Una domanda su Napoli. Mormile: la morte del giovane Ugo Russo e il ghetto dei quartieri periferici creati da partiti e società
Possiamo piangere un ragazzo senza linciare il carabiniere? Questa è la domanda, con tanto di punto interrogativo che si pone Piero Sansonetti, in un editoriale pubblicato sulla prima pagina de Il Riformista di martedì 3 marzo, alla quale cerca di dare una risposta.
Domanda che abbiamo girato a diversi esponenti del variegato mondo della "destra italiana", nelle sue mille articolazioni, come nel caso di Franco Mormile storico attivista missino partenopeo, militante di piazza di lungo corso, in un recente passato dirigente provinciale de la Destra di Storace che cosi ci ha risposto.
Un circolo vizioso di cui è inutile cercare l’origine. Un ragazzo ha terminato la sua vita triste (perché solo nella disperazione si trova la forza di una rapina) un giovane uomo ha iniziato una vita triste (perché da domenica notte non è più lo stesso). Mettere in carcere chi ha devastato i Pellegrini o il carabiniere cambierà qualcosa? Rimane il degrado, la miseria, la mancanza della speranza di una vita migliore. È su questo che ci vorremmo confrontare.
Domanda che abbiamo girato a diversi esponenti del variegato mondo della "destra italiana", nelle sue mille articolazioni, come nel caso di Franco Mormile storico attivista missino partenopeo, militante di piazza di lungo corso, in un recente passato dirigente provinciale de la Destra di Storace che cosi ci ha risposto.
Si può cambiare qualcosa? Si può trarre spunto da questo dramma che ha travolto tante vite per iniziare un percorso diverso? Vorremmo poter fare qualcosa, ma non sappiamo da dove cominciare.
Che fa la società, la città di Napoli per i quartieri? Rimangono un ghetto. Senza servizi, senza opportunità, senza un’offerta di formazione che possa prospettare un futuro diverso. E tanti giovani si perdono. Questo ci ha rimesso anche la vita. Non ne vogliamo fare un santo anzi, vogliamo che sia conosciuto il dramma perché diventi un esempio, perché altri giovani abbiano una vita diversa. E se noi, semplici cittadini pensosi dei drammi che ci circondano e ci coinvolgono, siamo disposti a metterci la faccia e fare qualcosa di concreto perché tutto ciò cambi, ci aspettiamo che anche il comune, la regione, i partiti, invece di pensare a cose astratte ed ai propri interessi, facciano qualcosa. Nessuno fa nulla perché pare un problema troppo grande, ma “piccola fiamma gran fuoco seconda”. Inizieremo a fare qualcosa cominciando dal poco e certamente riceveremo aiuto da altri, senza porre colori politici o bandierine di appartenenza, uniti solo dall’amore per la nostra città, da uno sconfinato amore per la nostra Napoli.
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