Lobby nera: il giro di giostra oggi tocca a Murelli & Graziani
Andrea Palladino
per "Domani"
Vestiti da occasione importante, un parterre da grandi eventi e quel pizzico di nobiltà nera che, nella Milano già città da bere, fa tanto chic. E poi lui, il barbone alla Rasputin, il richiamo rivisto e poco corretto alla peggiore scuola del tradizionalismo post-fascista, quello di Julius Evola, e quell'accento così orientale. Alexander Dugin, il vate della destra euroasiatica.
Era il 4 novembre 2018, correva l'anno della Lega al governo in salsa sovranista, con Matteo Salvini pronto a bloccare le navi delle organizzazioni umanitarie. A palazzo reale – salotto retrò a due passi dal Duomo – l'intera Milano nera si era data appuntamento.
Padrone di casa l'associazione REuropa, sigla nata dalla mente di un figlio d'arte, Rainaldo Graziani, erede del cofondatore di Ordine nuovo Clemente. Sigla che a Milano – a due passi dal Duomo e proprio da palazzo reale – è incisa nella lapide di piazza Fontana, a ricordo del movimento che nel 1969 ispirò la prima bomba della strategia della tensione.
Di quell'evento rimangono tanti video su YouTube. Appaiono molti volti dei protagonisti dell'inchiesta di Fanpage sulla Milano nera alleata di Fratelli d'Italia. C'è ovviamente lui, il barone nero , Roberto Jonghi Lavarini, pronto a farsi fotografare accanto ad Alexander Dugin. E c'è Carlo Fidanza , che all'epoca scaldava i motori per le elezioni del parlamento europeo, dove entrerà l'anno successivo.
Manca poco all'inizio dell'evento. Saluti, sorrisi, chiacchiere, ricordi. Un giovane volto ben noto nell'ambiente della destra lombarda si avvicina a Fidanza. Con naturalezza si scambiano il saluto del legionario, la mano sull'avambraccio.
Discreto, ma evidente. Nessuno scandalo, da quelle parti si usa così. È un riconoscersi, un segno di appartenenza ad una tradizione, a una storia comune. Ma è anche la base di alleanze e di progetti comuni. Il braccio teso non appartiene a questi salotti, piuttosto si usa nei bar di Niguarda, dove è stato girato il video galeotto di Fanpage. Meglio il felpato saluto dei camerati.
Già allora Carlo Fidanza era uno dei principali colonnelli di Fratelli d'Italia. Pochi mesi prima, l'11 luglio 2018, aveva firmato insieme a Giorgia Meloni e Francesco Lollobrigida, l'atto costitutivo della "Alliance pour l'Europe des Nations", partito politico europeo pronto per le allora imminenti elezioni dell'Unione. Quel contenitore è stato chiuso dopo l'alleanza, ben più corposa, con l'Ecr dei conservatori inglesi e della destra identitaria polacca. In altre parole Fidanza era l'uomo designato per i collegamenti internazionali.
Quell'incontro a palazzo reale racconta, però, qualcosa di più. In prima fila c'era un pensieroso Gianluca Savoini, l'uomo di collegamento di Matteo Salvini con la Russia. Solo due settimane prima, il 18 ottobre 2018, era stato beccato dai cronisti de L'Espresso al tavolo dell'Hotel Metropol di Mosca, mentre discuteva di petrolio con emissari russi e con due mediatori d'affari italiani. L'inchiesta per accertare l'eventuale rilevanza penale di quell'incontro è ancora in corso, ma quello fu l'episodio che probabilmente cambiò molte alleanze nella destra italiana.
Tra gli organizzatori spiccava un nome ben noto nella Milano nera, quello dell'editore Maurizio Murelli. Ha una doppia veste. Ex sanbabilino (nel 1973 venne coinvolto nel lancio di una bomba nel centro di Milano, che portò alla morte del poliziotto Antonio Marino), animatore fin dagli anni Ottanta del gruppo Orion – vicino prima all'Iran, poi alla Russia – è stato il punto di riferimento dell'area più a destra della Lega di Matteo Salvini. Un vero trait-d'union. Il suo volto appare all'inizio del filmato di Fanpage, mentre dà indicazioni al giornalista undercover su come incontrare Roberto Jonghi Lavarini. Da quelle parti in fondo si conoscono tutti.
Quell'area nera che fa capo a Roberto Jonghi Lavarini è cresciuta, negli ultimi dieci anni, a cavallo tra Lega e Fratelli d'Italia. Si muovono come un gruppo autonomo, ma di certo hanno salde radici nell'area erede del Msi milanese. Da alcuni mesi Jonghi Lavarini, quasi a rivendicare il suo ruolo storico, sta postando su social e blog diverse foto dell'epoca del Fronte della gioventù e di quando, all'epoca di Alleanza nazionale, attaccava i manifesti per Ignazio La Russa.
Non da tutti è amato («Jonghi le ha prese solo dai camerati a Milano», commenta un esponente del neofascismo milanese, chiedendo l'anonimato), ma di certo fa parte del particolare album di famiglia nato dal partito di Almirante.
Il microcosmo nero alleato con Carlo Fidanza non è però composto solo dall'aristocrazia d'antan, dai seguaci del tradizionalismo russo e dal piccolo circo Barnum di Jonghi Lavarini. C'è il mondo delle periferie, delle curve, del neofascismo militante cresciuto dentro Forza nuova.
Una foto, già pubblicata lo scorso maggio da Domani, mostra i contatti dell'eurodeputato con questa area. Durante un banchetto del 24 aprile scorso di Fratelli d'Italia in Corso Buenos Aires, Carlo Fidanza si è fatto fotografare accanto ai militanti del gruppo Ultima legione, guidato dal cinquantenne Enzo Cervoni.
Una destra, questa, poco presentabile: lo scorso maggio l'antiterrorismo ha eseguito 25 perquisizioni contro alcuni dei principali esponenti del gruppo, con l'ipotesi di reato di «perseguimento di finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, con istigazione all'uso della violenza quale metodo di lotta politica e diffusione online di materiale che incita all'odio e alla discriminazione per motivi razziali, etnici e religiosi».
Il gruppo Ultima legione aveva contatti consolidati con Fratelli d'Italia, tanto da partecipare alle manifestazioni a piazza Duomo e a un convegno del partito di Giorgia Meloni nel 2019: «In questa zona qua, dove abito io, non solo i migranti delinquono quotidianamente, li vediamo urinare sui muri, fare i bisogni, accoppiarsi nelle aree cani», arringò il leader del gruppo oggi sotto indagine. Applausi a scena aperta dei militanti di Fratelli d'Italia.
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