Così la "squadretta del professore" torturò l'avanguardista Carmelo Palladino
Il 10 agosto 1982, nel cortile del carcere di Novara, Pierluigi Concutelli, sostenuto da un discreto manipolo di "irriducibili" dello spontaneismo armato, uccide Carmelo Palladino. L'esponente di Avanguardia nazionale paga le "voci" sulle sue responsabilità per la morte di Giorgio Vale. Oggi, grazie al lavoro di Nicola Rao, con il prezioso volume "Colpo al cuore", sappiamo che effettivamente Palladino dette informazioni utili alla cattura di Vale. Ma perché era stato sottoposto alle torture della banda di poliziotti aguzzini guidati da Nicola Ciocia che dette un colpo decisivo alle Brigate rosse. La cronaca dell'omicidio Palladino l'ho scritta dieci anni fa, nel primo anno di vita di Fascinazione ...
Il professore [de Tormentis] e la sua squadra, [dopo i successi con il partito guerriglia e i rapitori di Dozier] continuarono a sottoporre altri terroristi al trattamento [in prevalenza la tortura con il waterboarding]. Furono di nuovo chiamati all’opera nell’aprile del 1982, mentre Genova era distaccato presso la caserma Castro Pretorio di Roma per seguire Emilio, che all’epoca era nella capitale per partecipare al processo Moro bis. Il giudice istruttore di Bologna Aldo Gentile il 16 aprile aveva spiccato dei mandati di cattura per i capi dell’organizzazione neofascista Avanguardia Nazionale, accusati dal pentito Elio Ciolini di aver organizzato la strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. I nomi: Stefano Delle Chiaie (latitante da dodici anni [prima in Europa e poi] in Sudamerica), Adriano Tilgher, Maurizio Giorgi e Carmine Palladino, uno dei capi della piazza neofascista romana della fine degli anni Sessanta [era stato anche arrestato per attentati anticomunisti al Quadraro nel '68. La "Strage di Stato lo indica come uno dei fedelissimi di Delle Chiaie nella fase di formale scioglimento di Avanguardia Nazionale]. Quest’ultimo, arrestato, fu portato subito a Castro Pretorio, sede sia della Celere sia del Nocs.
Così, quando a fine aprile Genova arrivò a Castro Pretorio, si trovò casualmente coinvolto in quella vicenda e, pur non avendo assistito al trattamento, ebbe come l’impressione che da qualche parte, nella stessa caserma, ci fossero anche il professore e la sua squadra.
Da Palladino volevano sapere la verità sulla strage di Bologna. Ma quello, della strage, non ne sapeva un bel niente. Alla fine diede alla polizia tutto ciò che aveva da offrire: il nascondiglio di Giorgio Vale, uno dei più ricercati terroristi neri dei Nar, i Nuclei Armati Rivoluzionari. Che, grazie ai contatti che gli aveva fornito Francesca Mambro, era ospitato nella zona di Roma Sudest da Luigi Sortino, ex militante di Avanguardia Nazionale e molto vicino a Palladino. Il quale, stremato, alla fine disse personalmente a Genova: «Seguite Sortino e troverete Vale». Il commissario interrogò Palladino di mattina e riscontrò in lui i tipici segni di chi era reduce da una notte di trattamenti.
Sguardo emaciato, occhiaie pronunciate, occhi fortemente arrossati, anzi cisposi, andatura barcollante, pesante stato di prostrazione psicofisica... Insomma, ebbe la certezza che anche il neofascista era passato per il waterboarding del professore.
Era il 2 maggio. Tre giorni più tardi la casa di Sortino di via Decio Mure veniva circondata da agenti dell’Ucigos e della Digos in assetto di guerra. Appena Sortino uscì, fu bloccato dagli Swat del Viminale, che gli presero le chiavi e si lanciarono all’assalto dell’abitazione. Furono centinaia i colpi sparati. Alla fine della battaglia Vale fu trovato in fin di vita con un colpo della sua pistola sparato a bruciapelo alla testa. Morì poche ore dopo in ospedale. I suoi camerati hanno sempre sostenuto che sia stato «suicidato» dalla polizia, che però ha sempre respinto sdegnosamente queste accuse.
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