Perché Di Vittorio fu assolto dall'omicidio di Ivo Zini
La sera del 28 settembre 1978 un giovane neofascista sceso da un vespone apre il fuoco contro tre giovani che leggono l'Unità sulla bacheca davanti alla sezione del Pci dell'Alberone, quartiere popolare lungo l'Appia. Uno dei tre, Ivo Zini, resta ucciso. Tra i tanti delitti dissennati di quegli anni feroci quest'omicidio passerà alle cronache come esemplare della degenerazione dello scontro politico in atto. L'omicidio del vespone sarà infatti condannato sia da Valerio Fioravanti,esponente del principale gruppo di fuoco dei Nar, sia da Sergio Calore, il leader di Costruiamo l'azione che sul suo giornale si esprime in termini estremamente duri contro i "delitti del sabato sera" e la logica dello "sparare nel mucchio". Giusto, bello. Peccato che i due campioni del rigore rivoluzionario, poco più di un anno dopo, il 17 dicembre 1979, si renderanno responsabili, uno come organizzatore, l'altro come esecutore materiale, dell'omicidio di un passante al posto del bersaglio prescelto, delitto, se possibile, vieppiù insensato...Il delitto viene attribuito da Cristiano Fioravanti ai "fascisti proletari" di Prati e in particolare a Mario Corsi e Marco Di Vittorio. L'iter processuale è complesso: assolti in primo grado, condannati in appello, rinvio dalla Cassazione, assoluzione definitiva. In una testimonianza raccolta da Nicola Rao per la sua trilogia della celtica (Il piombo e la celtica, p. 178), Marco Di Vittorio racconta perché:
Una mattina ti svegli e ti ritrovi delle accuse tra capo e collo, perché parte un pentito, poi un secondo, poi un terzo e alla fine te ne puoi ritrovare quindici contro. Anche perché una legislazione che prevede che più accuse fai e prima esci, incentiva le chiacchiere di corridoio. Per cui, se gira voce che per Ivo Zini siamo stati noi, il pentito, per rafforzare le sue accuse, non dice "Gira voce che" ma dice, come fece Cristiano, "Me l'ha raccontato proprio Di Vittorio che è stato lui. E poi me l'hanno confermato tizio - che nel frattempo è morto - caio - che pure è morto - e sempronio" che nel frattempo si è a sua volta si è pentito e magari conferma dicendo "Sì, è vero". Quando Cristiano mi accusò dell'omicidio di Ivo Zini, dissi che glielo avevo raccontato la sera stessa a piazza Risorgimento, salvo scordarsi che quella sera c'erano i compagni, guidati da Vittadel, che stavano sfondando la sezione di via Ottaviano. Avevano dato fuoco a tutto. Per cui nel confronto con lui in aula gli chiedo: "Ricordi nulla di particolare di quella sera?". Mi risponde: "Assolutamente no, davanti alla sezione era tutto calmo e tranquillo": Allora dico: "Va bene, grazie, arrivederci". Mi pare tutto talmente evidente
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