Il delitto del Circeo? Alla sbarra il Leone Magno e la borghesia romana
Il massacro del Circeo, maturato nei violenti anni ’70, nella cultura fascista di certa borghesia romana ricca del quartiere Trieste, ebbe nel cinema dei film, in qualche modo, sia anticipatori, sia che prontamente dedicati girati subito dopo quel settembre del 1975, come l’istant movie “I violenti di Roma bene” di Sergio Grieco e Massimo Felisatti.
Ma sono forse più interessanti i film che anticipano la violenza inutile e il sadismo di quei fatti, perché risentono del delirio del momento, che porterà a una stagione di bombe e morti ammazzati, come “Ultimo treno della notte” di Aldo Lado, giustamente citato assieme a “Profondo rosso” di Dario Argento e all’erotico ”Storie immorali di Apollinaire” come uscite dello stesso periodo.
Tratto dal romanzo fiume di Edoardo Albinati, “La scuola cattolica”, diretto da Stefano Mordini e sceneggiato da Massimo Gaudioso e Luca Infascelli, deve fare i conti sia con il massacro in quanto tale, che fu un evento spaventoso allora e ancora ricordiamo come punta dell’orrore e del fascismo degli anni ’70, sia con quello che lo ha generato. Puntando a una precisa ricostruzione degli stupri e del delitto che videro Andrea Ghira, Gianni Guido e Angelo Izzo come aguzzini e Donatella Colasanti e Rosaria Lopez come sfortunate vittime, ricostruzione interamente basata sul racconto della Colasanti, regista e sceneggiatori dedicano giustamente al massacro tutta la lunga parte finale del film.
E devo dire che, al di là dell'orrore, spettacolarmente funziona. Mentre lasciano tutta la prima lunga parte del film ai ragazzi dell’istituto religioso romano Leone Magnoe alle loro famiglie per cercare di spiegare da dove nasca e perché nasca tutta quella ferocia raccolta dai tre colpevoli Ghira Guido Izzo.
L’idea è proprio quella di capire dall’interno, basandosi sul racconto autobiografico di Albinati, che quella scuola frequentava e che nel film ha un ruolo di narratore, perché quel certo tipo di borghesia romana abbia prodotto un simile orrore.
Che sembra, a vedere il film, poter nascere non solo dalle famiglie di palazzinari di destra, ma anche da quelle più liberali e democrtiche. Le accuse che ho sentito fare al film, e che su ripeteranno una volta uscito nelle sale, sono da una parte quelle di non aver voluto dipingere come chiaramente fascisti i ragazzi, e al tempo essere fascisti era una cosa che non si poteva nascondere, da un’altra quella di aver insistito in maniera voyeuristica sulle violenze alle ragazze.
Sulla violenza e sulla nudità delle ragazze, Benedetta Porcaroli già star di “Baby” è qui Donatella Colasanti, mi pare un rilievo ingiusto. E’ una ricostruzione e non vedo nulla di morboso. E francamente non se poteva fare a meno. Sul fatto che non si legga con grande rilievo il fascismo della famiglia Ghira e dei tanti ragazzi del Leone Magno, mi sembra che il libro e il film abbiano un’idea anche giustificabile di allargare il ventaglio delle colpe e dei motivi per cui i nostri figli prendono strade sbagliate a elementi che vanno al di là di destra e sinistra.
FONTE: Marco Giusti/Dagospia
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