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Nonostante i divieti, i no pass tengono duro


 Milano, il corteo si fa beffe della polizia

Salvatore Riggio per il corriere.it

 Ormai la strategia dei No pass è chiara. Bloccare tutto, paralizzare la città, deridere il lavoro delle forze dell’ordine con un continuo gioco a seminare il caos dribblando i blocchi dei blindati lungo il percorso. Ostentando il senso di impunità di chi sa che polizia e carabinieri non caricheranno i manifestanti.

Ieri erano almeno in quattromila, un numero inferiore alle altre manifestazioni, ma che non deve ingannare. Perché da subito gli animi sono caldissimi con l’aggressione a spintoni a un giornalista di Fanpage e all’operatore già alle 16.30 in piazza Fontana. Con replica nel finale. Il resto è l’ennesimo sabato di protesta incontrollata e incontrollabile. Con polizia e carabinieri che provano a gestire il più possibile il corteo indirizzandolo lungo il tragitto imposto venerdì dal questore Giuseppe Petronzi.

Tentativo vano perché in largo Crocetta uno spezzone, diventato sempre più numeroso, vira in corso di Porta Vigentina e da lì paralizza la circonvallazione. Il cordone della polizia che impedisce di proseguire verso i Navigli viene aggirato passando in via Luigi Anelli. I rinforzi bloccano di nuovo il corteo che a quel punto si ricompatta su viale Bligny, dove i manifestanti, bloccando auto e mezzi pubblici tornano verso Porta Romana. Proprio vicino alla Bocconi avviene l’aggressione ad alcuni automobilisti esasperati dai No pass: vengono spintonati e presi a calci. Fermato e portato in questura un militante sorpreso ad imbrattare alcuni mezzi della polizia.

Il serpentone, sempre al di fuori del percorso imposto dalla questura, arriva da viale Monte Nero fino a una blindatissima piazza Cinque Giornate. Da li sembra proseguire verso corso XXII Marzo e la circonvallazione ma in largo Marinai d’Italia, un migliaio di manifestanti riprende con le intemperanze.

I No pass si buttano in via Spartaco tra le auto, quando vedono i cordoni di polizia svoltano rapidamente ma stavolta a fare la fine del topo sono loro: chiusi in via Sciesa su quattro lati dai blindati devono arrendersi: si esce solo dopo essere stati identificati. Qualcuno chiama il 112 lamentando inesistenti malori, altri per denunciare presunti «sequestri di persona». Il bilancio finale è di 60 persone identificate, dieci portate in questura e per due di loro altrettanti fogli di via da Milano per un anno.

Ma anche questo, per il movimento No pass milanese è un sabato trionfale: città bloccata, prescrizioni del questore non rispettate e quel senso di impunità grazie al quale da mesi i manifestanti si fanno forti di continui ricatti e prove di forza con le istituzioni. Non che le risposte siano mancate. Tutt’altro: oltre 300 denunciati, diversi arrestati e alcuni già condannati. Oltre a Daspo urbani e fogli di via.

Le indagini di Digos e carabinieri, coordinati dal capo del pool Antiterrorismo Alberto Nobili, finora non hanno fiaccato il movimento. Basti pensare alle parole di uno degli autoproclamati leader, più volte denunciato e daspato dal centro di Milano, che ieri in corteo inveiva urlandole in faccia contro una giornalista di Mediaset: «Io non ho paura, mi hanno già denunciato non sai quante volte. Io me ne frego dei Daspo. Non ci possono fare nulla».

La sensazione per molti milanesi è che di fronte ai No pass le istituzioni stiano usando la mano morbida permettendo ai facinorosi di bloccare ogni sabato la città. Un sentimento più volte rilanciato dal sindaco Beppe Sala, per questo finito nel mirino dei No vax e sotto vigilanza della prefettura.

La linea di via Fatebenefratelli e corso Monforte è però chiara e si basa su un principio basilare: la mitigazione del danno. Un conto sono i disagi al traffico e quelli allo shopping (ieri molto contenuti rispetto ai percorsi del passato), un altro avere a che fare con cariche e tafferugli. Azioni di forza che potrebbero innescare una risposta ancora più violenta dei manifestanti. Presenti anche ieri una cinquantina di anarchici e, in corteo, anche l’ex irriducibile brigatista Paolo Maurizio Ferrari. Assente, invece, l’ex leader di Forza nuova Marco Mantovani.

«Purtroppo il livello di tensione e di provocazione in occasione di manifestazioni no green pass continua ad essere strumentalmente alimentato da soggetti le cui finalità sembrano andare ben oltre la contestazione dei provvedimenti del governo», la denuncia del portavoce dell’Associazione nazionale dei funzionari di polizia, Girolamo Lacquaniti.

Nei giorni scorsi il senatore No vax, ex 5 Stelle e già candidato alle comunali a Milano, Gianluigi Paragone aveva duramente attaccato via social e in tv la gestione del questore Petronzi accusandolo di usare provvedimenti illegittimi per spegnere la protesta e lamentando di essere «monitorato» dalla polizia. Parole condannate dall’associazione dei funzionari: «Dobbiamo stigmatizzare le dichiarazioni di chi continua a minacciare l’uso della violenza facendo della provocazione e degli insulti alle forze dell’ordine un manifesto politico che crediamo violi le regole di uno stato di diritto».



Ottomila in piazza a Trieste nonostante il pugno di ferro

Andrea Pasqualetto per il Corriere della Sera

Avrebbe dovuto essere un corteo decisamente anomalo: con mascherine, distanziamento e soprattutto steward scelti dagli organizzatori fra i manifestanti per controllare il rispetto delle regole, cioè per controllare se stessi. Pena la multa da 200 a 400 euro per chi ha richiesto il corteo e da 400 a 1000 per chi viola le disposizioni. Perché così ha disposto il vulcanico sindaco di Trieste Roberto Dipiazza: «Maledetti, non voglio più chiudere la città per i contagi».

Non è andata esattamente come sperava: di steward naturalmente neppure l'ombra, mascherine poche e figuriamoci il distanziamento. Gli organizzatori, che poi sono quelli del Coordinamento No green pass Trieste orfani di Stefano Puzzer, impegnato ieri con i portuali di La Spezia, hanno pensato piuttosto di affrontare la grana della multa promuovendo una raccolta fondi per pagarla. «Non è una provocazione», ha assicurato Marco Bertali, il neuropsichiatra gandhiano che fa parte del gruppetto promotore.

Per il resto il serpentone dei manifestanti, circa 8 mila persone, si è snodato per le vie del centro cittadino in modo pacifico. C'erano antagonisti, portuali, giovani dei centri sociali, studenti, professionisti, famiglie. Dopo il rompete le righe, finale ad alta tensione in piazza dell'Unità, chiusa per l'occasione con transenne e blocchi di polizia in tenuta anti sommossa. Scene già viste in questi mesi: tentativi di sfondamento, cariche, manganellate e minacce di idranti e lacrimogeni, entrati ormai a far parte delle cronache settimanali.

Alla fine, la polizia ha sgomberato la zona e fermato una decina di persone. Il fatto è che a Trieste questa volta la protesta ha dovuto infatti fare i conti con la ferma presa di posizione delle autorità. Da una parte il prefetto Valerio Valenti che, temendo disordini, ha deciso di chiudere la piazza simbolo della lotta a qualsiasi sit-in. Valenti si è peraltro trasferito proprio in questi giorni a Firenze, pare con grande sollievo.

Prima di andarsene aveva messo nero su bianco il blocco: «In via sperimentale fino al 31 dicembre piazza Unità viene esclusa da manifestazioni pubbliche, in considerazione della presenza di sedi istituzionali che sono obiettivi sensibili e per il valore architettonico e artistico dei palazzi». Una piazza dove lavora e scalpita anche il sindaco, preoccupato per l'economia cittadina che vede minacciata dalle eventuali chiusure per via del Covid: «Considerata la recrudescenza dei casi di positività soprattutto a Trieste e visto che il maggiore focolaio è riconducibile ai manifestanti - ha scritto nell'ultimo provvedimento - ordino a chi protesta, dove non sia possibile garantire il distanziamento, l'uso della mascherina e a chi organizza di prevedere del personale addetto ai controlli».

I controllori avrebbero dovuto essere «facilmente identificabili con pettorina fluorescente di colore giallo o arancione e in numero di almeno uno ogni cento manifestanti». Le reazione dei no pass è scontata: «Buffone!». In testa al corteo, un furgone con la sua foto accompagnata da un urlo: «Sindacooo, la mascherinaaa!». Perché, in effetti, lui usa poco la mascherina. «Dipiazza, non hai rispetto!». «Fascista! Vergogna! Non siamo salami da tagliare come facevi quando lavoravi al supermercato».

Cosa ne pensa sindaco di questi toni? «Dico che io difendo la mia città, i dati della pandemia sono preoccupanti, abbiamo gli ospedali pieni e c'è il rischio concreto di tornare zona gialla. Io mi sono già fatto la terza dose e invito tutti a vaccinarsi». Un invito che questa piazza respinge a improperi. «Terrorista!».

Ce l'hanno con lui ma ce l'hanno anche con Valenti, con Fedriga, con il ministro Speranza e soprattutto con il capo del governo. «Il green pass è la tessera del partito di Draghi. Carogna!... Draghi assassino!... Draghi vai via, sei tu l'epidemia». In assenza del leader Puzzer a scaldare questo popolo variegato ci ha pensato il barbuto Tito De Toni, storico antagonista di Trieste: «Io dico vergogna per aver blindato piazza Unità da sembrare la Palestina. Non vogliamo ricatti per andare a lavorare. Vogliamo salute e libertà. Non siamo la Cina».

Chiuso il corteo, Genni che ci ha messo la firma come organizzatrice, pensa alla multa che arriverà. «Gli steward ma non si poteva, non è accettabile». Ma cosa farà ora il sindaco o chi per lui? Sanzionerà davvero la piazza contraria al certificato verde? «Adesso vediamo dai, lunedì incontro il nuovo prefetto e ne parliamo».

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