Rogo di Primavalle, Emiddio Novi ricorda i fratelli Mattei
Nella notte del 16 aprile 1973, nel popoloso e popolare quartiere romano di Primavalle, assassini appiccarono il fuoco alla porta dell'abitazione di Mario Mattei, di professione netturbino, e segretario della locale sezione del Movimento Sociale Italiano. I suoi figli, Stefano, di anni 22 e Virgilio di anni 10 morirono bruciati vivi. I responsabili Achille Lollo, Manlio Grillo e Marino Clavo furono condannati per omicidio colposo e detenzione di materiale esplodente dopo la derubricazione, dall'imputazione di Strage.
Nel quarantanovesimo anniversario della strage di Primavalle vogliamo ricordare i fratelli Mattei con un post pubblicato il 25 aprile del 2018 da Emiddio Novi, giornalista, parlamentare assai anomalo di Forza Italia andato oltre, in maniera tragica, il 24 agosto del 2018.
Erano figli di un netturbino missino. Li bruciarono vivi a Primavalle. L'Italia di sinistra solidarizzò con gli assassini. Di fronte ai corpi carbonizzati dei due fratelli Mattei iniziò una campagna di disinformazione e di depistaggio, partita dall'estrema sinistra, ma sostenuta da quasi tutti i giornali e dalla televisione di Stato per occultare la matrice politica dell'attentato.
Era poco prima dell'alba del 16 aprile del 1973 quando Achille Lollo, Manlio Grillo e Marino Clavo salirono al terzo piano di un caseggiato popolare. I tre criminali militanti di Potere operaio, fecero filtrare sotto la porta malmessa qualcosa come dieci litri di benzina. Innescato l'incendio i tre, che diventeranno eroi dell'antifascismo, aspettarono che esplodesse. Accertatisi della riuscita dell'attentato si dileguarono. I quaranta metri quadrati furono investiti dalle fiamme. Mario Mattei e la moglie riuscirono a mettere in salvo quattro dei loro figli lanciandoli nel vuoto dalle finestre. Virgilio, 22 anni, era il figlio maggiore, si attardò nel disperato tentativo di salvare Stefano, otto anni, ma le fiamme li imprigionarono. Stefano gli sfuggì dall'abbraccio. E così morirono bruciati vivi. Virgilio rimase aggrappato alla finestra con Stefano abbracciato alle sue gambe. Una scena terribile che lasciò' del tutto indifferenti Dario Fo e Franca Rame, che ritennero irrilevante l'assassinio di un bambino e di un ragazzo e mobilitarono il circo mediatico.
Roma fu attraversata da cortei che rivendicavano la libertà per i carnefici e intimidivano una magistratura che voleva essere intimidita. Parlamentari, giornalisti, attori e scrittori firmarono documenti di solidarietà con i criminali. La polizia in un primo memento ipotizzò l'autocombustione della famiglia Mattei. Le indagini si uniformavano alle direttive che venivano dal ministro degli interni democristiano.
Il pomeriggio dei funerali con un gruppo di camerati, allora ci si chiamava così, ci recammo a Roma per partecipare ai funerali. Trentamila persone in un corteo silenzioso. Almirante terreo abbracciato a mamma e papà Mattei, le suore del policlinico, che piangevano affacciate alle finestre.
Ai lati del corteo il vuoto. I negozi chiusi. Il traffico inesistente. A pochi metri migliaia di antifascisti tentarono di aggredire il corteo funebre. Qualche molotov lo lambì. Dopo il funerale i partecipanti non poterono sciogliersi: erano circondati e minacciati.
Sono passati 45 anni e televisioni, giornali, Pd e suoi alleati chiamano a raccolta l'antifascismo militante. Non gli è bastato il sangue degli anni settanta. Berlusconi fu il primo uomo politico dopo Craxi a prendere le distanze dall'antifascismo militante. Bettino Craxi col suo socialismo tricolore rappresentò una grande fascinazione per quelli come me che avevano fronteggiato i comunisti nelle università e nelle redazioni dei giornali, nei luoghi lavoro. I socialisti fecero capire a democristiani e comunisti che era giunto il momento di smetterla con le stragi di Stato di cui sarebbero stati responsabili i fascisti. E smisero. Stragi eseguite da sicari professionisti e da mafiosi prezzolati dai servizi deviati. Mercenari remunerati con sentenze vergognose, appalti e impunità. Tanto a condannare ventenni innocenti ci avrebbe pensato la magistratura.
Le canaglie che irridevano i morti di Primavalle, che ne assalivano il funerale erano gli stessi che in quel periodo sfondavano il cranio del diciassettenne milanese Sergio Ramelli con le chiavi inglesi Hazet 36, mezzo metro di acciaio che fracassava le ossa dei fascisti.
Da allora a Milano tutti gli anni si tiene una manifestazione in memoria di Ramelli, contrastata da raduni antifascisti.
La forza della destra, la tenuta del centrodestra, lo stesso Salvinismo sono il portato di quella memoria storica e di quella militanza della guerra civile combattuta dai ventenni di 40 anni fa.
Ecco perché i postcomunisti antifascisti capeggiati dai compagnucci democristiani di sinistra in Italia troveranno sempre uno schieramento invalicabile. Con Craxi, poi morto in esilio. Con il Berlusconi di un tempo, nonostante l'assedio del golpismo giudiziario. Con Salvini, che deride gli antifascisti e fino ad ora non ha avuto paura di affrontarli, quell'Italia che non si arrese allora esiste ancora.
19 aprile 2018.
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