10 maggio 1952: muore a Milano Gino Boccasile, il grande illustratore della Rsi
Fu senza dubbio il più geniale e controverso illustratore dagli anni 20 agli anni 50 del Novecento eppure è stato sottoposto a un'implacabile damnatio memoriae. Parliamo di Gino Boccasile, il talentuoso disegnatore e grafico barese che con le Signorine Grande Firme ha rappresentato la versione mediterranea e nazionale da contrapporre al fenomeno delle pin up con cui la grande macchina dell'industria culturale americana stava invadendo l'Occidente.
A costargli il posto dietro la lavagna furono due sue scelte politiche scabrose. La prima fu la firma del Manifesto della razza del 1938, nonostante fosse il principale collaboratore di Pitigrilli, l'ebreo direttore appunto della testata portata al successo dalle tavole di Boccasile. Il giornale gli fu tolto e venne affidato a Cesare Zavattini ma un anno dopo finiva chiuso.
La seconda l'adesione alla Repubblica sociale di cui divenne il principale autore della cartellonistica di propaganda militare, visto che si era arruolato col rango di tenente nelle Waffen SS . Qualche anno fa, in occasione di uno stupro di branco a Rimini, Forza Nuova destò scandalo riprendendo il suo manifesto dedicato alle "marocchinate", le ciociare che per due giorni furono vittime, nel maggio del 1944, della brutalità delle truppe d'assalto a cui il generale francese Juin riconobbe 50 ore di diritto di preda.
Dopo la guerra Gino Boccasile fu processato e assolto dall'accusa di collaborazionismo e con la forza della sua creatività conquisto rapidamente un posto di primissimo piano nel mondo della pubblicità. Sono tanti i suoi manifesti che invadono l’Italia divenendo celebri, dal Formaggino Mio alla Lama Bolzano, dall’amaro Ramazzotti alle moto Bianchi, dal dentifricio Chlorodont allo Yogurth Yomo, dai profumi Paglieri allo shampoo Tricofilina. Ma produce anche le prime cartoline per il Msi e lavora come illustratore erotico per la stampa d'oltrealpi. Una carriera di nuova luminosa, stroncata da una morte improvvisa nel 1952, a 51 anni
A costargli il posto dietro la lavagna furono due sue scelte politiche scabrose. La prima fu la firma del Manifesto della razza del 1938, nonostante fosse il principale collaboratore di Pitigrilli, l'ebreo direttore appunto della testata portata al successo dalle tavole di Boccasile. Il giornale gli fu tolto e venne affidato a Cesare Zavattini ma un anno dopo finiva chiuso.
La seconda l'adesione alla Repubblica sociale di cui divenne il principale autore della cartellonistica di propaganda militare, visto che si era arruolato col rango di tenente nelle Waffen SS . Qualche anno fa, in occasione di uno stupro di branco a Rimini, Forza Nuova destò scandalo riprendendo il suo manifesto dedicato alle "marocchinate", le ciociare che per due giorni furono vittime, nel maggio del 1944, della brutalità delle truppe d'assalto a cui il generale francese Juin riconobbe 50 ore di diritto di preda.
Dopo la guerra Gino Boccasile fu processato e assolto dall'accusa di collaborazionismo e con la forza della sua creatività conquisto rapidamente un posto di primissimo piano nel mondo della pubblicità. Sono tanti i suoi manifesti che invadono l’Italia divenendo celebri, dal Formaggino Mio alla Lama Bolzano, dall’amaro Ramazzotti alle moto Bianchi, dal dentifricio Chlorodont allo Yogurth Yomo, dai profumi Paglieri allo shampoo Tricofilina. Ma produce anche le prime cartoline per il Msi e lavora come illustratore erotico per la stampa d'oltrealpi. Una carriera di nuova luminosa, stroncata da una morte improvvisa nel 1952, a 51 anni
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