Stessa arma per Mattarella e Amato? "Un'ipotesi suggestiva"
Gli ambienti giudiziari palermitani buttano acqua sul fuoco degli entusiasmi dopo lo scoop dell'Espresso. Che a uccidere il presidente della Regione Sicilia Mattarella e il giudice romano Amato è solo un'ipotesi suggestiva.
Le armi usate nei due delitti eccellenti sono dello stesso tipo, Colt Cobra calibro 38 Special, ma non c’è alcuna certezza sulla loro identità: non si può dire cioè che il leader emergente della dc siciliana e il giudice antiterrorismo, assassinati rispettivamente a Palermo e a Roma, nell’arco di poco meno di sei mesi, nel 1980, siano stati uccisi con la stessa pistola. Si tratta, allo stato, di un’ipotesi ritenuta "suggestiva", ma sulla quale non possono esserci i necessari riscontri tecnici, gli unici che potrebbero dare una qualche conferma oggettiva o pressoché oggettiva. Lo si apprende in ambienti giudiziari.
L’inchiesta nel cui ambito sono state effettuate le verifiche e’ della Procura di Palermo, che ha riaperto il caso relativo al delitto che vide come vittima il fratello del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: vicenda già chiusa con una sentenza definitiva di condanna della Cupola mafiosa, come mandante dell’omicidio, ma anche con l’assoluzione (anch’essa passata in cosa giudicata e non più impugnabile) dei due presunti esecutori materiali, i terroristi neofascisti Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, quest’ultimo condannato come killer del giudice Amato. Del caso si è occupato in questi giorni il settimanale L’Espresso.
L’inchiesta nel cui ambito sono state effettuate le verifiche e’ della Procura di Palermo, che ha riaperto il caso relativo al delitto che vide come vittima il fratello del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: vicenda già chiusa con una sentenza definitiva di condanna della Cupola mafiosa, come mandante dell’omicidio, ma anche con l’assoluzione (anch’essa passata in cosa giudicata e non più impugnabile) dei due presunti esecutori materiali, i terroristi neofascisti Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, quest’ultimo condannato come killer del giudice Amato. Del caso si è occupato in questi giorni il settimanale L’Espresso.
La pista neofascista, basata su un presunto scambio di favori tra mafia e terrorismo di estrema destra, era partita dal riconoscimento di Fioravanti, fatto dalla vedova Mattarella, Irma Chiazzese, che era col marito il 6 gennaio del 1980, quando il presidente siciliano fu ucciso.
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