Sallusti indignato: quello di Fanpage non è giornalismo
Alessandro Sallusti per "Libero quotidiano"
Non si scappa, ciò che configge con uno di questi tre elementi non diventerà mai una inchiesta giornalistica, neppure nelle testate più prestigiose e apparentemente indipendenti, termine quest' ultimo che non ha alcun senso pratico. La regola vale per tutti, nessuno escluso, e lo dico a ragion veduta.
Per questo quando un sito di informazione come Fanpage scodella pagine di giornalismo vigliacco - quello delle registrazioni a tradimento - contro esponenti della Lega o di Fratelli d'Italia - non esulto per il trionfo del giornalismo, prendo atto che un collega è arrivato sull'obiettivo che si era dato, che non è una verità assoluta ma lo sputtanamento di chi la pensa diversamente da lui e che lo faccia per soldi o per missione ideale poco cambia.
Costruire una notizia provocandola (tipo: voglio pagare in nero la tua campagna elettorale) o isolando dal contesto episodi in sé marginali non è giornalismo, è fare l'agente sabotatore al servizio di qualcuno.
Come dire: ti faccio ubriacare per poter dimostrare che sei un alcolizzato, ti metto una giovane donna nel letto per documentare che sei un traditore di tua moglie. Queste sono robe da servizi segreti deviati, cose che non hanno nulla a che fare con l'informazione tantomeno con la libertà di stampa.
Quando un giornalista diventa giocatore è come se cambiasse mestiere, la sua etica scende addirittura più in basso di quella dei presunti cattivi a cui dà la caccia. Sarei curioso di ascoltare una riunione di redazione dei duri e puri di Fanpage. Scopriremo, ne sono sicuro, che non sono eroi né martiri bensì colleghi carichi di pregiudizi assetati di fama, ben attenti a non disturbare i loro amici. Perché ognuno, e quindi anche loro, tiene famiglia.
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