Letti da noi 25/ 10 febbraio dalle foibe all'esodo. Il primo libro di Roberto Menia
10 febbraio dalle foibe all'esodo, è il titolo del nuovo libro di Roberto Menia, storico esponente triestino del Movimento Sociale Italiano prima, di Alleanza Nazionale poi, di Futuro e libertà, ora dirigente di Fratelli d'Italia inserito nella collana i libri del Borghese disponibile in libreria ed anche nei negozi virtuali presenti in rete al costo di 18 euro.
A recensire il libro di Roberto Menia, di cui consigliamo una attenta ed approfondita lettura, soprattutto in questi giorni, caratterizzati dalla quarantena causa corona virus è Antonio Mazzella, prezioso collaboratore del blog, arricchita anche da racconti personali.
Davvero instancabile, Roberto Menia, da Trieste, dalla Ricorrenza del Giorno del Ricordo, è stato in giro per l’Italia, finché situazioni contingenti non hanno imposto un fermo a questa sua attività, ma prima ancora che iniziasse questo suo girovagare finalizzato a presentare il suo Libro “10 febbraio: dalle foibe all’esodo”,
L’Autore mi ha fatto virtualmente dono di una copia del suo libro, che ancora non sono riuscito ad avere fra le mani, che ancora giace nella sua borsa da viaggio, con una dedica che ancora non ho letto...in attesa che ci sia l’occasione propizia per rincontrarci...eppure, se per la dedica potevo, e posso ancora, aspettare, avevo necessità di leggerlo, il libro, quantunque trattasse argomenti a me ben noti, e fin da tempi non sospetti, ne possa parlare a ragion veduta, (purtroppo quale eccezione in questa distratta italy, “non donna di provincia” del dopo yalta), non per mio merito, ma per la lezione, impartita al mio cuore, prima che al mio intelletto, che seppe dare mio padre, cultore di storia che allora apprezzai, (anche se, crescendo, in troppe altre occasioni, su altri argomenti, in futuro non avrei condiviso), che mi portò, ragazzino, a visitarne i Luoghi, perché, pur se in una nazione, all’epoca, dimentica e distratta, io ne preservassi la conoscenza e la memoria.
Sì, avevo proprio necessità di leggere questo libro, e non solo per recensirlo. Insomma, ci tenevo, e molto...
Forse per il richiamo dei miei luoghi nativi, che per uno strano scherzo il destino ha fatto in modo che fosse una fortezza veneziana, nel cuore del Friuli Venezia Giulia, nota nel mondo per la sua pianta a forma di stella, per aver opposto solide mura, possenti bastioni, astuzia, strategia e coraggio ad invasori preponderanti per armi e per numero, ma evidentemente, non per spirito, né per ingegno…per me, “Ischitano” per Stirpe, “Napulitano” per Sangue, “Partenopeo” per Cuore, “Duosiciliano” per testa, “Meridionalista” per intimo sentire.
Ed è stato grazie a quella che più di qualcuno si ostina a chiamare, con una definizione bonaria, ma non troppo, “una diavoleria moderna”, se ho potuto leggerlo prima di riceverlo “pro manibus”.Infatti, mi è arrivato via mail, in “formato pdf”.
E l’ho cominciato. Dopo poche, pochissime pagine, mi sono fermato, per riprendere fiato…ce ne sono alcune che tolgono il respiro...ed ho ripreso...ho continuato senza sosta...finché, dopo aver più volte rimandato...beh, ho dovuto interrompere la lettura per questioni contingenti… per riprenderla non appena ho potuto...ed infine, l’ho terminato, e digitato un ultimo tasto, sul computer, per lasciar scivolare via l’immagine delle pagine dallo schermo...o “monitor”, o “display”...quasi incredulo di essere arrivato alla fine di un...come si chiama?!?...”E-book”?!?… insomma, quel che sia…il primo che abbia mai letto del tutto...
E...sì, mi sono mancati il fruscio della carta, il profumo della stampa, in questo caso con fragranza fresca, l’odore stesso di quelle pagine, scritte con metodo, e passione, vergando forse, di proprio pugno, segni convenzionali d’inchiostro, a significare parole, poi riportate in caratteri tipografici… Insomma, mi è mancato il Libro, sì...creatura viva e vivente, che trasmette sensazioni prima ancora che messaggi, che parla con parole non pronunciate (ma ascoltate, toccate con mano, assaporate, annusate, viste) e trasmesse, dunque, tramite tutti e cinque i sensi, ma anche, con sensazioni avvertite interiormente, ad un sesto (senso), a chi ce l'ha...rivolgendosi allo spirito, ed al cuore, prima ancora che alla testa, e magari alla “pancia”…
La storia è spesso l’insieme di quei fatti di cronaca, di quel che accade, di quanto donne ed uomini vivono, nel loro quotidiano, e di come vivono, certo, ma anche di come muoiono, e perché. E di tutto quel che succede nel frattempo. E spesso la storia la si intende meglio, la si comprende più in profondità, e se ne colgono risvolti altrimenti difficilmente fruibili, (se relegati ad un’umana conoscenza “a posteriori”), passando per esperienze singole, individuali, familiari, di nuclei ristretti, in contesti limitati, e “presi a campione”, come si direbbe oggi, per estrapolarne una sorta di resoconto, da proiettare, poi, su territori più estesi, ancorché omogenei, per tessuto sociale, piuttosto che caratteristiche di altro genere e grado...e non solo per formulare statistiche…
Roberto Menia, deputato di Trieste al Parlamento per ben cinque legislature, ha letto, studiato ed approfondito pagine di storia tragica, nascosta, minimizzata, negata, che (sia pur tardivamente e non ancora appieno, se troppo spesso anche nelle sue istituzioni si lascia spazio a comportamenti inadeguati, rispetto alle disposizioni emanate…) questa repubblica ha riconosciuto, come memoria da condividere.
Quello che troppo spesso viene sottaciuto, è che le popolazioni d’Italia che subirono quello che dovettero patire, anche a guerra finita, lo subirono come italiani, e quindi come fascisti, perché, che lo fossero o meno, Tali furono considerati, perché Italia e Fascismo, nell’immaginario collettivo, a torto o a ragione, costituirono un unico monolite.
Che questo fosse vero o meno, nei fatti, può anche essere considerato opinabile, ma è innegabile che il Fascismo trovò negli anni del consenso l’apice in questa simbiosi, fra governo e popolo italiano, ed è altrettanto vero, che questa fu ritenuta indissolubile, sia pur strumentalmente, probabilmente in maniera pretestuosa, da parte di comunisti slavi, croati e non solo, e dei comunisti italiani, rinnegati. In ogni caso, le popolazioni italiane di quelle Terre, furono consegnate come vittime sacrificali innocenti ed inermi, ad un odio etnico ed ideologico, complici per esigenze dettate da alleanze perverse, anche gli angloamericani.
Roberto Menia ha voluto raccogliere spezzoni di vita, di vite vissute, e troppo spesso sottratte a questa storia, vite gettate via, irrimediabilmente perse, lacerando anche quelle di chi ebbe la ventura di sopravvivere…una di queste è quella che ha vissuto sulla sua stessa pelle, per retaggio familiare, prima, quindi per convinzione di parte, di una parte...di quella parte che, davanti alla menzogna imposta dai vincitori, come una metaforica onnipresente spada di Brenno, sulla bilancia della “storia”, non ha chinato il capo, ma ha alzato la testa e combattuto...per la verità.
Roberto Menia, si è sempre battuto per contribuire a far sì che pagine di storia non ancora scritte con giustizia, venissero riconosciute come tali… e, devo dire, il suo impegno lo ha visto anche primo firmatario della proposta che ha ottenuto, finalmente, con Legge del 30 marzo 2004, n° 92, che venisse istituito “il 10 febbraio quale Giorno del Ricordo, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli Italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli Istriani, Fiumani e Dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”, che, in qualche modo, sia pur tardivamente, ha sancito il diritto di queste Nostre Genti, di veder riconosciuto, almeno, se non altro, il loro Martirio, ed il genocidio che subirono, perché Italiani.
E, così, ha raccolto storie di vita vissuta, anche di singoli, di nuclei familiari, di intere comunità, sempre dando attenzione anche a fatti individuali, in contesti più ampi, come a fornire una cartina al tornasole degli accadimenti generali, partendo proprio da quei particolari...che fanno la differenza, appunto, la vita di donne, ed uomini di quei luoghi d’una Italia ferita e mutilata.
In tempi attuali, in cui quando si parla di “uomini e donne” sembra si tiri in ballo una trasmissione televisiva forse di dubbio gusto, ma di indubbio successo, che ci consente di sentire il polso della situazione italica, e comprendere quanto possa stare male, questa società triste, in cui i rapporti umani, che si vorrebbero ispirati, comunque, a sentimenti, diventano, invece, “spettacolo” da televisione d’intrattenimento per un pubblico senza troppe pretese, ed annoiato… mentre nella società, le figure cardine del suo nucleo fondante, della famiglia, quindi il “papà” e la “mamma”, si vorrebbero contrabbandare come genitore 1 e genitore 2, senza neanche sapere a che genere assimilare queste diciture, con l’ovvio intento di far passare il messaggio che un non meglio determinato genitore “numerato”, e/o il suo contraltare, possano essere dello stesso genere, sì, per capirci meglio, dello stesso sesso...e, dunque, un bimbo potrebbe trovarsi con due genitori (ipotetici, null’altro che presunti), appunto, entrambi dello stesso sesso, sì, dello stesso genere...in sintesi… due maschi o due femmine…
Roberto Menia ha avuto il merito di iniziare e terminare questa ricerca, simbolicamente, con due Donne, emblema, l’Una e l’Altra, della tragedia di questi luoghi d’Italia e delle sue Genti…
...Aprire e chiudere con due Donne, sì: Donne, come la Patria, Madre… che sarebbe potuta essere come una sorella, una sposa, una figlia, una mamma per ogni italiano
L’Una indifesa, inerme, resa succube, eppure sopravvissuta a vessazioni e botte, a torture e sevizie. A mortificazioni della carne e dello spirito, stuprata e stuprata ancora, ma fino alla fine, resistette, Norma...ed anche sul ciglio della foiba, ne abusarono ancora, ma non paghi dell’orrore inflittole, il branco dei carnefici stupratori sostituì con furia bestiale, a loro stessi, il legno incolpevole di un ramo, di un bastone, inanimato come i loro cuori infingardi e bastardi, bastardi come loro...e, infine, la mutilarono orribilmente, prima di spingerla giù, nel dirupo carsico, nella foiba di Villa Surani…
L’Altra, una sorta di angelo vendicatore, Maria, che a Pola sparò al generale inglese R.W. De Winton, che avrebbe consegnato la Città alle bande assassine di Tito, proprio mentre sfila alla testa delle sue truppe, per poi consegnarsi al nemico, subirne la condanna, e rifiutare di chiedere la grazia, accettando la pena che vollero comminarle, che seppe affrontare con compostezza e dignità, giorno per giorno, per tutti gli anni che trascorsi, finché lo stesso sistema giudiziario che non aveva potuto non condannarla, ritenne di doverla scarcerare...
Leggendo le pagine di testimonianza raccolte da Roberto Menia...
- non sono gli interrogatori spietati, le torture, gli stupri, i massacri, subiti da persone inermi, eppure bollate come nemici, per la loro sola appartenenza al popolo italiano…
non sono le le esecuzioni sommarie, eseguite non solo in momenti in cui infuriava l’immane tragedia della guerra, ma soprattutto in tempi di cosiddetta pace, ad armi, almeno unilateralmente, deposte, da parte di quanti risultarono Sconfitti militarmente…
- non sono gli annegamenti, le impiccagioni, le crocifissioni,i colpi alla nuca, l’assassinio dopo sevizie immani, anche a colpi di pietre (portate a spalla dallo stesso condannato), anche a colpi di piccone, (quale estrema forma di oltraggio nel perverso e spregevole codice comunista, e slavo, dell’epoca)…
- e, forse, non sono neanche le foibe, pur con il loro corollario infinito di orrori, sofferenze e dolore, di lutto e di Sangue…
No, non sono queste violenze bestialmente inflitte a prigionieri indifesi, e non è l’odio immotivato del nemico, la sua bassezza morale, la sua infingardaggine di essere infido, privo di ogni morale e senza vergogna, maggiormente lascia attoniti, e con l’amaro in bocca...ma sono…
- l’estrema offesa prima del martirio, (negli stupri, nel venir depredati di ogni bene, oltraggiati oltre ogni limite anche prima della morte, nell’umiliazione pervicace e sadica, nell’imposizione del degrado e nel dileggio…anche quando chiedevano acqua, i prigionieri derelitti...e perché mai, dunque negar loro dell’acqua ?...ed invece negarla, o offrirla putrida di fango o di escrementi, oppure dare una tanica di nafta, un fiasco di urina, perfino un bicchiere del loro stesso sangue…
ed ebbe a dire, Uno di Questi Eroi dimenticati, quando gli chiesero, per schernirlo, cosa gliene paresse, “è buono… è un bicchiere di buon sangue italiano”)…
- il disprezzo postumo, volto anche, in qualche caso, a mascherare l’accaduto, non per improbabile vergogna, ma per celare agli occhi ed all’olfatto di imprevisti ed indesiderati esploratori nemici, almeno nell’immediato, i luoghi dei misfatti compiuti, che a volte si concretizzava nello scaricare nello stesso dirupo in cui erano stati fatti precipitare morti e vivi, feriti lievi, non ancora morenti, immondizia mista a sterpaglie e zolle di terra, ed a volte anche cadaveri di animali uccisi… in qualche caso, in cui la superstizione era più viva nelle menti dei torturatori assassini, si optava scientemente per uno o più cani, meglio se di pelo nero...
- l’oblio, la damnatio memoriae, in cui tutto questo era stato scientemente relegato, dall’indifferenza di chi avrebbe, invece, dovuto reagire a quel che accadeva, opporvisi, comunque denunciarlo, porlo all’indice, urlarlo ai quattro venti...ed invece, per giochi di palazzo o faziosità infame, per calcolo o convenienza, per pregiudizio ideologico o inimicizia pregressa, quando pure non avesse fatto altro...eppure c’è chi l’ha fatto, altro… ha comunque girato lo sguardo altrove, ha taciuto, comportandosi da connivente e complice, con l’aggravante di una vigliaccheria senza limite alcuno…e questi sono i cosiddetti “alleati”, certo, ma non solo...molti degli stessi governanti dell’italia che con una giravolta a seguire il vento, era diventata antifascista… e non mi riferisco soltanto a Palmiro Togliatti, ed ai suoi accoliti e sodali, oppure agli articoli grondanti disprezzo ed odio de L’Unità, organo del Partito Comunista Italiano, ma anche a personaggi come Alcide De Gasperi, le cui parole, scritte su carta ministeriale ed indirizzate a prefetti e questurini, contribuirono al clima di mistificazione che circondò l’arrivo degli Esuli, ed alle mortificazioni che subirono, a cominciare dagli accadimenti passati alle cronache, e giunti finalmente alla storia, che narrano de “i treni della vergogna”.
Sì, avevo necessità di leggerlo, il libro, per recensirlo con cognizione di causa: che poi è quello che manca a quanti si addossano la responsabilità imperdonabile di minimizzare, quando non di negare, o perfino di giustificare, quell’orrore infinito, racchiuso nel titolo, pur se il titolo, con la data menzionata, con il senno di poi, sa di testimonianza, e quindi, fosse anche solo per questo, per aver passato il testimone, per aver potuto raccontare l’accaduto, nascosto, celato, modificato, negato, rinnegato…sa di riscatto…“10 febbraio: dalle foibe, all’esodo”…
Sì, c’è il sapore del Riscatto, nelle parole che raccontano fatti, in molti casi venuti alla luce a fatica, negli anni, in tanti, troppi decenni, squarciando silenzi omertosi, e spazzando via, e forse ancora non del tutto, una coltre spessa, una cappa soffocante, di ignoranza voluta e pilotata, gestita...mirata...di parte… la parte della menzogna… imposta come verità.
Il mio parere personale, risibile, se vi pare, la mia opinione, opinabile, appunto, certo, è che sia peggiore
- quella silente connivenza che permise di intitolare luoghi d’Italia al Maresciallo Josip Broz Tito, (massacratore d’Italiani e nemico d’Italia), consentendo (senza alcuna significativa levata di scudi), che un presidente della repubblica italiana, si inchinasse a baciarne la bandiera, e rendesse, ben oltre il protocollo di stato, omaggio non alla sua salma soltanto, ma al suo stesso operato)...
- quell’ignavia colpevole che consentì all’INPS, (nato nel 1933, che fino a poc’anzi era chiamata Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale), di erogare pensioni di guerra a troppi che altro non erano stati, se non criminali italiani riparati all’estero sotto la protezione di regimi comunisti, benchè ladri, stupratori, torturatori ed assassini…
- quell’irresponsabile indifferenza che creò un muro di omertà, cresciuto a dismisura in negli anni, in un tempo che parve infinito, ma giunse, infine, al termine, in cui i racconti di quel che accadde dovettero essere, e furono, solo sussurrati, riservandoli a pochi, come se non fossero, invece, bagaglio comune, storia comune, dolore comune, per un sangue versato, spesso comune,
rispetto al pur deprecabile odio...
...di chi si sentì e probabilmente era “altro” da quelle Nostre Genti che prima di Dante, fin dalla magna Grecia, con Roma imperiale, con la Serenissima (e, si abbia il coraggio e la sfrontatezza di rivendicarlo), con le gesta audaci del Comandante D’Annunzio e dei Legionari, ma anche con le sfide di un vivere i propri tempi coniugandoli alle Radici di un grande passato, ma portandolo contestualmente in avanti con lo slancio di una continua modernizzazione, con le istanze sociali, anche più avanzate, accolte e raccolte, da un governo che mai prima si era così profondamente identificato con il proprio stesso popolo tutto, (che con il suo Capo seppe conquistare un pressochè unanime consenso interno, e credibilità, stima considerazione e rispetto a 360° nel mondo, financo il plauso del Mahatma Ghandi).
...Ed infatti, ripetita juvant…
a rendere pesante oltre ogni dire il fardello di quest’epoca infausta e degli avvenimenti che questo volume tratta, durante il racconto di quegli orrori senza fine, dell’odio e degli interessi di parte che li generarono, dell’indifferenza che spesso li accompagnò, e sempre li seguì, per troppi anni, ed a fin troppe latitudini, comprese quelle dove ben si sapeva cosa fosse accaduto, e ben se ne conoscevano anche i perché, gli alibi addotti e le ragioni, improponibili, che vennero dichiarate, con stridio di unghie sui vetri...mentre altre unghie, invece, si spezzavano, nel tentativo disperato, e quasi sempre vano, di risalire dal fondo di una bocca avida di vite umane, una delle tante, che il Carso teneva spalancate da tempi immemori…
Menia è come se ci accompagnasse, nella lettura con una narrazione pacata, discreta, eppure attenta al particolare, al singolo dettaglio, che in tanti casi fa la differenza, ci lascia andare avanti e ci segue, come una nenia di sottofondo, come una colonna sonora, senza imprimere accelerazioni … lascia che sia il Lettore, ad aumentare o rallentare il ritmo stesso degli avvenimenti...che, comunque, gli restano dentro.
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