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Calano i reati dell'odio. Però Repubblica fa il confronto con il 2016

L'osservatorio sulla discriminazione dà una buona notizia. i reati e le violenze dell'odio sono in calo dopo due anni di forte crescita. Ma la stampa mainstream invece di sottolineare con soddisfazione il dato positivo va a fare il confronto con il 2016, l'anno precedente l'impennata. Un po' come i 5 stelle che a tutte le mazzate prese alle regionali hanno risposto che erano cresciuti rispetto alle precedenti regionali, dimenticando che in mezzo c'era stato il 33% e la conquista del governo


 Quindi l’odio arretra, ma non è abbastanza. E il razzismo è ancora il motivo alla base di tre episodi di violenza su quattro. I dati  Oscad, l’Osservatorio interforze per la sicurezza contro gli atti discriminatori, rendono evidente come il Paese che ha approvato le leggi razziali è ancora incapace di accettare il diverso e di trovare una soluzione che fermi l’odio che dilaga sul web e nella società .I numeri sono chiari e segnalano una promettente inversione di rotta. Nel 2019 si sono registrati 969 reati che hanno a che fare con razzismo, identità di genere e disabilità , il 12,7% in meno rispetto ai 1.111 del 2018, che ha rappresentato il picco. Che senso ha richiamare i numeri di gran lunga inferiori del 2016, quando si registrarono 736 crimini? Si chiamano tendenze: va peggio di tre anni fa, ma va meglio di due anni fa e dell'anno scorso. Quindi a meno di non essere incapaci di leggere una statistica o in malafede è evidente che il dato è positivo. Il trend è confermato anche se ci si limita ai soli dati relativi alle violenze, fisiche e verbali, che hanno a che fare con razza, etnia, nazionalità o religione: nel 2019 ne sono state segnalate 726, il 10.33% in meno rispetto alle 801 del 2018

Gli unici reati in aumento i vandalismi e le turbative della quiete pubblica.

Il monitoraggio dei reati, sostiene il vice capo della Polizia Vittorio Rizzi, sconta due problemi fondamentali: la mancanza di denunce - il cosiddetto ’under reporting’ - che determina una sottostima del fenomeno, e il mancato riconoscimento della matrice discriminatoria da parte delle forze di polizia e degli altri attori del sistema penale, tecnicamente detto ’under-recording’. Insomma, la realtà potrebbe anche essere peggiore. Ecco perché mezzo governo usa parole forti. "Non è più accettabile che ci siano episodi di violenza verso il diverso, banalizzare non è più possibile - dice il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese che ipotizza anche un ’maggiore controllo’ del web - Sono troppi e su questo dobbiamo lavorare. Il compito della politica è rendere il paese più inclusivo e porre un freno alle contrapposizioni". "Dobbiamo fare in modo che questo linguaggio violento sia fatto fuori".
Di necessità di "intervenire contro il linguaggio d’odio" perché "il paese non merita questo", parla anche la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina mentre per la collega alle Pari Opportunità Elena Bonetti bisogna avere "il coraggio di porre al centro il tema della discriminazione ed affermare in modo netto che servono politiche per eliminare ogni forma d’odio".

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