Via la Fiamma. Gli esami non finiscono mai per Giorgia
Niccolò Carratelli per “la Stampa”
Giorgia Meloni vuole davvero consegnare il fascismo alla storia? Allora tolga la fiamma tricolore dal simbolo di Fratelli d'Italia. Il giorno dopo il video (in inglese, francese e spagnolo) con cui la leader di Fdi ha voluto rassicurare la stampa estera sulla sua estraneità da qualsiasi nostalgia del Ventennio, il Pd non si accontenta e torna alla carica.
Mentre lei, l'aspirante premier, minimizza la sue parole di condanna del fascismo, perché «sono almeno vent' anni che le dico - spiega a RadioRai - La sinistra fa finta che non le abbia dette, perché ha un problema serio a entrare sui contenuti» e «cerca sempre di nascondersi dietro la coperta di Linus dei suoi slogan triti e ritriti».
Ma, secondo Meloni, «il problema di tutto questo non è ovviamente il risultato per Fratelli d'Italia, il problema è che raccontare questo nuoce all'Italia». Tanto che nel centrodestra, in particolare da Lega e Forza Italia, quasi nessuno interviene sull'argomento. Una difesa d'ufficio arriva da Maurizio Lupi (Noi con l'Italia), durante la presentazione della lista unica dei moderati del centrodestra: «Non esiste il problema del fascismo nel nostro Paese, non esiste definire un mostro Giorgia Meloni - dice - attaccarla è discreditare la nostra democrazia».
Dal Partito democratico, però, non si trattengono e insistono. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, si dice «contento della condanna del fascismo da parte di Meloni, ma se l'avesse fatto qualche settimana prima sarebbe stato più credibile - precisa - che ci siano elementi di nostalgia ancora presenti lo dimostra il fatto che Meloni si è sentita di doverlo fare in più lingue».
Dura anche la vicepresidente dell'Emilia-Romagna Elly Schlein: «Se lasci la fiamma nel simbolo non bastano due minuti di video per smarcarsi dalle ambiguità - avverte - Non l'ho sentita dire che non ci saranno fascisti e nostalgici nelle sue liste».
La richiesta di "spegnere" la fiamma, proprio alla vigilia della presentazione dei contrassegni al Viminale, ricorre in tutte le dichiarazioni degli esponenti dem. Per l'ex presidente della Camera, Laura Boldrini, quella è una «raffigurazione del regime che risorge dalla tomba del dittatore. Non basta dichiararsi non-fascisti, la nostra Costituzione è antifascista - attacca - Non fate i furbi per un voto in più».
La deputata Cecilia d'Elia, invece, più che al passato guarda al futuro «che Meloni propone e che ci preoccupa: Dio patria e famiglia - naturale chiaramente - quell'idea di società autoritaria e illiberale, che condivide con il suo amico Orban e l'estrema destra spagnola». Mentre il collega Andrea Romano offre un ripasso di storia, ricordando che «quella fiamma è da sempre un riferimento esplicito alla fiammella che arde sulla tomba di Benito Mussolini e per questo è il principale simbolo del neofascismo italiano».
A fare da scudo a Meloni e alla fiamma è Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera di Fratelli d'Italia, che sfida Romano sul suo terreno (la storia): «La fiamma è un simbolo del secondo dopoguerra che nulla a che vedere con i totalitarismi del'900 - spiega - Il simbolo simmetrico alla falce e martello è la croce uncinata nazista e il fascio littorio e tutti e tre sono stati stigmatizzati dal Parlamento europeo da una risoluzione».
Insomma, a tutti quelli che vorrebbero estirpare la fiamma dal cuore di FdI, il messaggio è il seguente: «Non è il Pd a rilasciare patenti di democraticità, esiste una Costituzione e a questa ci atteniamo, come dovrebbero fare loro», chiude Rampelli. Oggi il simbolo del partito verrà depositato al ministero dell'Interno così com' è.
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