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Due anni fa uccise Diabolik. Ammazzato in Albania

 


Se la Giustizia ha i suoi tempi la vendetta corre più veloce. È quello che è successo ad un sicario albanese utilizzato dai clan criminali per uccidere senza lasciare traccia, in Italia e all’estero. Aveva quarant’anni e decine di omicidi alle spalle, fino a quando tornato in Albania ed è stato ucciso, dopo essere stato torturato, per mano di altri criminali del suo paese. In molti hanno festeggiato, qualcuno anche a Roma.

Era il 7 agosto del 2019. Sono trascorsi due anni dalla morte di Fabrizio Piscitelli, ucciso in un parco pubblico a Roma, in mezzo alla gente. Il caso ad oggi è ancora irrisolto e senza responsabili, eppure è il più rilevante omicidio avvenuto negli ultimi dieci anni in una città. A fine aprile l'Espresso aveva dato notizia che il killer che aveva colpito Fabrizio Piscitelli era un albanese: quel pomeriggio del 7 agosto, vestito da runner gli aveva sparato mentre il leader degli Irriducibili era seduto su una panchina al Parco degli Acquedotti, in attesa della persona che avrebbe dovuto incontrare.

Il killer torturato e ammazzato in patria

Coperto da bandana, occhiali da sole e da una calzamaglia che serviva a nascondere i tatuaggi, aveva estratto dal marsupio la pistola calibro 7.65, aveva puntato alla testa e si era dileguato. Era diventato un’ombra, un fantasma. Quello che oggi possiamo rivelarvi è che il sicario che ha ucciso Diabolik è morto, è stato ucciso in Albania, giustiziato da altri killer.

Prima di essere ammazzato, all’albanese sarebbe stato dato un altro incarico in Italia: uccidere ancora. Sarebbe stato proprio lui nel settembre del 2020 a sparare a Selavdi Shehaj, alias Tarzan, un trafficante di droga albanese, colpito sulla spiaggia di Torvaianica. Dopo l’omicidio di Diabolik e di Shehaj sarebbe andato in Spagna, dove gli sarebbero stati commissionati altri omicidi, di due connazionali, per poi tornare infine in Albania, dove ad attenderlo non c’era la giustizia, ma la vendetta criminale.

Resta ancora aperta però la caccia ai mandanti. A chi dava fastidio Fabrizio Piscitelli? Diabolik era in grado con il suo braccio destro Fabrizio Fabietti di acquistare e vendere in pochi mesi 250 Kg di cocaina e 4250 kg di hashish alle principali piazze di spaccio di Roma forse è ad Ostia, che bisogna guardare per cercare una possibile interpretazione del caso Diabolik.

La guerra di Ostia

Nel 2011 gli Spada si prendono Ostia, ma nel 2017 il loro regno criminale crolla: il clan viene falciato da una serie di arresti. Ad approfittarne è la batteria dei “napoletani” di Marco Esposito, detto Barboncino. È a questo punto che Fabrizio Piscitelli decide di fare da mediatore come garante del gruppo di Barboncino insieme a Salvatore Casamonica, che rappresenta invece i cugini Spada. La pax mafiosa viene siglata in un elegante ristorante di Grottaferrata. 

Gli equilibri tra le consorterie criminali di Ostia da anni erano nelle mani di Michele Senese, detto ‘o Pazzo, boss del più potente clan camorrista operante a Roma. Fabrizio Piscitelli ha cominciato a frequentare i Senese sin da ragazzino e loro lo consideravano un figlioccio. 

 È credibile che Diabolik si sentiva ormai forte e si era stancato di dipendere dai suoi padrini? E poi: i Senese erano d’accordo sul patto stipulato ad Ostia da Piscitelli? Oppure avrebbero preferito gestirlo loro e lasciare gli Spada al loro declino?

Il killer gli spara frontalmente

Torniamo nuovamente a quel 7 agosto del 2019. Tra i tanti interrogativi le circostanze stesse dell’omicidio. si è detto che il killer era sopraggiunto alle spalle del capo degli Ultrà della Lazio, sparandogli un colpo alla nuca, come riferisce tra l’altro Eliobe Creagh Gomes -un ragazzo cubano che gli era stato presentato da Fabietti e che da poco gli faceva da autista e bodyguard - e che quel giorno era accanto a lui sulla panchina, in attesa dell’appuntamento previsto.

Ma il medico legale ci rivela un’altra verità: Piscitelli non è stato colpito alle spalle e alla nuca, ma in una posizione frontale e laterale, direttamente nell’orecchio sinistro, a contatto o al massimo a due centimetri dal viso, a differenza di quanto riferito da Eliobe.

È lecito pensare, a questo punto, che il cubano abbia visto in faccia l’assassino? Perché è fuggito senza prestare soccorso all’uomo che avrebbe dovuto proteggere? Perché invece di chiamare un’ambulanza ha telefonato subito a Fabrizio Fabietti che era lì a pochi metri, all’ingresso del parco e che a sua volta è fuggito?

Fabrizio Piscitelli aveva appuntamento al parco con Alessandro Capriotti, che invece aveva sempre negato questa circostanza alla Squadra Mobile di Roma. Dopo l’articolo non è arrivata nessuna smentita, né da chi indaga né dall’interessato.

L'appuntamento con Capriotti

Capriotti a Roma è conosciuto come Er Miliardero, un narcotrafficante, bancarottiere e truffatore che ha accumulato tanti di quei soldi da poter fare una guerra. Salvo poi contrarre debiti in giro, come avrebbe fatto con gli albanesi. Quel giorno, Capriotti aveva dato appuntamento a Piscitelli alle 19 al parco, ma non si presentò mai, a differenza del killer.

L’incontro era stato fissato il giorno prima, ma rimandato al 7 agosto da Capriotti stesso. Il sodale del Diablo, Fabietti ne era a conoscenza, tanto che era rimasto nella sua macchina all’esterno del parco, salvo poi fuggire dopo lo sparo. Sulle ragioni di quell’appuntamento, né Fabietti (oggi in carcere) né Capriotti hanno mai riferito agli inquirenti una parola.

L’elemento nuovo di cui siamo venuti a conoscenza è che Fabrizio Piscitelli quel giorno avrebbe dovuto riscuotere da Er Miliardero circa 30 mila euro. Era una stecca sulla droga? Oppure su altro: è possibile che Piscitelli facesse da mediatore per il debito che Capriotti aveva con gli albanesi?

Un altro dato finora inedito e che potrebbe essere utile alle indagini riguarda una riunione che ci sarebbe stata un paio di settimane prima dell’omicidio, tra Fabrizio Piscitelli, Er Miliardero, Fabrizio Fabietti e un uomo dei Senese. Di cosa si era discusso?

Un omicidio che ha fatto comodo

Sull’omicidio Piscitelli è calato da subito un silenzio omertoso, inconsueto in una città come Roma. Nessuno parla. Quando è stato ucciso, gli inquirenti hanno spedito in Germania i tre cellulari in possesso di Piscitelli per essere decriptati ma erano vuoti. Un amico di Diabolik è stato costretto a ritirare un’intervista televisiva che aveva concesso a volto coperto, dietro minacce molto pesanti. E i soldi accumulati da Diabolik che fine hanno fatto? Certo è che per essere utilizzati, andrebbero “ripuliti. È vero che qualcuno si è presentato in una gioielleria-compro oro in zona Anagnina con la pretesa di acquistare una serie di braccialetti di diamanti modello Tennis, in contanti e senza fattura?

Vero è che Fabrizio aveva pestato i piedi a molti, a troppi. La sua ambizione lo aveva forse portato a fare passi falsi È stato ucciso al Parco degli Acquedotti, una zona da sempre sotto il controllo dei Senese, i suoi padrini. Nessuno ha potuto o ha voluto salvarlo: forse perché quella morte in fondo faceva comodo a molti? 

FONTE: Francesca Fagnani/L'Espresso

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