Una domanda su Napoli. Colella: possiamo piangere i due ragazzi
Possiamo piangere un ragazzo senza linciare il carabiniere? Questa è la domanda, con tanto di punto interrogativo che si pone Piero Sansonetti, in un editoriale pubblicato sulla prima pagina de Il Riformista di martedì 3 marzo, alla quale cerca di dare una risposta.
Domanda che abbiamo girato a diversi esponenti del variegato mondo della "destra italiana", nelle sue mille articolazioni, ad intellettuali nostri attenti lettori, come nel caso dell'avvocato Mario Colella che sentito telefonicamente mi dichiara: "non solo si può piangere il ragazzo senza linciare il carabiniere ma si può piangere due ragazzi, la loro tragedia, che poi è quello che oggi ci manca, il senso del tragico greco, del corale, tutti presi come siamo a pontificare, a indignarci, a vestire i panni dei giudici su internet. Tenendoci a debita distanza da certi posti, dalle situazioni, privandoci della conoscenza che ci porterebbe a capire che da sempre la molla delle azioni, del nostro stesso vivere è non la morale ma la fame, non necessariamente di pane. L'etica viene dopo, ma non può esserci dove si è abdicato a parlare alla gente un linguaggio di passione e potenza. Che è un esercizio difficile, più comodo il manicheismo. Mi basterebbe tornare agli anni 80 dove a Napoli giornalisti giovani come Siani o Carmine Spadafora andavano a cercare le notizie sul posto, a sporcarsi, a capire.
E magari accadeva al secondo di entrare nel regno dei Giuliano e raccogliere le confidenze di uno di loro che voleva uscire dalla merda. Perché nessuno è senza speranza (anche se allora era un po' diverso, c'erano i clan che incanalavano in qualche modo una fame, anche diversa da quella di oggi, che trova il suo unico e autentico simbolo nel Rolex). Il mio consiglio è leggere certe pagine di Levi su I salvati e i sommersi: la vita, nel lager come qui, è complessa, non ci sono buoni che sono solo buoni e cattivi che sono solo cattivi, valeva per il lager, vale anche per noi.
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