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Pornocinema Eros: la seconda strage del dopoguerra a Milano è firmata Ludwig


Sabato 14 maggio 1983. Mentre una trentina di spettatori stava assistendo al primo tempo del film porno Lyla, profumo di femmina, due giovani si presentarono alla cassa del cinema «Eros Sexy Center» di viale Monza 101 (vicino alla fermata del metrò Rovereto), comprarono i biglietti, entrarono in sala e si sedettero nelle ultime file [dopo i successivi arresti la cassiera del cinema riconoscerà Marco Furlan e ricorderà di avergli venduto tre biglietti, uno degli elementi principali a sostegno della tesi che Ludwig non erano solo i due amici ma un piccolo gruppo, ndb]. Nessuno fece caso al fatto che portavano con sé due borsoni. Dentro i borsoni c’erano però due taniche di benzina.

Il rogo in sala

Alle ore 17.45 si spensero le luci e cominciò il secondo tempo del film. I due spettatori si alzarono dai loro posti, aprirono i borsoni e rovesciarono il contenuto delle taniche sul pavimento della sala. Poi, mentre scostavano le pesanti tende di velluto per scappare via, gettarono a terra un cerino accesso. L’incendio che divampò fu violentissimo. Tutti gli spettatori riuscirono a scappare utilizzando le uscite di sicurezza – chi con le proprie gambe, chi portato a braccia da altri spettatori – prima del crollo del tetto.

Tuttavia numerosi spettatori e alcuni soccorritori dovettero essere ricoverati in ospedale – chi per ustioni, chi per intossicazione da fumo – e nei giorni successivi all’incendio sei di loro morirono. Le vittime erano cinque spettatori di un film porno e Livio Ceresoli, un passante che si era precipitato nella sala per prestare soccorso e che aveva riportato ferite di una portata tale da causarne poco dopo la morte [l’eroico medico riceverà la medaglia d’oro al valore civile, ndr].

La rivendicazione

Una settimana dopo il rogo, l’Ansa di Milano ricevette un volantino che rivendicava l’attentato con queste parole: «Rivendichiamo il rogo dei cazzi. Una squadra della morte ha giustiziato uomini senza onore, irrispettosi della legge di Ludwig». Gli autori del volantino, per non essere scambiati per mitomani, citarono dettagli che fino ad allora non erano stati divulgati dagli investigatori: «per appiccare l’incendio al cinema sono stati usati una tanica e un bidone di plastica ai cui manici sono stati fissati rispettivamente una catenella da lavandino e una fascetta metallica marca Serflex». La sigla che rivendicò l’azione – Ludwig – era ben conosciuta dalle forze dell’ordine perché aveva già rivendicato diversi omicidi compiuti negli anni precedenti.

Così Juri Casati, per Vorrei, recensendo il bel libro di Monica Zorzetti su Ludwig ricostruisce una strage dimenticata a Milano

I delitti di Ludwig

In otto anni 28 morti ammazzati, tutti rivendicati da quella che a lungo si è ritenuto fosse una strana ed oscura organizzazione di ispirazione nazista: Ludwig.
Le vittime sono per lo più emarginati: omosessuali, tossicodipendenti e prostitute. Ma anche normali cittadini che frequentano i cinema a luci rosse oppure ragazzi amanti dei sabato in discoteca. La mano omicida colpisce soprattutto nella zona del Veneto. Poi si sposta nelle zone limitrofe, in Lombardia, ma ha già colpito anche all’estero, in Germania e in Olanda.
La matrice che accomuna i delitti di Ludwig è una devastante furia moralizzatrice. L’odio per i diversi, per chi – in una tristissima visione del mondo – non obbedisce alle regole del perbenismo più idiota. Un odio che spinge Ludwig a colpire anche dei frati, rei di aver peccato, in gioventù.
Anche le modalità degli omicidi sono brutali: a coltellate, a martellate, con la scure, con punte di scalpello oppure con il fuoco.

Chi è Ludwig

Ludwig ha una caratteristica diabolica: non solo rivendica puntualmente i suoi orrendi delitti, ma – ogni volta – fornisce agli inquirenti anche gli elementi e le circostanze, le prove, che solo chi ha ucciso può conoscere.
Chi è Ludwig?
Davvero questa sigla nasconde un’organizzazione di esaltati neo-nazisti?
Il 3 marzo 1984, due giovani che stanno cercando di incendiare una discoteca nel mantovano, vengono arrestati. Da quel momento Ludwig esce di scena.Chi era Ludwig?
I due arrestati non sono ragazzi qualunque: appartengono all’alta borghesia veneta. Si chiamano Wolfgang Abel e Marco Furlan. Il primo è laureato in Matematica e figlio di un ricchissimo assicuratore tedesco; Furlan, laureando in Fisica, è figlio di un primario ospedaliero. Gli inquirenti non hanno dubbi: Ludwig sono loro anche se, forse, non solo loro.
In carcere Abel e Furlan negano tutto e tentano più volte il suicidio. Poi arrivano le condanne processuali: 27 anni, ma solo per 15 delle 28 vittime, quelle degli ultimi cinque delitti.  

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