Portogallo, vincono i socialisti, in flessione gli identitari di Chega
LISBONA - Il Portogallo guarda ancora a sinistra e assegna al Partito socialista una vittoria mai così sentita e sofferta. Le prime proiezioni della Catolíca per la tv pubblica Rtp, indicano che la formazione del premier António Costa otterrebbe tra il 37 e il 42% dei voti. Gli avversari del Psd, i socialdemocratici, conservatori, raccoglierebbero tra il 30 e il 35%. Ma a spoglio ormai avanzato appare che il Ps è più vicino al 42% mentre il Psd non supera il 30. Terzo posto per l’estrema destra di Chega con una percentuale tra il 5 e l’8%. [Un risultato che rafforza la rappresentanza parlamentare rispetto al singolo eletto con appena l'1,6% delle politiche del 2019 ma che rappresenta un significativo calo rispetto al risultato delle presidenziali del 2021, quando il candidato identitario superò l'11%, ndb]
In calo Bloco de Esquerda e comunisti, i due partiti ex alleati di Costa che, bocciando la legge di bilancio presentata dal premier, hanno provocato la fine anticipata della legislatura.
Il risultato è accolto da un boato dei militanti nel quartier generale del Ps: un vero grido liberatorio. I socialisti potranno contare su 102-116 deputati in Parlamento. Ma non è ancora detto che abbiano la maggioranza di 116 scranni che consentirà loro di governare da soli.
A vincere è soprattutto il primo ministro. Per António Costa, uno dei più longevi politici portoghesi dai tempi della Rivoluzione dei garofani tanto da attirarsi il soprannome di “Duracell”, era un banco di prova decisivo. «Se perdo», aveva detto, «mi dimetto». Con la sconfitta del partito di cui è stato segretario per quattro volte consecutive, dosando intransigenza e flessibilità all’interno, sorrisi e foto rassicuranti all’esterno, l’ex sindaco della rinascita di Lisbona, si giocava la leadership e il suo futuro politico. Dopo aver attaccato il suo diretto avversario, il leader dei socialdemocratici Rui Rio e aver chiesto un bottino pieno, ha impresso una svolta alla sua strategia. Ha rinunciato a conquistare la maggioranza dei seggi, pretesa che gli aveva attirato le antipatie dei portoghesi. Si è guardato attorno, ha cercato ovunque alleanze. Ha strizzato l’occhio anche al centro destra, esclusi gli estremisti di Chega.
L’attesa del voto, e dei risultati, è stata nervosa. Il Parlamento si presentava frammentato e diviso. Nove i partiti in lizza per eleggere 230 deputati, con socialisti e socialdemocratici, dominanti, che si sono sempre alternati al potere. I sondaggi della viglia confermavano una situazione di parità; le percentuali oscillavano senza dare una tendenza chiara. Tutti i leader hanno invitato i 10,8 milioni di elettori a recarsi alle urne. Hanno ribadito l’importanza del voto soprattutto in questo periodo di pandemia. Ci sono 1,2 milioni di persone in autoisolamento per il Covid. L’afflusso è stato consistente: 56%, sette punti in più del 2019. La conferma di quanto siano state sentite queste elezioni, le diciassettesime da quando è tornata la democrazia. In ballo, non c’era solo la governabilità di un Paese importante per la Ue. Anche qui bisogna gestire il Piano di Resilienza e Rilancio varato da Bruxelles. Stanno per arrivare i primi 6,1 miliardi di euro. Serviranno a tamponare le falle provocate dalla pandemia, a sostenere un tasso di disoccupazione che resta al 6,1 per cento, il più basso dell’eurozona, a garantire una crescita economica prevista per quest’anno al 5,8 per cento. A Costa il compito di tenere dritta la barra.
Fonte: la Repubblica
A vincere è soprattutto il primo ministro. Per António Costa, uno dei più longevi politici portoghesi dai tempi della Rivoluzione dei garofani tanto da attirarsi il soprannome di “Duracell”, era un banco di prova decisivo. «Se perdo», aveva detto, «mi dimetto». Con la sconfitta del partito di cui è stato segretario per quattro volte consecutive, dosando intransigenza e flessibilità all’interno, sorrisi e foto rassicuranti all’esterno, l’ex sindaco della rinascita di Lisbona, si giocava la leadership e il suo futuro politico. Dopo aver attaccato il suo diretto avversario, il leader dei socialdemocratici Rui Rio e aver chiesto un bottino pieno, ha impresso una svolta alla sua strategia. Ha rinunciato a conquistare la maggioranza dei seggi, pretesa che gli aveva attirato le antipatie dei portoghesi. Si è guardato attorno, ha cercato ovunque alleanze. Ha strizzato l’occhio anche al centro destra, esclusi gli estremisti di Chega.
L’attesa del voto, e dei risultati, è stata nervosa. Il Parlamento si presentava frammentato e diviso. Nove i partiti in lizza per eleggere 230 deputati, con socialisti e socialdemocratici, dominanti, che si sono sempre alternati al potere. I sondaggi della viglia confermavano una situazione di parità; le percentuali oscillavano senza dare una tendenza chiara. Tutti i leader hanno invitato i 10,8 milioni di elettori a recarsi alle urne. Hanno ribadito l’importanza del voto soprattutto in questo periodo di pandemia. Ci sono 1,2 milioni di persone in autoisolamento per il Covid. L’afflusso è stato consistente: 56%, sette punti in più del 2019. La conferma di quanto siano state sentite queste elezioni, le diciassettesime da quando è tornata la democrazia. In ballo, non c’era solo la governabilità di un Paese importante per la Ue. Anche qui bisogna gestire il Piano di Resilienza e Rilancio varato da Bruxelles. Stanno per arrivare i primi 6,1 miliardi di euro. Serviranno a tamponare le falle provocate dalla pandemia, a sostenere un tasso di disoccupazione che resta al 6,1 per cento, il più basso dell’eurozona, a garantire una crescita economica prevista per quest’anno al 5,8 per cento. A Costa il compito di tenere dritta la barra.
Fonte: la Repubblica
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