Re, Gian Paolo Gobbo, Gianpaolo Vallardi, a rischio Franco Manzato. In compenso rientrerà da Bruxelles in anticipo l'europarlamentare Mara Bizzotto ed è stato qui paracadutato il ligure Lorenzo Viviani. I malumori sono divampati, al punto che il vice segretario di Salvini, Lorenzo Fontana, è stato costretto ad ammonire: «Provvedimenti pesanti saranno presi verso chi parla contro la linea del partito».
Zaia non è entrato nell'arena, ma il modo in cui i veneti, storicamente orgogliosi della loro autonomia «anche da via Bellerio», sono stati di fatto esclusi dalla composizione delle liste non deve essergli piaciuto: «Ho preso visione delle liste solo la sera della presentazione. Le analisi, le valutazioni e i bilanci li faremo dopo il 25 settembre».
Ma il sentimento diffuso lo ha espresso qualche settimana l'ex sindaco-sceriffo di Treviso, Giancarlo Gentilini, simbolo della Lega trevigiana. Che ha detto: «Giorgia Meloni potrebbe piacermi». Nel 2019, la Lega da queste parti aveva preso il 40,9%. Il che significa che tre elettori su quattro oggi hanno scelto altro. Giorgia Meloni? Molti, di sicuro. Ma lo stesso Carlo Calenda è andato lì lì dal superare la Lega. «E se anche avessimo pareggiato - dice un deputato ormai ex - sarebbe stata comunque una debacle...».
E poi, c'è il Sud. Alle Amministrative, dopo il 2018, la Lega si era presentata in modo, per così dire, strategico. Non sempre e non dappertutto. Alle Politiche, si prende quello che si prende, senza strategie di territorio. Salvini ci ha provato: oltre a Milano si è candidato in Basilicata, Calabria e Puglia. Ma, almeno a giudicare dai primi dati, la Lega qui non riesce a sfondare. «Non abbiamo abbastanza da offrire» sbuffa un salviniano doc. Ma la batosta è pesante.
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