Strage di Bologna. Si riparte da capo. Il mandante era Gelli con la P2
La Procura generale di Bologna ha chiuso, notificando quattro avvisi di fine indagine, la nuova inchiesta sulla Strage del 2 agosto 1980. Tra i destinatari, Paolo Bellini, ex Avanguardia Nazionale, un collaboratore dei servizi segreti infiltrato in Cosa nostra nella stagione delle stragi mafiose, ritenuto esecutore che avrebbe agito in concorso con Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, il capo degli Affari Riservati, il superpoliziotto che curava una raffinata rubrica gastronomica sull'Espresso, e Mario Tedeschi, questi quattro tutti deceduti e ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori, oltre che i concorso con i Nar già condannati. Altri tre avvisi riguardano ipotesi di depistaggio e falsità ai pm. Nel primo processo per la strage di Bologna, quello concluso con la condanna all'ergastolo di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, Licio gelli era stato condannato per i depistaggi organizzati con i vertici del Supersismi (Musumeci, Belmonte, Pazienza)
Gli altri tre indagati, nell’ambito dell’inchiesta firmata dall’avvocato generale Alberto Candi e dai sostituti pg Umberto Palma e Nicola Proto che hanno coordinato le indagini di Guardia di Finanza, Digos e Ros sono Quintino Spella e Piergiorgio Segatel, per depistaggio, mentre Domenico Catracchia risponde di false informazioni al pm al fine di sviare le indagini in corso.
Gelli e Ortolani sono indicati quali mandanti-finanziatori, D’Amato come mandante-organizzatore, Tedeschi come organizzatore per aver aiutato D’Amato nella gestione mediatica della strage, preparatoria e successiva e nell’attività di depistaggio delle indagini. E’ giunta dunque a conclusione l’indagine nata dai dossier presentati dall’associazione dei familiari delle vittime del 2 agosto, attentato che fece 85 morti e 200 feriti. Inizialmente archiviata contro ignoti dalla Procura ordinaria, è stata avocata a ottobre 2017 dalla Procura generale che è arrivata a queste contestazioni.
Flussi di denaro per alcuni milioni di dollari movimentati e, attraverso varie e complesse operazioni, partiti sostanzialmente da conti riconducibili a Licio Gelli e Umberto Ortolani e alla fine destinati, indirettamente, al gruppo dei Nar e a coloro che sono indicati come organizzatori, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi. Il giro di denaro è stato ricostruito dall’indagine della Guardia di Finanza di Bologna, nell’ambito dell’inchiesta della Procura generale sulla Strage del 2 agosto 1980.
Il lavoro dei finanzieri si è concentrato in parte sull’analisi di documentazione bancaria, poi su rogatorie con la Svizzera - alcune rimaste senza risposta - ma anche su carte sequestrate all’epoca e soprattutto ha preso spunto dal fascicolo del processo sul crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, consegnato agli inquirenti dagli avvocati dei familiari delle vittime.
In particolare all’interno del fascicolo c’è un atto chiamato ’documento Bologna’, sequestrato nel 1982 a Gelli, capo della loggia P2, morto a dicembre 2015, quando fu arrestato in Svizzera: un manoscritto con intestazione ’Bologna - 525779 - X.S.’, con il numero corrispondente a un conto corrente acceso alla Ubs di Ginevra dallo stesso Gelli. Un documento le cui informazioni sono state collegate con altre. Proprio sulla base della data in cui si ritiene che sia partita la prima movimentazione del denaro, cioè a febbraio 1979, la Procura generale ha inserito nelle imputazioni il momento di inizio della condotta preparatoria all’attentato: febbraio 1979, appunto, "in località imprecisata". Così come è imprecisato come di questo flusso di denaro abbiano beneficiato i militanti dei Nar
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