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Per il Sisde il terrorismo nero aveva i tratti della patologia psichica

Il testo che qui pubblichiamo è il primo di un nuovo filone editoriale del blog, che avrà cospicui sviluppi nei prossimi mesi. In questi mesi di clausura che ormai volgono al termine, ho accumulato tanti materiali "storici", disponibili in Rete ma noti oramai soltanto a pochi ostinati "cercatori". E invece molta di questa roba è interessante.
Cominciamo da un capitolo del Rapporto sull'estrema destra che il Sisde licenziò ai primi di ottobre del 1982, proprio nei giorni in cui la defezione di Walter Sordi dava una mazzata decisiva a quel che restava della guerriglia nera. Torneremo ancora sul dossier (qui potete scaricare il testo integrale) ma quello che presentiamo oggi è veramente una "chicca". Il Sisde infatti propone una lettura "psicopatologica" del terrorismo nero...
n.b.: gli intertitoli in maiuscolo grassetto sono nostri, tutto il resto no.

ATTI DELIRANTI A SOTTOFONDO POLITICO E IDEOLOGICO

Nell'analisi di un fenomeno politico e sociale, anche se si tratta di terrorismo, può essere pericolosamente deviante definire “folle”, un tipo di comportamento o di attività che, per le sue manifestazioni, può apparire irrazionale.
Un'interpretazione esclusivamente “psichiatrica” del fenomeno terroristico, oltre che riduttiva, può fuorviare nella ricerca delle motivazioni politiche e sociali, che non possono essere sottovalutate, ai fini di una soluzione definitiva del problema.
Per tali motivi, anche se sovente la pubblica opinione, attraverso i massmedia, tende a definire “deliranti”, gli atti e le motivazioni del terrorismo “nero”, è necessario, in sede di analisi, non trascurare il sottofondo politico o ideologico che può costituire la base (debole e inconsistente nella maggioranza dei casi), del fenomeno eversivo di destra. 

L'HOBBIT TIPO IDEALE DEGLI "AUTONOMI NERI"
Fatta questa premessa, tuttavia è possibile rilevare che a livello individuale e di massa, le espressioni ideologiche o pseudo culturali che sottendono l'attività eversiva di destra, mostrano delle carenze razionali di tale rilevanza, da indurre a considerare con attenzione le possibili note di immaturità e di insufficiente sviluppo della personalità degli individui che di esse si fanno portatori.
Valga, a titolo di esempio, l'esperienza dei “campi Hobbit”, festival “alternativi” che i giovani fascisti hanno tenuto tra 1976 e 1980.
Il nome scelto per tale raduno, è significativo già di per se; gli “Hobbit” sono le creature che popolano il mondo immaginario creato da TOLKIEN, professore di letteratura medievale a Oxford, ed autore del celebre romanzo fantastico “Signore degli anelli”. Il mondo a cui fa riferimento TOLKIEN è un mondo popolato da streghe, gnomi ed orchetti, perennemente in conflitto tra bene e male è assoluta e irriducibile. Il tipo ideale a cui si rifanno gli attuali “autonomi neri” sono per l'appunto questi: una purezza di per sé rivoluzionaria, un disprezzo assoluto per chiunque non appartenga alla stessa schiera e non ne condivida gli ideali e l'esaltazione della propria individualità nei confronti di un mondo inutile, corrotto e decadente.
In questo ambito, l'autoaffermazione della propria personalità è prioritaria rispetto a ogni altra esigenza.

LA PISTOLA COME STRUMENTO DI POTENZA
I miti dei giovani fascisti sono gli uomini “forti”, la pistola è amata in quanto strumento di potenza. Le simpatie per le Br sono dovute al fatto che anche loro sono contro il “sistema”.
Come nel mondo di TOLKIEN, si tratta di una realtà senza dialettica, che può essere solo affermata o negata. E' questo un discorso che in una società attraversata da forti tensioni sociali e politiche, come l'attuale, trova qualche possibilità di affermazione; essa rappresenta senza dubbio, una strada semplice e sicura per l'autoaffermazione. Non a caso, da qualche anno a questa parte, gli spazi di reclutamento dei neofascisti sono stati la borghesia medioalta, classe sociale caratterizzata da notevole crisi e da progressiva perdita di identità, e il sottoproletariato, che non può vivere per definizione, alcuna identità di classe.

UN IMPULSO INCONTROLLATO ALLA VIOLENZA E AUTODISTRUZIONE
L'assenza di una ideologia precisa, il richiamo a una simbologia autoritaria e al mito del superuomo, la ferrea e maniche separazione tra il bene e il male, forniscono materia per una copertura ideologica che anche uno psicopatico può attribuirsi.
Pertanto, nel terrorista di destra possono fondersi istanze diverse rappresentate da una ideologia eversiva labile e acritica, da un impulso incontrollato alla violenza e all'autodistruzione, da una possibile deviazione patologica della personalità che in alcuni casi non isolati, tende a risolversi in vera e propria psicosi.
La mancanza di controllo non è solo esterna, ma anche interna al gruppo ed è data dall'assenza di discussione, dall'incapacità di apprendere dall'esperienza a causa della rigidità caratteriale e dall'individualismo esterno. Un esempio di tale enunciato si ritrova nel volantino che rivendica l'uccisione del magistrato Mario AMATO, in cui è contenuto esplicitamente il richiamo all'individualismo: “bastano poche pistole, adesso ognuno tornerà alla propria abitazione e si preparerà alla prossima azione”.

I TRATTI PATOLOGICI DEGLI ESTREMISTI DI DESTRA
Un importante elemento di differenziazione tra terrorismo di destra e di sinistra, a livello individuale, è costituito dal frequente uso di droga (cocaina, eccitanti ecc...) riscontrato nei gruppi sociali che hanno espresso i singoli terroristi, non che da parte di singoli individui coinvolti in atti di terrorismo “nero”.
Il concetto di “presenza di dati psico-patologici” nell'ambito del terrorismo “nero” si basa sul concorde convincimento, espresso nella letteratura psichiatrica e psicologica specialistica, che la personalità di base degli estremisti di destra presenta tratti patologici.
Essa viene descritta in termini di “personalità gregaristico-autoritaria” forte con i deboli e deboli con i forti, scarsamente strutturata, con gravi squilibri funzionali, ma fortemente difesa da impenetrabili organizzazioni sovrastrutturali e da scariche di aggressività incontrollata ed eterodiretta. In questo senso la personalità autoritario-estremista può essere sintetizzata nei seguenti tratti essenziali:
  • ambivalenza nei confronti dell'autorità (sottomissione-aggressività);
  • incapacità d'introspezione;
  • aderenza a schemi convenzionali di comportamento con deficit della capacità di critica e con tendenza all'emulazione e all'iterazione degli atteggiamenti e dei comportamenti;
  • superstizione e stereotipia nella funzione del pensiero;
  • distruttività eterodiretta e talvolta autodiretta con cinismo di fondo (distacco emotivo dalla propria condotta e dalle conseguenza di essa);
  • sessualità disturbata e talvolta alienata;
  • basso livello di acculturazione e di maturità ideologica.
L'AUTOREALIZZAZIONE ATTRAVERSO LA DISTRUZIONE DEL NEMICO
Corre l'obbligo di ribadire che i dati derivanti dall'analisi sopra descritta hanno valore essenzialmente teorico (pur se basati sull'osservazione – anche in sede di perizia giudiziaria – di numerosi estremisti neri).
Sembrano tuttavia sufficientemente attendibili e utili per comprendere la potenzialità offensiva di individui i quali per superare varie condizioni di psicopatologia sociale (anomia, alienazione) inerenti alla loro collocazione di classe, nonché di psicopatologia individuale, tentano di superare il binomia anomia/alienazione, attraverso l'esecuzione dell'atto terroristico, vissuta come momento di autorealizzazione mediante la distruzione del “nemico” nella prospettiva dell'instaurazione di un regime “ordinato”, autoritario e fascista.

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