1 aprile 2006, i funerali di Peppe Dimitri: quando combattere è un destino
Peppe Dimitri muore ancora giovane, alla soglia dei 50 anni, travolto con la sua motocicletta da un camerata che correva in ospedale per paura di essere stato colpito da un infarto. Sulla sua cerimonia funebre, celebrata il 1° aprile, ha scritto pagine memorabili Nicola Rao, elevando l’episodio a evento simbolico della conclusione di un ciclo e di una vicenda storica, l’ultima grande manifestazione del neofascismo italiano (anche se pochi mesi dopo analoga cerimonia avrà valenza e caratteristiche in parte analoghe per Nico Azzi a Milano).
Sull’antefatto ricorriamo ancora alla testimonianza di Daniele Liotta, che sarà uno degli «alfieri» della cerimonia (nella foto è il camerata a destra di Adinolfi):
Si devono organizzare le esequie, si dibatte sulle modalità. La sera a cena mi ritrovo a parlare con Stefano Delle Chiaie sull’opportunità di avvolgere Peppe con la bandiera di Avanguardia nazionale, ci sono titubanze, io sostengo che tutte le organizzazioni che hanno maggiormente caratterizzato la militanza politica di Peppe debbano donare il proprio simbolo distintivo con i dovuti onori al guerriero che giace. La bandiera con la Runa sarà posta dentro la cassa, così anche una spilla d’argento con il nodo di rune di Terza posizione che Gabriele Adinolfi apporrà la mattina durante il picchetto d’onore alla camera mortuaria. La notte antecedente il funerale, Roma vede migliaia di persone di ogni età in strada ad attaccare dei maxi manifesti con raffigurata una quercia innevata e la scritta: COMBATTERE È UN DESTINO – ONORE A PEPPE DIMITRI, manifesti realizzati a tempo di record con i quali sono stati tappezzati i muri di Roma da squadre di attacchinaggio composte da 10-15 macchine colme di gente cadauna. Per chi lo fatto almeno una volta nella propria vita sa che è pazzesca una cosa del genere, di solito si esce con una macchina e 233 persone al massimo. Ricordo che si facevano i turni con le scope e la colla, tutti si voleva avere l’onore di mettere almeno un manifesto del Comandante. Si discute anche sull’opportunità di salutare Peppe col saluto romano durante le esequie, a qualcuno di Alleanza Nazionale il «presente» potrebbe creare problemi, io e Francesco Bianco siamo in macchina insieme, ed entrambi siamo dell’idea che a Peppe quest’onore non può essere negato, costi quel che costi. Il «presente» verrà poi eseguito. L’appuntamento è per le 7 all’obitorio. Tra i vari capannelli ci si consulta e si definiscono i dettagli per lo svolgimento della cerimonia funebre. La famiglia ha organizzato una messa che si terrà alla Basilica degli Angeli, ai piedi del Campidoglio. Mi colpisce Barbara, per l’immensa dignità mostrata in questi giorni terribili, nei quali sembrava che il mondo si fosse fermato. È quasi lei a consolare gli altri. Le ricordiamo, e lei con onestà conviene, che Peppe avrebbe voluto una cerimonia «pagana» . Stabiliamo che ci si ritroverà dopo qualche giorno per quella particolare celebrazione. Intanto si organizzano 3 squadre che porteranno la bara in 3 momenti diversi: dall’obitorio al carro funebre, poi dal carro fin dentro la chiesa, ed al termine dalla chiesa al carro. Vi sarà un picchetto d’onore rappresentante due punte di freccia che scorteranno Peppe nel suo ultimo viaggio. Gabriele Adinolfi è il vertice della punta che avanza la bara, con me e Stefano Caponnetti alle estremità, Francesco Bianco è il vertice della punta che segue. Riccardo Mancini organizza e coordina il tutto, poi la bara di Peppe verrà tumulata nella sua cappella di famiglia, al cimitero di Prima Porta.
Altro momento celebrativo memorabile è l’evento organizzato per la ricorrenza di un anno dalla morte. In un capannone sulla via Portuense diverse centinaia di persone partecipano a una proiezione di immagini che ripercorrono la vita di Peppe, l’attivismo degli anni Settanta senza esclusione di colpi e la sua visione spirituale della vita che per lui meglio si esplicitava nella purezza delle vette. Roberto Maggi, commosso, spiega alla platea la necessità di perpetuare il suo esempio, parlando delle sue qualità umane. Liotta illustra la scelta di un particolare simbolo per quella serata, che incarni la personalità dello scomparso: una freccia che punta verso l’alto, la runa Tiwaz, il dio del cielo, Tyr, che significa «luce fredda, splendore celeste», ripete il simbolo della Stella polare che è fissa, attorno al quale tutto il cielo ruota. La runa che senza ostentazione Dimitri si è tatuata su un polso.
Si devono organizzare le esequie, si dibatte sulle modalità. La sera a cena mi ritrovo a parlare con Stefano Delle Chiaie sull’opportunità di avvolgere Peppe con la bandiera di Avanguardia nazionale, ci sono titubanze, io sostengo che tutte le organizzazioni che hanno maggiormente caratterizzato la militanza politica di Peppe debbano donare il proprio simbolo distintivo con i dovuti onori al guerriero che giace. La bandiera con la Runa sarà posta dentro la cassa, così anche una spilla d’argento con il nodo di rune di Terza posizione che Gabriele Adinolfi apporrà la mattina durante il picchetto d’onore alla camera mortuaria. La notte antecedente il funerale, Roma vede migliaia di persone di ogni età in strada ad attaccare dei maxi manifesti con raffigurata una quercia innevata e la scritta: COMBATTERE È UN DESTINO – ONORE A PEPPE DIMITRI, manifesti realizzati a tempo di record con i quali sono stati tappezzati i muri di Roma da squadre di attacchinaggio composte da 10-15 macchine colme di gente cadauna. Per chi lo fatto almeno una volta nella propria vita sa che è pazzesca una cosa del genere, di solito si esce con una macchina e 233 persone al massimo. Ricordo che si facevano i turni con le scope e la colla, tutti si voleva avere l’onore di mettere almeno un manifesto del Comandante. Si discute anche sull’opportunità di salutare Peppe col saluto romano durante le esequie, a qualcuno di Alleanza Nazionale il «presente» potrebbe creare problemi, io e Francesco Bianco siamo in macchina insieme, ed entrambi siamo dell’idea che a Peppe quest’onore non può essere negato, costi quel che costi. Il «presente» verrà poi eseguito. L’appuntamento è per le 7 all’obitorio. Tra i vari capannelli ci si consulta e si definiscono i dettagli per lo svolgimento della cerimonia funebre. La famiglia ha organizzato una messa che si terrà alla Basilica degli Angeli, ai piedi del Campidoglio. Mi colpisce Barbara, per l’immensa dignità mostrata in questi giorni terribili, nei quali sembrava che il mondo si fosse fermato. È quasi lei a consolare gli altri. Le ricordiamo, e lei con onestà conviene, che Peppe avrebbe voluto una cerimonia «pagana» . Stabiliamo che ci si ritroverà dopo qualche giorno per quella particolare celebrazione. Intanto si organizzano 3 squadre che porteranno la bara in 3 momenti diversi: dall’obitorio al carro funebre, poi dal carro fin dentro la chiesa, ed al termine dalla chiesa al carro. Vi sarà un picchetto d’onore rappresentante due punte di freccia che scorteranno Peppe nel suo ultimo viaggio. Gabriele Adinolfi è il vertice della punta che avanza la bara, con me e Stefano Caponnetti alle estremità, Francesco Bianco è il vertice della punta che segue. Riccardo Mancini organizza e coordina il tutto, poi la bara di Peppe verrà tumulata nella sua cappella di famiglia, al cimitero di Prima Porta.
Altro momento celebrativo memorabile è l’evento organizzato per la ricorrenza di un anno dalla morte. In un capannone sulla via Portuense diverse centinaia di persone partecipano a una proiezione di immagini che ripercorrono la vita di Peppe, l’attivismo degli anni Settanta senza esclusione di colpi e la sua visione spirituale della vita che per lui meglio si esplicitava nella purezza delle vette. Roberto Maggi, commosso, spiega alla platea la necessità di perpetuare il suo esempio, parlando delle sue qualità umane. Liotta illustra la scelta di un particolare simbolo per quella serata, che incarni la personalità dello scomparso: una freccia che punta verso l’alto, la runa Tiwaz, il dio del cielo, Tyr, che significa «luce fredda, splendore celeste», ripete il simbolo della Stella polare che è fissa, attorno al quale tutto il cielo ruota. La runa che senza ostentazione Dimitri si è tatuata su un polso.
È la divinità più potente nell’ambito naturale, il dio della guerra (il Marte romano), protettore di chi lancia sé stesso, lucidamente, nella mischia. Si tratta della facoltà indispensabile per compiere indenni il completo viaggio nel «mondo di sotto». La luminosità fredda simboleggia l’autodominio, ossia quel caratteristico «porsi a distanza» dalle vicende esteriori come pulsioni interiori (cfr. il classico della cultura induista, la Bhagavad gita), che ha segnato il particolare percorso «ascetico» di Dimitri. Andrea Purg a t o r i o salterà sul palco appropriandosi del microfono, raccontando un aneddoto nel quale quasi un vaticinio rivelerà a Peppe stesso che quella è proprio la sua Runa. C’è anche Mimmo Magnetta, giunto appositamente da Milano, che, dopo il discorso del suocero Giano Accame, comanderà un «presente» molto particolare, come ricorda Adinolfi:
La funzione religiosa a cerimoniale cristiano ha potuto legare strettamente a lui, in quel rituale di sacralità, i familiari e coloro che credono cristianamente; ma anche tutti quelli che, con Peppe, da sempre hanno un forte legame sacro e prisco con il sovramondo, legame che trascende i singoli veicoli di trasmissione dai quali non si lascia ossessionare. Poi la serata: un video per Peppe in una sala arredata da centinaia di bandiere appese al soffitto, sistemate a righe alterne, rosse con la Runa nera e nere con la Runa rossa. La Runa scelta è stata quella di Tiwaz, dedicata a Tir e, per assimilazione a Marte; Runa solare, guerriera e regale che Peppe amava particolarmente e che si era tatuata senza ostentazione su un polso. Fra le tante Rune che hanno segnato il percorso di Peppe, da quella di Avanguardia a quella di Terza Posizione, si è pensato di scegliere quest’ultima che, appunto, non ne esprime un segmento del percorso esistenziale ma in qualche modo un suggello. Dopo il concerto, in cui si è anche ascoltato il brano inedito arrangiato da Francesco Mancinelli su di una poesia preparata per Peppe dal suo camerata Cesare, è stato ricordato che la Falange quando acclamava i suoi morti li salutava uno a uno con il grido di “Presente!” Ma alla fine, nel chiamare José Antonio la sala si rivolgeva a lui gridando “Assente!” Si rifiutava di pensarlo morto e si attendeva che giungesse da un minuto all’altro per colmare quell’insopportabile vuoto. Così accade per Peppe: Roma Antica e futurista gli ha rivolto lo stesso saluto di José Antonio. “Comandante Dimitri: Assente!”
La funzione religiosa a cerimoniale cristiano ha potuto legare strettamente a lui, in quel rituale di sacralità, i familiari e coloro che credono cristianamente; ma anche tutti quelli che, con Peppe, da sempre hanno un forte legame sacro e prisco con il sovramondo, legame che trascende i singoli veicoli di trasmissione dai quali non si lascia ossessionare. Poi la serata: un video per Peppe in una sala arredata da centinaia di bandiere appese al soffitto, sistemate a righe alterne, rosse con la Runa nera e nere con la Runa rossa. La Runa scelta è stata quella di Tiwaz, dedicata a Tir e, per assimilazione a Marte; Runa solare, guerriera e regale che Peppe amava particolarmente e che si era tatuata senza ostentazione su un polso. Fra le tante Rune che hanno segnato il percorso di Peppe, da quella di Avanguardia a quella di Terza Posizione, si è pensato di scegliere quest’ultima che, appunto, non ne esprime un segmento del percorso esistenziale ma in qualche modo un suggello. Dopo il concerto, in cui si è anche ascoltato il brano inedito arrangiato da Francesco Mancinelli su di una poesia preparata per Peppe dal suo camerata Cesare, è stato ricordato che la Falange quando acclamava i suoi morti li salutava uno a uno con il grido di “Presente!” Ma alla fine, nel chiamare José Antonio la sala si rivolgeva a lui gridando “Assente!” Si rifiutava di pensarlo morto e si attendeva che giungesse da un minuto all’altro per colmare quell’insopportabile vuoto. Così accade per Peppe: Roma Antica e futurista gli ha rivolto lo stesso saluto di José Antonio. “Comandante Dimitri: Assente!”
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