Andriola: I limiti organizzativi della Nuova Destra italiana
Un contributo di Matteo Luca Andriola su un tema poco analizzato
Una delle peculiarità della nouvelle droite francese, o “nuova destra metapolitica”, corrente filosofica che ha fra i suoi punti di riferimento il filosofo Alain de Benoist, è l'essersi organizzato attorno al Grece (Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européenne), «società di pensiero a vocazione intellettuale», «comunità di lavoro e di pensiero»,[1] o centro studi ufficialmente fondato nel gennaio 1969 da una quarantina di giovani militanti della galassia nazional-europeista francese incarnata nei movimenti come il circolo Europe-Action (attorno all’omonima rivista, animata da Dominique Venner e Jean Mabire), la Fédération des étudiants nationalistes (Fen), il Mouvement national du progrès (Mnp) e il Rassemblement européen pour la liberté.[2]
E' una corrente intellettuale che ha alcune costanti, come la critica all’utilitarismo liberale, all’occidentalismo, distinto dalla cultura europea, e alla visione mercatista, “mondialista” e finanziaria, la critica all’egualitarismo “omologatore”, la denuncia del retaggio giudeo-cristiano dell’occidente incarnata nella “religione monoteista dei diritti umani”, l’elogio del politeismo come alternativa spirituale europea nel corollario del “fondamento e riferimento normativo al patrimonio indoeuropeo” e forma di ancestrale antimondialismo, l’elogio del differenzialismo identitario e la messa in discussione della diade antinomica destra/sinistra, giudicata incapacitante e tipica del discorso liberale, nato con la società dei Lumi nel 1789.[3]
Sono tutte costanti che accomunano tutti i cenacoli intellettuali europei (che analizzo nel mio libro ‘La Nuova destra in Europa. Il populismo e il pensiero di Alain de Benoist’, Paginauno 2019, 476 pp.), eccetto il politeismo, mal digerito dalla corrente italiana animata dal politologo fiorentino Marco Tarchi, debitore a sua volta dello storico Franco Cardini e prima ancora di Attilio Mordini, tutti cattolici e tutti fiorentini. Ma un'altra differenza è di tipo organizzativo: mentre in Francia, nel Belgio francofono e fiammingo, in Germania, in Austria ecc. tutti i circoli intellettuali che si rifanno alle riflessioni metapolitiche di Alain de Benoist si danno una struttura organizzativa sul modello francese (che subirà “scissioni” nel corso dei decenni, dai liberal-nazionalisti del Club de l'Horloge ai nazionalbolscevichi di Synergies européennes arrivando agli identitaristi di Terre et Peuple, tutti descritti nel mio volume), in Italia avremo solo un cenacolo intellettuale legato alle due/tre riviste dirette e autoprodotte dal prof. Tarchi, cioè «Elementi», «Diorama letterario» e «Trasgressioni».
Ma a metà degli anni Ottanta, dopo aver ufficializzato la graduale rottura col Msi e in maniera netta con la destra radicale – rottura avvenuta col convegno ‘Nuova destra e destra radicale. Dalla evoluzione alla specificità’, i cui atti saranno pubblicati su «Diorama letterario» n. 76 del novembre 1984, ufficializzando la rottura del siciliano Fabio Granata, legato ad Adriano Romualdi – accusata di ancorarsi al «mito incapacitante del tradizionalismo»[4] per la «costruzione di una griglia interpretativa del divenire storico», tipica del discorso ciclico di matrice evoliana, «necessaria ed utile» per rispondere alle «carenze della destra politica» ma negativa per «il sorgere di un mito incapacitante, collegato all’attesa della “fine di un ciclo”, ineluttabile, ed a rifuggire da ogni opzione politica per privilegiare solo la formazione personale»,[5] si aprirà all'interno dell'ambiente neodestro italiano un dibattito sul modello organizzativo da adottare.
Si terrà, nell'aprile 1986, a Palestrina, dopo ben tre incontri preparatori a Padova, Milano e Firenze, che cercherà di dar vita ad un'“Associazione nazionale metapolitica” strutturata attorno ad una rete di circoli territoriali sparsi su tutto il territorio nazionale, più o meno sul modello del Grece francese. Vi era già un collegamento - oltre alle pubblicazioni di Tarchi ovviamente - con il centro studi francese: all'epoca il giovane milanese Stefano Vaj sarà il responsabile italiano del Sécretariat études et recherches del Grece nonché animatore con Guillaume Faye, una delle menti più raffinate della nouvelle droite francese assieme ad Alain de Benoist, del Collectif de réflexion sur le Monde Contemporain. Peccato, spiega lo stesso Tarchi, che la nascita di questa rete capillare a supporto di questa “Associazione nazionale metapolitica” sarà
«... un obiettivo fuori portata, in primo luogo per l'assoluta carenza di risorse economiche adeguate a sostenerlo, resa evidente dal fatto che i quattro numeri del “Bollettino nazionale di coordinamento della Nuova destra” usciti tra il marzo 1985 e l'ottobre 1986 per illustrarne le ragioni e le possibili fasi di sviluppo hanno una modestissima veste, più somigliante ad un ciclostilato che a un opuscolo stampato, ma si cerca di perseguirlo per rispondere alle aspettative di una parte dei simpatizzanti di base, incapaci di assegnarsi un ruolo in un ambito limitato alla sola elaborazione e divulgazione intellettuale. L'incontro rivela tuttavia l'esistenza di un'insanabile divergenza tra due tendenze rappresentate all'interno del gruppo promotore: da un lato c’è chi vorrebbe dar vita ad un’esperienza analoga al Grece francese, per darsi una fisionomia più definita e riuscire a presentare il movimento all’esterno come interlocutore facilmente individuabile; dall’altro si colloca chi sostiene l’opportunità di rimanere allo stadio di corrente culturale aperta, agile e non condizionata da rapporti formali, temendo che la forma associativa provochi un irrigidimento e una cristallizzazione.»[6]
Non riuscendo a trovare alcuna mediazione fra le due linee, che come spiega Tarchi stavano creando un’insanabile frattura in seno alla Nuova destra italiana, e non volendo far sfociare il confronto in una verifica dei rapporti di forza che avrebbe disgregato il gruppo, il progetto “Associazione nazionale metapolitica” si inabisserà rapidamente. Questo, ammette lo stesso Marco Tarchi nella postfazione del libro ‘La rivoluzione impossibile: dai Campi Hobbit alla Nuova destra’, da cui è tratta la testimonianza citata sopra, provocò la dissoluzione di quella spontanea condivisione di uno stato d’animo che aveva animato, fin dal 1974, quando fu pubblicato il primo numero della «La Voce della Fogna», gli animatori della corrente neodestrista, coagulatasi a partire dai tre Campi Hobbit passando ai quattro convegni nazionali di studio,[7] fino alla tavola rotonda col filosofo di sinistra Massimo Cacciari, e gradualmente la corrente inizierà a sfilacciarsi. Rimangono quei pochi che, pur marginalmente, stanno nel Msi o nel Fdg nella corrente rautiana o attorno alla figura dell'esponente “fascista di sinistra” Beppe Niccolai o chi, come Tarchi e altri, insisteranno sullo sforzo metapolitico sulle varie testate della Nuova destra, nonostante la corrente intellettuale abbia ancora molto da dire, basti pensare che nel 1986 nascerà il quadrimestrale «Trasgressioni».
NOTE:
[1] J.-C. Valla, Pour une renaissance culturelle, in Aa. Vv., Dix ans de combat culturel pour une renaissance, Grece, Parigi 1977, p. 61.
[2] Cfr. A. Chebel d’Apollonia, L’Extrême-droite en France. De Maurras à Le Pen, Éditions Complexe, Bruxelles 1996, p. 461, nt. 16.
[3] Cfr. P.-A. Taguieff, Sulla Nuova Destra. Itinerario di un intellettuale atipico, Vallecchi, Firenze 2003 (ed. orig. Sur la Nouvelle Droite. Jalons d’une analyse critique, Descartes et Cie, Paris 1994).
[4] M. Tarchi, Cinquant’anni di nostalgia. La destra italiana dopo il fascismo, a cura di A. Carioti, Rizzoli, Milano 1995, p. 96.
[5] M. Tarchi, Ipotesi e strategie di una nuova destra, in Apiù Mani, Proviamola nuova, atti del convegno «Ipotesi e strategie di una “Nuova destra”», L.Ed.E., Roma 1980, pp. 110, 111.
[6] M. Tarchi, I Campi Hobbit, la Nuova destra e la «Destra nuova». Una controversia politico-genealogica, in M. Tarchi, La rivoluzione impossibile: dai Campi Hobbit alla Nuova destra, Vallecchi, Firenze 2010, pp. 456, 457.
[7] Cfr. gli atti dei seguenti convegni della Nuova destra italiana: Apiù Mani, Proviamola nuova, atti del convegno «Ipotesi e strategie di una “Nuova destra”», Roma, L.Ed.E., 1980; Apiù Mani, Al di là della destra e della sinistra, atti del convegno «Costanti ed evoluzioni di un patrimonio culturale», Roma, L.Ed.E., 1982; Apiù Mani, Occidente: decadenza di un mito, Roma, L.Ed.E., 1982 e Apiù Mani, Le forme del politico, Firenze, La Roccia di Erec, 1984.
Una delle peculiarità della nouvelle droite francese, o “nuova destra metapolitica”, corrente filosofica che ha fra i suoi punti di riferimento il filosofo Alain de Benoist, è l'essersi organizzato attorno al Grece (Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européenne), «società di pensiero a vocazione intellettuale», «comunità di lavoro e di pensiero»,[1] o centro studi ufficialmente fondato nel gennaio 1969 da una quarantina di giovani militanti della galassia nazional-europeista francese incarnata nei movimenti come il circolo Europe-Action (attorno all’omonima rivista, animata da Dominique Venner e Jean Mabire), la Fédération des étudiants nationalistes (Fen), il Mouvement national du progrès (Mnp) e il Rassemblement européen pour la liberté.[2]
E' una corrente intellettuale che ha alcune costanti, come la critica all’utilitarismo liberale, all’occidentalismo, distinto dalla cultura europea, e alla visione mercatista, “mondialista” e finanziaria, la critica all’egualitarismo “omologatore”, la denuncia del retaggio giudeo-cristiano dell’occidente incarnata nella “religione monoteista dei diritti umani”, l’elogio del politeismo come alternativa spirituale europea nel corollario del “fondamento e riferimento normativo al patrimonio indoeuropeo” e forma di ancestrale antimondialismo, l’elogio del differenzialismo identitario e la messa in discussione della diade antinomica destra/sinistra, giudicata incapacitante e tipica del discorso liberale, nato con la società dei Lumi nel 1789.[3]
Sono tutte costanti che accomunano tutti i cenacoli intellettuali europei (che analizzo nel mio libro ‘La Nuova destra in Europa. Il populismo e il pensiero di Alain de Benoist’, Paginauno 2019, 476 pp.), eccetto il politeismo, mal digerito dalla corrente italiana animata dal politologo fiorentino Marco Tarchi, debitore a sua volta dello storico Franco Cardini e prima ancora di Attilio Mordini, tutti cattolici e tutti fiorentini. Ma un'altra differenza è di tipo organizzativo: mentre in Francia, nel Belgio francofono e fiammingo, in Germania, in Austria ecc. tutti i circoli intellettuali che si rifanno alle riflessioni metapolitiche di Alain de Benoist si danno una struttura organizzativa sul modello francese (che subirà “scissioni” nel corso dei decenni, dai liberal-nazionalisti del Club de l'Horloge ai nazionalbolscevichi di Synergies européennes arrivando agli identitaristi di Terre et Peuple, tutti descritti nel mio volume), in Italia avremo solo un cenacolo intellettuale legato alle due/tre riviste dirette e autoprodotte dal prof. Tarchi, cioè «Elementi», «Diorama letterario» e «Trasgressioni».
Ma a metà degli anni Ottanta, dopo aver ufficializzato la graduale rottura col Msi e in maniera netta con la destra radicale – rottura avvenuta col convegno ‘Nuova destra e destra radicale. Dalla evoluzione alla specificità’, i cui atti saranno pubblicati su «Diorama letterario» n. 76 del novembre 1984, ufficializzando la rottura del siciliano Fabio Granata, legato ad Adriano Romualdi – accusata di ancorarsi al «mito incapacitante del tradizionalismo»[4] per la «costruzione di una griglia interpretativa del divenire storico», tipica del discorso ciclico di matrice evoliana, «necessaria ed utile» per rispondere alle «carenze della destra politica» ma negativa per «il sorgere di un mito incapacitante, collegato all’attesa della “fine di un ciclo”, ineluttabile, ed a rifuggire da ogni opzione politica per privilegiare solo la formazione personale»,[5] si aprirà all'interno dell'ambiente neodestro italiano un dibattito sul modello organizzativo da adottare.
Si terrà, nell'aprile 1986, a Palestrina, dopo ben tre incontri preparatori a Padova, Milano e Firenze, che cercherà di dar vita ad un'“Associazione nazionale metapolitica” strutturata attorno ad una rete di circoli territoriali sparsi su tutto il territorio nazionale, più o meno sul modello del Grece francese. Vi era già un collegamento - oltre alle pubblicazioni di Tarchi ovviamente - con il centro studi francese: all'epoca il giovane milanese Stefano Vaj sarà il responsabile italiano del Sécretariat études et recherches del Grece nonché animatore con Guillaume Faye, una delle menti più raffinate della nouvelle droite francese assieme ad Alain de Benoist, del Collectif de réflexion sur le Monde Contemporain. Peccato, spiega lo stesso Tarchi, che la nascita di questa rete capillare a supporto di questa “Associazione nazionale metapolitica” sarà
«... un obiettivo fuori portata, in primo luogo per l'assoluta carenza di risorse economiche adeguate a sostenerlo, resa evidente dal fatto che i quattro numeri del “Bollettino nazionale di coordinamento della Nuova destra” usciti tra il marzo 1985 e l'ottobre 1986 per illustrarne le ragioni e le possibili fasi di sviluppo hanno una modestissima veste, più somigliante ad un ciclostilato che a un opuscolo stampato, ma si cerca di perseguirlo per rispondere alle aspettative di una parte dei simpatizzanti di base, incapaci di assegnarsi un ruolo in un ambito limitato alla sola elaborazione e divulgazione intellettuale. L'incontro rivela tuttavia l'esistenza di un'insanabile divergenza tra due tendenze rappresentate all'interno del gruppo promotore: da un lato c’è chi vorrebbe dar vita ad un’esperienza analoga al Grece francese, per darsi una fisionomia più definita e riuscire a presentare il movimento all’esterno come interlocutore facilmente individuabile; dall’altro si colloca chi sostiene l’opportunità di rimanere allo stadio di corrente culturale aperta, agile e non condizionata da rapporti formali, temendo che la forma associativa provochi un irrigidimento e una cristallizzazione.»[6]
Non riuscendo a trovare alcuna mediazione fra le due linee, che come spiega Tarchi stavano creando un’insanabile frattura in seno alla Nuova destra italiana, e non volendo far sfociare il confronto in una verifica dei rapporti di forza che avrebbe disgregato il gruppo, il progetto “Associazione nazionale metapolitica” si inabisserà rapidamente. Questo, ammette lo stesso Marco Tarchi nella postfazione del libro ‘La rivoluzione impossibile: dai Campi Hobbit alla Nuova destra’, da cui è tratta la testimonianza citata sopra, provocò la dissoluzione di quella spontanea condivisione di uno stato d’animo che aveva animato, fin dal 1974, quando fu pubblicato il primo numero della «La Voce della Fogna», gli animatori della corrente neodestrista, coagulatasi a partire dai tre Campi Hobbit passando ai quattro convegni nazionali di studio,[7] fino alla tavola rotonda col filosofo di sinistra Massimo Cacciari, e gradualmente la corrente inizierà a sfilacciarsi. Rimangono quei pochi che, pur marginalmente, stanno nel Msi o nel Fdg nella corrente rautiana o attorno alla figura dell'esponente “fascista di sinistra” Beppe Niccolai o chi, come Tarchi e altri, insisteranno sullo sforzo metapolitico sulle varie testate della Nuova destra, nonostante la corrente intellettuale abbia ancora molto da dire, basti pensare che nel 1986 nascerà il quadrimestrale «Trasgressioni».
NOTE:
[1] J.-C. Valla, Pour une renaissance culturelle, in Aa. Vv., Dix ans de combat culturel pour une renaissance, Grece, Parigi 1977, p. 61.
[2] Cfr. A. Chebel d’Apollonia, L’Extrême-droite en France. De Maurras à Le Pen, Éditions Complexe, Bruxelles 1996, p. 461, nt. 16.
[3] Cfr. P.-A. Taguieff, Sulla Nuova Destra. Itinerario di un intellettuale atipico, Vallecchi, Firenze 2003 (ed. orig. Sur la Nouvelle Droite. Jalons d’une analyse critique, Descartes et Cie, Paris 1994).
[4] M. Tarchi, Cinquant’anni di nostalgia. La destra italiana dopo il fascismo, a cura di A. Carioti, Rizzoli, Milano 1995, p. 96.
[5] M. Tarchi, Ipotesi e strategie di una nuova destra, in Apiù Mani, Proviamola nuova, atti del convegno «Ipotesi e strategie di una “Nuova destra”», L.Ed.E., Roma 1980, pp. 110, 111.
[6] M. Tarchi, I Campi Hobbit, la Nuova destra e la «Destra nuova». Una controversia politico-genealogica, in M. Tarchi, La rivoluzione impossibile: dai Campi Hobbit alla Nuova destra, Vallecchi, Firenze 2010, pp. 456, 457.
[7] Cfr. gli atti dei seguenti convegni della Nuova destra italiana: Apiù Mani, Proviamola nuova, atti del convegno «Ipotesi e strategie di una “Nuova destra”», Roma, L.Ed.E., 1980; Apiù Mani, Al di là della destra e della sinistra, atti del convegno «Costanti ed evoluzioni di un patrimonio culturale», Roma, L.Ed.E., 1982; Apiù Mani, Occidente: decadenza di un mito, Roma, L.Ed.E., 1982 e Apiù Mani, Le forme del politico, Firenze, La Roccia di Erec, 1984.
La mia risposta a Tarchi sul tema della "Rivoluzione Impossibile" ....
RispondiEliminahttps://www.mirorenzaglia.org/2010/04/campi-hobbit-la-rivoluzione-impossibile/