7-8 dicembre 1970: fu vero golpe?
Con un giorno di ritardo sull'anniversario vi ripropongo lo speciale che l'anno scorso l'Alter Ugo ha dedicato alla vicenda, facendo buon uso del prezioso lavoro di Nicola Rao (per leggere l'intero post cliccare sul titolo di richiamo)
1. Il golpe Borghese: lo scenario La notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 è passata alla storia come la «notte della Madonna». Secondo alcuni magistrati, diversi neofascisti pentiti e molti giornalisti, quella notte ci fu nel nostro Paese un tentativo di colpo di Stato militare, guidato dal principe Junio Valerio Borghese. Si è parlato di un assalto alla armeria del Viminale, nel corso del quale alcune armi sarebbero state rubate e successivamente rimesse al loro posto, si è vociferato di un gruppo di allievi sottufficiali delle guardie forestali diretto a via Teulada per occupare la Rai, si è ipotizzato un coinvolgimento della mafia siciliana, si è detto di golpisti riuniti in alcuni punti della città in attesa del segnale, di un placet degli americani, e di un misterioso e improvviso contrordine giunto ai congiurati che avrebbe fatto rientrare l’operazione. Per tre mesi non se ne sa nulla, fino al marzo 1971, quando appaiono le prime indiscrezioni giornalistiche sulla vicenda e scattano i primi fermi.
2. Borghese e i gruppi extraparlamentari
Un ricordo di Teodoro Buontempo: Arrivai a Ortona a Mare intorno alle 16 del pomeriggio. Il pullman si fermò in piazza della Repubblica, la piazza principale, dove ci sono il municipio e il Bar Sport, allora frequentato dai militanti della sinistra, sia quelli del Psiup che quelli del Pci. Appena sceso dal pullman queste persone mi dissero: «A camera’, ma che cavolo ci fai qui? A Roma c’è il golpe e tu vieni a Ortona?» Ciò dimostra che del golpe ne parlavano tutti.
4. Il golpe e i complotti antifascisti
5. La condanna anticipata del golpe dai reduci di Salò Poiché molti camerati si sono rivolti a noi per saperne qualcosa, rispondiamo a tutti in unica soluzione. Il fantomatico schieramento, al quale è stata imposta l’ampollosa denominazione di “fronte”, è sorto dalle ceneri dei comitati tricolore, pateracchio paragovernativo, sfasciatosi dopo la ridicola marcia su Bolzano di qualche anno addietro. Si tratta, in sostanza, di un fronte di cartapesta, che si regge (non si sa fino a quando) a suon di ottima carta moneta.
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