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Speciale Diabolik/2 L’omicidio è la bomba o l’innesco? In autunno a Roma non cadranno solo foglie

Roma non sanguina. Roma “butta” sangue, quando i corpi senza vita rimangono sul selciato o sul terriccio di un parco. E il sangue, questa volta, non è solo quello di un uomo ma è quello del capo curva più famoso in Italia e all’estero: Fabrizio Piscitelli, per tutti gli ultras solo Diabolik, il leader degli Irriducibili della Lazio. Cinquantatré anni da poco più di un mese, romano doc.
Ieri, verso le 19, Fabrizio era seduto su una delle panchine del Parco dell’Acquedotto, zona Cinecittà. Probabilmente aveva appuntamento con qualcuno, qualcuno che conosceva ma che non si è mai presentato. Nel sentiero antistante alla panchina la gente scorre correndo, è una prassi consolidata da molto tempo ormai. Non si fa caso a chi passa. Sono uomini, donne, ombre. E non ci si accorge di chi, vestito da runner e forse a volto coperto con un copricollo al naso, ti spara alle spalle un colpo di pistola calibro 7,65. Arma difficilmente letale se usata sulla distanza, ma definitiva quando ti colpisce dietro l’orecchio sinistro, da pochi metri o centimetri. Un colpo chirurgico così è morto Fabrizio Piscitelli. Senza sapere chi l’ha ucciso, senza poter fare un’ultima rapida connessione tra l’azione e il movente. E questo è un dato importante.
Delle due vite dell'ex capo degli Irriducibili della Curva Nord della Lazio, e dei moventi, ci parla con maggiori dettagli, il collega Alessandro Ambrosini, direttore di Notte Criminale, il primo web magazine interamente dedicato alla cronaca nera, con un interessante articolo che potete leggere cliccando qui



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