16 dicembre 1976. Così una bomba di mala diventa strage nera
Il 16 dicembre 1976, alle 18.59, esplose un rudimentale ma potente ordigno a miccia lenta piazzato da militanti di estrema destra in una zona centrale di Brescia, Piazzale Arnaldo. Si trattava di una pentola a pressione imbottita con 800 grammi di esplosivo da mina al nitrato di ammonio. Riuscì a proiettare schegge a 50 metri di distanza, ferendo 11 persone. La bomba uccise sul colpo Bianca Gritti Daller, sessantunenne insegnante di tedesco.
Per l’anonimo estensore di Wikipedia non ci sono dubbi. La strage di piazza Arnaldo ha una precisa matrice fascista. Nella scheda manca infatti un particolare essenziale: Giuseppe Piccini era un latitante evaso, condannato a 30 anni per un delitto che aveva fatto scalpore a Brescia. Il suo complice era un conte. Un vitellone di provincia, noto come “il playboy di Nave”. Ma alla scuola del carcere Piccini diventerà un malavitoso duro. Poche settimane dopo la seconda strage di Brescia, l’8 febbraio 1977, a Carpenedolo, ammazzerà l’appuntato Lorenzo Forleo. Lo aveva sorpreso mentre tentava di rubare un auto con un complice, Italo Dorini. Anche questo delitto, per la Rete degli archivi per non dimenticare, un network istituzionale sulla memoria degli anni di piombo, è opera di neofascisti. A smentire la pista politica arriva il mio amico Pino Casamassima, grande esperto di storie di terrorismo e di violenza criminale del Nord Est. LEGGI TUTTO
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