Ricordando Giorgio Almirante nel trentaduesimo anniversario della sua morte
In occasione del trentottesimo anniversario della sua morte vogliamo ricordare la sua figura di giornalista e politico italiano con un articolo pubblicato dal collega Marcello Veneziani su Il Giornale in occasione del trentesimo anniversario della sua scomparsa.
Almirante trent'anni dopo
di Marcello Veneziani
Giorgio Almirante era un pifferaio magico. Incantava con la sua voce suadente e penetrava col suo sguardo di perla, toccava con delicata maestria le corde dell'uditorio. Lo infiammava col fascino del proibito, l'epopea dei vinti e il carisma della nostalgia. Tradusse il fascismo in fascinazione allusiva. Per i missini fu l'officiante della destra sociale e nazionale, tra il mito e la storia. Non aveva cultura politica e ideologica ma letteraria. Non Gentile o Evola, ma Dante e d'Annunzio.
Amava l'italiano, come lingua e come popolo. Non primeggiava in strategia politica e progetti lungimiranti, non aveva attitudine di governo, ma aveva nel sangue la politica come teatro, persuasione e liturgia della parola. Non aveva la schietta umanità di Romualdi né la lucidità politica di Michelini o de Marzio, ma riusciva più di tutti a farsi amare dal popolo di destra e a farsi ammirare da chi non lo votava.
Fu il più grande oratore della repubblica italiana, fluente in Parlamento e magnetico nelle piazze, gremite di gente e di tricolori e nei primi tempi bohémien, in avventurosi comizi su camion e tavolini fin nelle più sperdute periferie. Fu un gran giornalista e diventò il primo leader televisivo di successo. Nessun democristiano o comunista bucava il video come lui. Amava le donne, Mussolini e la Juventus e aveva la civetteria della superstizione. Domani è il suo centenario e lo ricordiamo come il paroliere d'Italia, unico leader politico che suscitava l'amor patrio in un Paese che si vergogna di se stesso.
MV, Il Giornale 2014
Nessun commento: