Ora Sgarbi punta su Mori, Alemanno e Palamara
Adriana Logroscino per il “Corriere della Sera”
In vista del nuovo vertice di oggi, i leader del centrodestra sono impegnati a rivolgersi ai rispettivi elettorati senza, però, sottoporre a sforzi eccessivi l'unità raggiunta. Tuttavia il primo banco di prova per la tenuta dell'alleanza di centrodestra è quello della compilazione delle liste elettorali. Tema intorno al quale sempre si consumano le lotte più feroci. Questa volta, con la riduzione del numero di parlamentari, oltre a ridursi le possibilità (tranne che per Fratelli d'Italia, in netta crescita rispetto al passato) ci sono da rifare anche tutti i calcoli.
Tra le molte questioni solo parzialmente risolte dal vertice che ha ripartito i collegi uninominali per forze politiche, c'è quella dei centristi: Noi con l'Italia e Coraggio Italia ne hanno spuntati 11, l'Udc tratta con Forza Italia (per ora avrebbe messo al sicuro i due leader, Lorenzo Cesa e Antonio De Poli) e la compagine di Giovanni Toti deve (ri)collocarsi.
In questa delicata situazione fa irruzione Vittorio Sgarbi che, oltre alla sua personale candidatura in uno degli 11 collegi, parla di una serie di nomi di sicuro impatto mediatico, che avrebbe già sondato: l'ex magistrato Luca Palamara, il generale Mario Mori, l'ex sindaco Gianni Alemanno e il cantante Morgan.
Il critico d'arte ritiene di aver diritto di partecipare a quel «bottino» di collegi centristi in virtù della costituzione della lista elettorale, alle ultime Politiche, del suo Rinascimento Italia con il gruppo di Maurizio Lupi, oggi leader di Noi con l'Italia. «Le mie sono proposte di cui sto discutendo con Lupi - chiarisce Sgarbi - e i candidati che suggerisco possono correre nelle liste plurinominali: sono nomi in grado di muovere il voto di opinione e di far superare lo sbarramento del 3%: io da fermo, porto tra l'1 e l'1,5%». La risposta di Lupi? «Mi sembra interessato soprattutto a Mori, Alemanno e Palamara».
Anche negli altri partiti si valutano candidature «eccellenti». In Fratelli d'Italia, per esempio, il problema non è tanto di numeri, quanto di equilibrio tra outsider e fedelissimi della leader. Sui nomi c'è molto riserbo, ma in un governo a sua guida, Meloni vorrebbe poter contare sul diplomatico Giulio Terzi, sul'ex magistrato Carlo Nordio, sugli ex ministri forzisti Raffaele Fitto (da tempo in FdI) e Giulio Tremonti, sull'ex presidente del Senato, Marcello Pera, su Fabio Panetta, nel board della Bce, e su Claudio Descalzi, ad di Eni.
Oltre ai candidati, poi, c'è il posizionamento politico, interno e internazionale con cui ci si presenta. Dopo che Meloni ha dichiarato «l'Italia guidata da Fratelli d'Italia e dal centrodestra sarà affidabile sui tavoli internazionali», Antonio Tajani rivendica il ruolo di «garante» del Paese «dalla parte dell'Occidente, degli Stati Uniti, dell'Europa e della Nato», per «Forza Italia, appartenente al Ppe». E spiega: «Con l'esperienza di FI in Ue e nel mondo, Bruxelles e Washington non hanno ragione di temere».
Tajani poi non smentisce i rumors sull'ipotesi che un governo di centrodestra sostenuto da una maggioranza robusta, riformi la Costituzione: «Presidenzialismo e stop ai cambi di casacca, ma con la più larga intesa». E rassicura gli elettori su tasse e pensioni, evocando una nuova fase di pace fiscale. Prudente l'ok all'ipotesi di Matteo Salvini di individuare i ministri prima del voto. Tutta la coalizione, infine, formalizzerà la richiesta che si voti in due giorni: domenica e lunedì.
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