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Mafia capitale, il re del sistema è il 'rosso' Buzzi

Macché Mafia capitale, era un sistema di corruzione generalizzato in cui non c'era neanche bisogno di intimidire i politici. Anzi, spesso erano questi ad accogliere a braccia aperte i due "boss". 
Romano, 64 anni il prossimo 15 novembre, fiore all’occhiello della cooperazione sociale fin all’arresto del 2 dicembre 2014,  Salvatore Buzzi e l’ex Nar Massimo Carminati, secondo l’accusa, rappresentano i vertici di Mafia Capitale. Il Rosso e il Nero della cupola romana ipotizzata dalla procura. Condannato a 18 anni e 4 mesi in Appello (in primo grado erano 19), Buzzi è al momento detenuto nel carcere di Tolmezzo.
Per i magistrati capitolini Buzzi era al vertice di una associazione che agiva con ’metodo mafioso’, usando ’la violenza come metodo di intimidazione, per creare assoggettamento e omertà, come previsto dal 416 bis’: il ’capo è Carminati, Riccardo Brugia quello militare e Buzzi quello economico’. In realtà gli episodi di violenza sono del tutto marginali 
La difesa di Buzzi ovviamente prova a smontare questa ricostruzione: ’Non è mafia, un’ipotesi crollata nel corso del processo, ma un sistema di corruzione spaventoso a tutti i livelli - sostiene il difensore di Buzzi, Alessandro Diddi - dal Comune alla Regione al Parlamento. Un sistema marcio e corrotto. Ma la Procura non ha voluto aprire questo sistema, non l’ha voluto guardare’.  Buzzi ha confessato più episodi di corruzione,  ma ha sempre respinto ogni accusa su e mafia e "metodo mafioso".

Ma chi è Buzzi? Dalla raccolta e smaltimento dei rifiuti all’accoglienza dei profughi fino alla manutenzione del verde pubblico, il ras della coop ’29 giugno’ secondo la procura ha le mani su gare e appalti pubblici di Roma. Ha lavorato con più amministrazioni comunali, d’ogni colore politico. E per i pm ha pagato politici e funzionari corrotti, senza distinzioni di partito. ’Pago tutti. Finanzio giornali, faccio pubblicità, finanzio eventi, pago segretaria, pago cena, pago manifesti… questo è il momento che paghi di più perché stanno le elezioni comunali’, dice intercettato dalle cimici del Ros.

Nell’aula del maxiprocesso arriverà a citare Deng Xiaoping per spiegare che lui, pur non avendo mai votato Pdl, non prova alcuna vergogna ad aver finanziato le campagne elettorali della destra anzi rivendica la sua funzione sociale di aver dato lavoro a centinaia di ex detenuti. ’Non devi guardare se il gatto è bianco o nero, l’importante è che prenda il topo. Io avevo 300 persone da mantenere’.

Tutto registrato, nomi cognomi e importo, nel ’libro nero’ della contabilità parallela, nascosto a casa delle segretaria. ’Stipendi’ che vanno dai 1.500 ai diecimila al mese, racconta Buzzi intercettato dal Ros, ’ma rientra tutto, noi quest’anno abbiamo chiuso con 40 milioni di fatturato. Gli utili li abbiamo fatti sugli zingari, con l’emergenza alloggi, sugli immigrati", dice a una collaboratrice. ’Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende di meno’. Ma dalle carte è emerso anche che aveva pagato parte degli stipendi dei dipendenti del partito democratico romano. 

Nel quadro che fa di lui la procura, Buzzi appare spregiudicato e capace di monetizzare la credibilità costruita negli anni sul terreno delle cooperazione sociale. Per la difesa è invece un imprenditore che per lavorare doveva ungere politici e amministratori. In carcere c’è stato per anni, con una condanna per omicidio volontario.

Con l’obiettivo di dare una chance di vita, di reinserimento lavorativo a chi è stato dietro le sbarre, fonda nel 1985 la ’29 giugno’, dalla data di uno storico convegno sul lavoro in carcere tenutosi a Rebibbia che aveva Buzzi, nel frattempo laureatosi con 110 e lode, tra i relatori e nel suo atto fondativo le firme di una figura come Don Di Liegro, allora a capo della Caritas Diocesana, e di un’intellettuale come Laura Lombardo Radice, moglie di Pietro Ingrao.  

 Da ’Rebibbia 29 giugno’ diventerà, dopo qualche anno, solo ’29 giugno’ e per tutti sarà il fiore all’occhiello nel settore della cooperazione sociale. Grazie a capacità imprenditoriali riesce a trasformare la ’29 giugno onlus’ in un "gruppo di indiscutibile potenza", scrive il gip, che fa il grande salto sotto la giunta Alemanno fino a consolidare un fatturato di 60 milioni.

Risale solo al Capodanno del 2013 l’sms inviato al dirigente Angelo Scozzafava. ’Speriamo che il 2013 sia un anno pieno di monnezza, profughi, immigrati, sfollati, minori, piovoso così cresce l’erba da tagliare e magari con qualche bufera di neve: evviva la cooperazione sociale’. Destra, sinistra, politici di ogni colore: a quanto emerge dagli atti della procura, Buzzi &Co pagano tutti e al consiglio comunale di Roma il ’compagno B.’ è di casa.

"Me li sto’ a comprà tutti. Semo diventati grossi", dice captato dalle cimici del Ros. E ora ’giocano con me’ e ’devono sta’ ai nostri ordini’. Più volte nell’aula bunker di Rebibbia risuona la metafora della mucca. ’Se vuoi mungere la mucca, la mucca deve mangiare - dice Buzzi a più riprese - E l’avete munta tanto".

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