Cinquant'anni fa il primo blitz contro il Mar di Fumagalli
Il Movimento di azione rivoluzionaria (MAR) nasce come braccio armato di Italia unita, un cartello di una quindicina di gruppi della destra promosso nel clima di “allarme rosso” del 1969 dall’ex partigiano Carlo Fumagalli, dall’avvocato monarchico Adamo Degli Occhi, dall’anarchico versiglieseGino Bibbi, dal poeta versigliese Raffaello Bertoli, pacciardiano, dall’ex sindaco socialdemocratico di Lovero, Gaetano Orlando, ma anche dal presidente del tribunale di Monza Giuseppe Sabalich, dal contrammiraglio in pensione Giuseppe Biagi, dal generale in congedo Felice Bertoldi e dall’avvocato pacciardiano Giuseppe Gattai.
Il MAR arruola chiunque – senza distinzione di credo politico – e per il finanziamento ricorre ai prelievi in banca da restituirsi dopo l’instaurazione della Repubblica Presidenziale, obiettivo strategico del movimento.
La prima assemblea nazionale di Italia Unita si svolge l’8 marzo 1970 al circolo giuliano-dalmata di Milano.
L’11 e il 14 aprile – dopo una serie di riunioni in Versilia – sono compiuti due attentati ai tralicci in Valtellina. Nel programma eversivo avrebbero dovuto seguire, tra il 24 ed il 25 aprile, trasmissioni radio pirata sulla Tv di Stato e black out estesi a Milano per scatenare il panico, poi attentati dimostrativi e assalti alle caserme.
Ma il 22, dopo le confidenze fatte al giornalista del Corriere della Sera Giorgio Zicari, Gaetano Orlando è arrestato con quattro valtellinesi, Armando Carrara, Franco e Pietro Romeri e Giulio Franchi. Nel processo che seguirà, Fumagalli – ritenuto il leader della formazione – sarà assolto per gli attentati e incriminato per cospirazione con altre 13 persone. Ecco la cronaca della "Stampa" del 24 aprile 1970
Il MAR arruola chiunque – senza distinzione di credo politico – e per il finanziamento ricorre ai prelievi in banca da restituirsi dopo l’instaurazione della Repubblica Presidenziale, obiettivo strategico del movimento.
La prima assemblea nazionale di Italia Unita si svolge l’8 marzo 1970 al circolo giuliano-dalmata di Milano.
L’11 e il 14 aprile – dopo una serie di riunioni in Versilia – sono compiuti due attentati ai tralicci in Valtellina. Nel programma eversivo avrebbero dovuto seguire, tra il 24 ed il 25 aprile, trasmissioni radio pirata sulla Tv di Stato e black out estesi a Milano per scatenare il panico, poi attentati dimostrativi e assalti alle caserme.
Ma il 22, dopo le confidenze fatte al giornalista del Corriere della Sera Giorgio Zicari, Gaetano Orlando è arrestato con quattro valtellinesi, Armando Carrara, Franco e Pietro Romeri e Giulio Franchi. Nel processo che seguirà, Fumagalli – ritenuto il leader della formazione – sarà assolto per gli attentati e incriminato per cospirazione con altre 13 persone. Ecco la cronaca della "Stampa" del 24 aprile 1970
Volantini e tritolo nelle valige
Andavano in giro con valigie piene di tritolo per il « raggiungimento di una repubblica presidenziale»: questo il compito che si erano assunto cinque appartenenti ad un movimento rivoluzionario di estrema destra, catturati ieri per attentati dinamitardi compiuti in Valtellina. Gli arrestati sono i ventiduenni Franco Romeri, Giulio Franchi, Armando Carrara e Pietro Romeri, di 21 anni, tutti di Sondrio, ed il quarantenne Gaetano Orlando, residente a Milano.
La vicenda di questi «corrieri del tritolo» comincia circa un mese fa con un episodio piuttosto banale. Una pattuglia della polizia di Sondrio intercetta un'auto guidata da un giovane, lungo una strada della Valtellina. Gli agenti frugano nella vettura e trovano un pacco di manifesti intestati a «Italia Unita», un'organizzazione di ispirazione fascista: altri di quei fogli erano stati incollati giorni prima su qualche muro della città, in spazi non riservati alle affissioni.
L'azione del Mar
Il conducente della macchina che trasportava il carico propagandistico è Pietro Romeri: viene posto in contravvenzione. Dice che l'auto non è sua, gli è stata imprestata da un amico. Il compagno si chiama Gaetano Orlando e viene rintracciato poco dopo: «Sì, — dice — la vettura appartiene a me e anche i manifesti sono miei. Ho avuto l'incarico di divulgarli». Tutto sembra finito qui, con una multa per affissione vietata. Ma la notte dell'I 1 aprile un boato scuote la quiete di Ganda di Tirano, un paesino a pochi chilometri da Sondrio: un traliccio dell'alimentazione elettrica della «Falk» si abbatte di schianto: è stato fatto saltare con una potente carica di tritolo. Alcuni giorni dopo, un altro scoppio in Valtellina, a Cepina di Val di Sotto: questa volta il traliccio preso di mira ha resistito perché saldamente sostenuto dai tiranti di acciaio e l'attentato si scoprirà più tardi.
La polizia ricorda i manifesti trovati sull'auto, agenti vanno a interrogare Pietro Romeri e Gaetano Orlando. I due negano ostinatamente, ma gli indizi a loro carico si fanno pesanti. Gli investigatori apprendono tra l'altro che parecchi fogli ciclostilati sono stati inviati ad alcune banche e ad altri istituti: i fogli recano la firma del Mar, un movimento collegato a «Italia Unita», il quale sostanzialmente rivendica la paternità degli attentati. Nelle lettere si minacciavano altre interruzioni di linee elettriche, in Valtellina ed a Milano. Alle minacce seguiva il programma del « Movimento di azione rivoluzionaria ». C'era scritto fra l'altro: « La sperequazione infuria », « La riforma giudiziaria e carceraria è una presa in giro. L'indipendenza della magistratura è compromessa. La riforma tributaria è un equivoco legalizzato. Le forze dell'ordine sono umiliate ». E, infine, la suprema aspirazione dei terroristi: « Il Mar combatte il sistema con ogni mezzo sino al raggiungimento di una repubblica presidenziale ».
I mandati di cattura
Pietro Romeri e Gaetano Orlando continuano a respingere le accuse, ma sul tavolo degli inquirenti si accumulano gli elementi contro di loro e contro i presunti complici. Infine, il procuratore della Repubblica di Sondrio, dott. Bruno Mazzotta, che dirige l'inchiesta, emette mandato di cattura nei confronti dei cinque uomini. I due Romeri e il Franchi sono arrestati a Sondrio: in servizio di leva presso un reggimento d'artiglieria di Merano, erano a casa in licenza. Il Carrara, ammalato, è dichiarato in arresto nell'ospedale militare di Baggio (Milano). L'Orlando viene bloccato nel suo alloggio milanese. Le accuse per tutti sono di associazione per delinquere, detenzione di materiale esplosivo, interruzione di linee elettriche e danneggiamento. Loro ripetono di essere estranei agli atti dinamitardi. Tuttavia, c'è anche il sospetto che facciano parte di un'organizzazione piuttosto consistente, la quale si sarebbe prefisso un programma terroristico su vasta scala. Non si può escludere infatti, secondo gli inquirenti, un collegamento fra le esplosioni in Valtellina ed episodi avvenuti in altre parti d'Italia.
Foschi preparativi
L'8 aprile scorso una carica di dinamite scoppiò a Bereguardo, nei pressi di Pavia, alla base di un grande traliccio per l'alimentazione elettrica tra Milano e La Spezia. Sette giorni dopo, un altro attentato fu compiuto lungo la linea Beinasco-Pinerolo, in provincia di Torino, dove i dinamitardi posero una carica accanto ad un pilone. Gli ultimi episodi sono quelli di Finale Ligure, dove sono stati trovati sedici candelotti di dinamite e due metri di miccia a lenta combustione nei pressi di un torrente, e di Asti. Qui, alla periferia della città, la polizia ha scoperto, accanto ad un palo della ferrovia, alcuni tubi di esplosivo muniti di detonatore; una delle micce appariva bruciacchiata. Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire (ma le indagini sono particolarmente difficili) se questi fatti rientrino in un unico piano d'azione terroristica. Si dice che esponenti di organizzazioni di estrema destra si siano dati convegno qualche tempo fa in Versilia: durante questa riunione, sarebbe stata progettata una « settimana di fuoco », una specie di lunga incursione terroristica in diverse località d'Italia.
Nessun commento: