In ricordo di Guido De Bellis, fascista proletario di Bari
Oggi avrebbe compiuto 78 anni Guido De Bellis, "il fabbro", quadro avanguardista di Bari, una figura esemplare di certo neofascismo sociale e proletario nei grandi centri del Sud (Napoli, Bari, Reggio e Cosenza, Catania). Per ricordarlo riesumo un vecchio post, in occasione della scomparsa, cinque anni fa
Stamattina [il 6 novembre 2019, ndb], “apro” FB e mi appare un post di Vito Nardulli, che comunica la scomparsa di Guido De Bellis, “fascista” (e l’aggettivo ci sta tutto) barese, al quale mi legano tanti ricordi.
Così, ieri mattina, ho appreso dalla pagina di Giacinto Reale della scomparsa di uno dei protagonisti della piazza nera barese, un militante proletario di Avanguardia Nazionale. La sua storia io l'ho raccontata decisamente male nella prima edizione di Fascisteria. Un capitolo mal riuscito perché mi sono affidato sostanzialmente a una sola fonte, rivelatasi poi inaffidabile. E così l'ho rimosso dalla seconda edizione. Con De Bellis e altre "vittime" del rancore ho avuto modo di scusarmi e così posso serenamente partecipare al cordoglio della figlia Sara e della sua comunità che lo piange. Stavolta per raccontare la sua figura scelgo tre ricordi: due di Giacinto Reale, che non è mai stato in Avanguardia ma con De Bellis e i suoi camerati si è spesso trovato fianco a fianco, uno di Vito Vincenzo Nardulli, il leader della Comunità politica di Avanguardia, all'epoca alla testa della roccaforte di Mola di Bari.
La campagna elettorale del 1967
Un ricordo in particolare, legato alle amministrative del 1967.
De Marzio fece venire da Roma, ad organizzare la campagna, un simpatico Diego Fio (chissà che fine avrà fatto) che noleggiò da Peppino Lopiano (barivecchiano doc, autista di De Marzio quando era a Bari) alcune automobili, le munì di castelletto sul tettuccio, e le affidò ad alcuni giovani virgulti.
Una toccò a me (figuriamoci! avevo la patente, ma non ancora una macchina “mia”, mi sembrò una prova di grande fiducia). Era una R4 (quella col cambio sul cruscotto) che passavo a prendere al mattino e riportavo la sera in un garage perché stesse al sicuro da qualche “sfregio”.
Mi venne affiancato Guido (detto “Gin Fizz”, e non ho mai capito perché, io non l’ho mai visto bere nemmeno una birra), e iniziammo quella ventina di giorni “di fuoco”, con me contento, ma anche un po’ intimorito perché non potevo dimenticare quella volta, pochi mesi prima, che Guido, venuto con altri tre o quattro a dare manforte a noi del “rossissimo” Liceo Classico, in occasione di non so quale sciopero compagnesco, si era lanciato, da solo, su una turba di rossi, e aveva letteralmente ridotto in mille pezzi i cartelloni di piccolo formato che loro reggevano con su scritto –ironia della sorte- qualcosa tipo “peace and love...fate l’amore non fate la guerra” .
La nostra attività principale consisteva nell’andare in giro come trottole, urlando (letteralmente) slogan dagli altoparlanti montati sul tettuccio, annunciando comizi, provando ad agganciare qualche pulzella con complimenti un po goffi –detti a mezza voce questi- dagli altoparlanti.
C’era poi la consegna dei manifesti e del materiale elettorale ai paesi della provincia , e fu così che conobbi allocazione delle 48 (non sono poche!) sezioni “paesane” del MSI e rispettivi segretari, con molti dei quali avrei poi conservato un decennale buon rapporto.
Ma fu in quei lunghi giri che, soprattutto, conobbi Guido. “Fabbro” come orgogliosamente era e si definiva, insegnò tanto allo studentello quasi universitario che ero, e di molti dei suoi insegnamenti ho poi fatto tesoro e gliene sono stato sempre grato.
Dimenticavo: tra le attività assegnateci c’erano anche i “giornali parlati” dalla casa di qualche iscritto che aveva acconsentito a mettere gli altoparlanti sul balcone, e questi toccavano a me; c’era poi la sistemazione degli striscioni, da un balcone all’altro, quasi sempre a casa di sconosciuti, perché qui faceva premio la “strategicità” del posto.
E allora io e Guido ci dividevamo i compiti. Io, con la mia faccia da occhialuto bravo ragazzo, “convincevo” i proprietari (e non era sempre facile), poi arrivava lui, che “ingabbiava” con due corde alle estremità lo striscione a terra sul marciapiede, e poi, a forza di braccia lo tirava su, prima da un balcone e poi da quello di fronte, fissandolo robustamente.
A fine campagna elettorale, le auto non c’erano più e il poco gratificante smontaggio andò via per mesi...ma lo fecero altri, non io e Gin Fizz.
Ciao, Guido, un di ci ritroveremo e metteremo tanti striscioni, anche lì
La battaglia con i malavitosi
Ho settant’anni, e sono (diventato) un sentimentale.
Da stamattina non riesco a concentrarmi sulla scrittura di qualche pezzo “squadrismo-rsi” dei miei, e, da quando ho letto la notizia della morte del vecchio amico e camerata Guido, nella mia mente è un rincorrersi di ricordi.
Ricordi riferiti a quei giorni della mia giovinezza per i quali – con tutte le “scese di livello” che potete immaginare- calza a pennello la bella definizione di Pavolini nella Premessa a “Squadrismo fiorentino”:
“Certi giorni di marciapiede e di attesa, di gita e di rissa, i quali, nonostante il loro aspetto secondario e svagato, furono tra quelli che più hanno contato nella nostra vita, più a fondo ci si sono impressi dentro. Sede di via Cavour, sede di piazza Ottaviani... Acri mesi del ’20 e del ’21. Bastonature che nascevano in piazza, improvvise, come i mulinelli della polvere nelle sere di vento”.
E vi racconto un ricordo ... proprio di una di quelle giornate “di attesa e di rissa”, come scriveva Pavolini.
Estate del 1970 (o giù di lì): eravamo sotto al portone della Federazione, in via Calefati, a “tirar tardi”, io, Guido, Luciano, Attilio e due ragazze, una delle quali sarebbe poi diventata mia moglie. Passano 4 o 5 giovanottelli, e uno si lascia scappare un complimento un po’ audace sulle minigonne delle ragazze.
Non l’avesse mai fatto! Attilio, che faceva il filo all’amica della mia futura moglie, lo sente (nonostante il “sottovoce” ) e lo affronta a brutto muso.
Quello, spalleggiato dagli altri, gli si avventa contro.
Errore gravissimo! I tre che erano con me (indegnissimo quarto) erano i tre più “forti”(in tutti i sensi) attivisti baresi, e la questione si mette presto male per gli imprudenti, due dei quali, infatti, vista la mala parata, tirano fuori i coltelli.
Uno dei malandrini prende di mira proprio me, non quarto, ma ....quarantesimo, tra cotanto “senno”, e già mi vedevo “affettato”, se non fosse intervenuto Guido.
Con assoluta calma, parlandogli piano con la sua voce suadente, si avvicina, quasi ipnotizzandolo, e, quando lo ha a portata, gli stringe il polso nella sua stretta da fabbro, finché il coltello cade a terra, e il proprietario volge le terga.
Io faccio un respiro di sollievo, con la coda dell’occhio vedo che anche gli altri, “disarmati”, preferiscono la resa e si allontanano, con uno che a terra, oltre al coltello, ha lasciato qualche dente (e vi assicuro che è cosa impressionante, completamente diversa dai film di Bud Spencer, non foss’altro che per il sangue e il rumore).
Siamo padroni del campo! Che fortuna, per me, avere simili amici e camerati.
Una mezz’oretta dopo, con l’adrenalina in discesa, Guido torna alla sua officina, io e Luciano andiamo ad accompagnare a casa le ragazze, Attilio resta ad aspettarci.
Mal gliene incolse! quelli tornarono, in una ventina, con mazze e bastoni, e lo ridussero male, tanto da richiedere il ricovero in ospedale.
Nei giorni successivi, ci informammo: erano piccoli delinquenti che gravitavano intorno ad un bar dalle parti di via Trevisani, al quartiere Libertà, se ben ricordo.
“Controllammo” la zona per un po’, e ci rendemmo conto che un attacco sarebbe stato possibile, ma oneroso, per la abituale presenza, nel locale, di altri delinquenti non proprio “piccoli”, e per la prevedibile ostilità del quartiere.
Le misteriose vie che regolano lo spargimento delle notizie in un centro non grande come Bari, fecero sì che la cosa si risapesse.
Si interpose qualche pezzo grosso barivecchiano e ci fu un chiarimento...in fondo era finita pari e patta, tra i denti loro e i 4 giorni di ricovero di Attilio.
Un altro motivo per pagare un altro caffè a Guido, non appena lo vedo....
Le pistolettate dei compagni greci
APPENA APPRESA LA TRISTE NOTIZIA NELLA MIA MENTE C’È UN SUSSEGUIRSI DI RICORDI ....UNA NOTTE MENTRE GIRAVAMO PER BARI A FAR SCRITTE CON LE BOMBOLETTE SPRAY NOTAMMO CHE MOLTE NOSTRE SCRITTE ERANO STATE COPERTE DA MANIFESTI DEL COMITATO ANTIMPERIALISTA-ANTIFASCISTA,ERA IL PERIODO DEI COLONELLI IN GRECIA E MOLTI COMPAGNUCCI GRECI TRAMITE L’INTERNAZIONALE MARXISTA SI ERANO ISCRITTI ALL’UNIVERSITÀ DI BARI ED ERANO ATTIVISTI DEI VARI GRUPPI COMUNISTI,ALL’ALTEZZA DEL MARCONI VEDIAMO UN NUTRITO GRUPPO,UNA VENTINA,INTENTO AD AFFIGGERE.....ERAVAMO IN SETTE,SCENDIAMO DALLE MACCHINE E LI INSEGUIAMO,PERCHÉ SI ERANO DATI ALLA FUGA,APPENA VISTOCI,LASCIANDO A TERRA SECCHI DI COLLA E MANIFESTI ....LI AVEVAMO QUASI RAGGIUNTI.... UNO DI LORO,CHE POI ABBIAMO SAPUTO FOSSE UN GRECO, SPARA TRE-QUATTRO COLPI DI CAL.22, DI CUI UNO RAGGIUNSE GIN FIZZ SUL LABBRO SUPERIORE ..... DICIAMO CHE QUELLA NOTTE FINI’ COSÌ .... DOPO AVER PRESO INFORMAZIONI CHI FOSSERO E A DISTANZA DI DUE-TRE GIORNI LI RIBECCAMMO ..... AHAHAHAHAHAHAHAHAHAH......NON CONTINUO MI FERMO QUI....VI DICO SOLO CHE GUIDO NON ERA INCAZZATO MA DI PIÙ .....LASCIO IL RESTO ALLA VOSTRA IMMAGINAZIONE.....CIAO FABBRO, COSÌ LO CHIAMAVA SCHERZOSAMENTE TONINO FIORE.....
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