Così per l'Antimafia la mala spadroneggia in curva
Bagarinaggio, ricatti, violenza, traffico di droga, associazione mafiosa: l’intreccio fra ultrà e malavita è una costante del calcio e l’inchiesta di Torino, che ha portato all’arresto di 12 esponenti dei ’Drughi’ e di altri gruppi, su denuncia della Juve, è solo l’ultimo episodio, arrivato dopo l’omicidio a Roma di Fabrizio Piscitelli, ’Diabolik’.
Nel 2017 una relazione della Commissione antimafia, allora presieduta da Rosy Bindi, portò alla luce commistioni fra malavita organizzata e mondo del tifo organizzato. "A Torino la ’ndrangheta si è inserita come intermediaria e garante nell’ambito del fenomeno del bagarinaggio gestito dagli ultras della Juve, arrivando a controllare i gruppi che avevano come riferimento diretto la ’ndrangheta", scrivevano i commissari, nella relazione su mafia e sport approvata all’unanimità dall’organismo e dal coordinatore del Comitato mafia e sport, Marco Di Lello. In quella relazione non c’era solo il club bianconero: in altre città , infatti, i capi ultras sono considerati persone "organicamente appartenenti ad associazioni mafiose o a esse collegate". E’ l’esempio di Catania o Napoli, ma anche della Genova rossoblù. L’opinione generale, da quel rapporto, è che non sempre l’attività illecita o violenta dei gruppi ultras riceve la necessaria attenzione. L’Antimafia ha auspicato "una sempre maggiore condivisione delle informazioni raccolte".
Il quadro che emerge da Milano a Catania, passando per Torino, Genova e Roma, è preoccupante. Negli ultimi anni la mafia ha trovato nelle tifoserie organizzate il terreno ideale per infiltrarsi ed espandere il proprio business. Dati che emergono da inchieste giudiziarie, parlamentari e di cronaca, di cui l’esecuzione a Roma del capo degli ’Irriducibili’ della Lazio, Fabrizio Piscitelli, alias ’Diabolik’, è solo l’ultimo episodio. Il suo omicidio ha messo in subbuglio perfino la tenuta dell’ordine pubblico nelle prime giornate di campionato e ricompattato storiche rivalità. Nel derby capitolino del primo settembre le due opposte fazioni di tifosi hanno solidarizzato, esponendo striscioni "in onore" di Piscitelli, ucciso il 7 agosto nel Parco degli Acquedotti: era in contatto con Carminati, aveva già subito un attentato per vicende legate a un traffico di droga Settimane dopo, un videomessaggio dell’estremista nero Gaudenzi, poi costituitosi, faceva riferimento a quell’omicidio e alle curve come terreno di arruolamento per la malavita.
Lo scorso aprile si era verificato un altro agguato a Milano, con un tentativo di esecuzione fallito nei confronti di Enzo Aghinelli, un ultras dei rossoneri, rimasto gravemente ferito da una serie di colpi esplosi a distanza ravvicinata alla sua macchina. Anghinelli, uscito dal carcere nel 2016 dopo aver scontato una pena per droga, è un tifoso dei Black Devil e lo scorso luglio ha patteggiato una condanna a 3 anni di reclusione per traffico di droga, in merito a fatti commessi nel 2018. L’indagine sul tentato omicidio e’ ancora aperta.
A Napoli il miscuglio fra i clan e il tifo è stato verificato, con le infiltrazioni di alcuni gruppi camorristici nella Curva B. Faceva parte della Curva A, invece, il capo ultrà Gennaro De Tomaso, al secolo ’Genny ’a carogna’, sotto i riflettori dei media nel corso della finale di Coppa Italia a Roma del 2014, cominciata pochi minuti dopo l’omicidio del tifoso partenopeo Ciro Esposito, presso l’Olimpico da parte di un romanista ed estremista di destra, Daniele De Santis.
Nel 2007 decine di tifosi si resero protagonisti di un assalto a una caserma della polizia di Stato nella zona del Flaminio, a Roma, meglio conosciuta come la caserma delle volanti. Un altro assalto venne portato al commissariato di polizia di Porta del Popolo, messo sotto assedio da decine di teppisti con spranghe e sanpietrini, e un altro ancora ai poliziotti barricati nell’Olimpico e nella sede del Coni. Infine, come in una marcia forzata dall’Olimpico verso Ponte Milvio e Tor di Quinto, un intero quartiere tenuto ostaggio della violenza. Quella volta, per protestare contro l’uccisione del tifoso Gabriele Sandri, romanisti e laziali costituirono un fronte unito contro un nemico comune: le forze dell’ordine.
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