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Cavallini: non fate torto alla verità e al Paese. I Nar sono innocenti della strage di Bologna

"Io sono pentito di quello che ho fatto, di quello che non ho fatto non mi posso pentire. Dico anche a nome dei miei compagni di gruppo che non abbiamo da chiedere perdono a nessuno per quanto successo il 2 agosto 1980". 
Così Gilberto Cavallini, nelle dichiarazioni spontanee al termine del processo dove è accusato di concorso nella Strage di Bologna. "Ribadisco il concetto espresso da Francesca Mambro davanti a una Corte di assise, molti anni fa. Non siamo noi che dobbiamo abbassare gli occhi a Bologna".
"Se voi pensate che ragazzini di poco più di 20 anni, alcuni minorenni, io poco più grande, siano stati la longa manus o gli esecutori di ordini di gruppi di potere come la P2 o di gruppi criminali come la mafia fate un grosso errore di fronte alla verità e al Paese". Ha così proseguito Gilberto Cavallini, e si è di nuovo proclamato innocente per la Strage del 2 agosto 1980 e si è rivolto direttamente ai giudici.
"Io - ha aggiunto - in ogni caso sono pronto a seguire le conseguenze. Mi sono imposto di accettare tutto quello viene e offrire la sofferenza a nostro Signore". 
"Io - ha detto l’ex terrorista - sono in carcere dal 12 settembre 1983. Ad oggi credo che siano oltre 36anni, ho perso il conto, non ha importanza un giorno in più o un giorno meno. Gli anni di galera me li sono meritati e non li contesto, li ho scontati tutti e sono pronto a scontarne ancora. La cosa non mi piace, però la accetto. Credo di aver fatto cose per le quali queste condanne siano state meritate. Quello che non accetto è dover pagare per quello che non ho fatto, non tanto e non solo in termini carcerari, ma anche in termini di immagine e di credibilità ".
Cavallini ha parlato anche in prima persona plurale facendo riferimento agli altri Nar. "Tutto quello che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto alla luce del sole, a viso scoperto. Lo abbiamo rivendicato, abbiamo pagato, ci siamo resi conto che è stato tutto inutile e comunque sbagliato. In qualche maniera abbiamo cercato di riparare, chi più chi meno, coi mezzi che poteva, e a questo punto, e non da oggi, trovarci ancora a dover subire la falsificazione della nostra storia è una cosa che io non posso accettare".
"Per quello che abbiamo fatto - ha proseguito - non solo stiamo subendo anni di carcere, ma qualcuno ha lasciato anche la vita in mezzo alla strada, oltre alle nostre vittime. Alessandro Alibrandi, Giorgio Vale sono morti, Francesca Mambro e Valerio Fioravanti hanno rischiato seriamente di morire, Ciavardini è stato ferito e io non sono stato ammazzato per una serie di fatalità, perché ho fatto di tutto per offrire la mia vita anche in quella circostanza".

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