A destra finisce la diaspora. La Meloni è riuscita a portare tutti a casa
Si scambiavano il megafono nei cortei. Adesso lavorano per costruire il primo governo "generazionale" e identitario. Una storia che inizia quindici anni fa. Quando una leadership, quella di Giorgia Meloni, si è affacciata per la prima volta per diventare, anno dopo anno, la solida realtà del suo mondo. Nonostante il "nulla" che ha rischiato di spazzare via tutto come ci racconta con un interessante articolo, l'ottimo Antonio Rapisarda dalle colonne di Libero.
Articolo che riportiamo fedelmente.
Una marcia, alla guida dei giovani di An prima e del partito della Fiamma oggi, lunga quindici anni. Madrina di una generazione che ha trovato nell'immaginario di Atreju una traccia con cui declinare, di anno in anno, l’archè di una sfida esistenziale prima ancora che politica: quella contro il “nulla”, entità che ha rischiato per un momento di risucchiare pure la sua destra. E se, come ha ricordato qualche anno fa riferendosi all’implosione del Pdl, «l’unica cosa che è rimasta in piedi mentre tutto crollava» è proprio la kermesse dedicata all’eroe bambino tratteggiato da Michael Ende ne «La Storia infinita», Giorgia Meloni non poteva che convocare qui (dal 20 al 22 settembre a Roma) la sua “generazione Atreju” e con questa anche i nuovi sodali giunti già da altri lidi, Forza Italia in primis, per un annuncio importante. Quale? Organizzare la «sfida alle stelle», dopo quella dei futuristi: che, valeva per Marinetti come vale oggi per i comuni mortali, significa sostanzialmente fare «la propria parte per questa nazione». Il resto, è il corollario, dovrà farlo ovviamente Matteo Salvini mandando in soffitta l’alleanza di governo con i 5 Stelle, “cadenti”.
In nome di questo impegno Giorgia Meloni è pronta a superare le colonne d’Ercole della «casa del padre», di Fratelli d’Italia, ad offrire cioè «una causa a chi condivide la nostra visione del mondo» (lo hanno già fatto, tra gli altri, Raffaele Fitto, Stefano Maullu ed Elisabetta Gardini), partendo però dall’aver messo in sicurezza un patrimonio, un dato che solo fino a qualche mese fa era più che arduo immaginare: già, la diaspora della destra politica, generata dalla frantumazione di An e dai disastri di Fini, è stata ricomposta.L’ultimo tassello, il ritorno «a casa» del sindaco di Catania Salvo Pogliese e dell’ex parlamentare e primo segretario di Azione Giovani, Basilio Catanoso, per chi conosce liturgie e gemmazioni dei figli della fiaccola - quella del Fronte della Gioventù - segna la chiusura simbolica di un cerchio. Anche i “matteoliani” dunque, legati al compianto ex ministro e “colonnello” Altero Matteoli, sono rientrati, bruciando i ponti con Forza Italia e riconoscendo all’ex ministro della Gioventù di aver «seguito un percorso con coraggio eccezionale». Ritorno celebrato con un grande abbraccio comunitario nel capoluogo etneo (città «pupilla» di Giorgio Almirante e di Pino Rauti), perché anche grazie al sostegno di quei “catanesi” - in quel marzo del 2004 al congresso di Azione Giovani di Viterbo – Giorgia Meloni, sostenuta dalle storiche realtà romane (Colle Oppio e Garbatella su tutte), riuscì ad ottenere il testimone, la guida dei giovani post-missini nella sfida con Carlo Fidanza, oggi uomo bandiera di FdI in Europa vicinissimo alla leader, ai tempi espressione della cordata sociale.
Questo pezzo di “storia infinita”- l’avventura dell’ex “nipotina” politica degli esuli in patria - parte proprio da lì, attraversando e superando il ventennio berlusconiano, il buco nero del Pdl, la rottura finiana, e dunque la rinascita della “fiammella” che sotto la sua gestione riacquista via via peso e vigore, fino a mettere la freccia del sorpasso nei confronti del partito di Silvio Berlusconi.
«Giorgia è stata bravissima. Ha fatto praticamente quasi tutto da sola assieme a pochi altri, portando oltre cinquanta persone in Parlamento...», spiega non a caso Francesco Storace dall’osservatorio del Secolo d’Italia. Anche lui – tra i promotori storici della destra sociale - ricongiuntosi recentemente alla compagnia dopo il traumatico divorzio da An nel 2007. Alcuni anni prima lo stesso percorso è stato intrapreso dall’ex viceministro Adolfo Urso, da Daniela Santanchè e da Raffaele Stancanelli a cui si sommano i ricongiungimenti di questi mesi da parte di Andrea Augello, Roberto Menia e Guido Castelli.
La novità, però, è che i protagonisti di questa “pax patriottica” fra ex An sono proprio i tipi della generazione Atreju diventati adulti, quelli cresciuti con il megafono in mano a fianco di Giorgia e che le riconoscono adesso una leadership politica conquistata sul campo. Prima di Pogliese e Catanoso è stata la volta dei “sociali”, come Elena Donazzan; degli “alemanniani”, Marco Cerreto, Antonio Tisci e Ciccio Rizzo; dei “gasparriani”, da Andrea Volpi a Luca Sbardella. Una ricomposizione al resto di cofondatori di FdI Fabio Rampelli, Ignazio La Russa, Guido Crosetto e Marco Marsilio che manda in soffitta le divisioni del passato ma che soprattutto ha assicurato un ricambio che sostanzia le nuove gerarchie: accanto alla leader, infatti, la generazione Atreju guida il gruppo al Parlamento europeo (Carlo Fidanza) e alla Camera (Francesco Lollobrigida), governa città importanti (Paolo Truzzu a Cagliari, Salvo Pogliese a Catania, Pierluigi Biondi a L’Aquila e Alessandro Tomasi a Pistoia), organizza il partito sul territorio (Giovanni Donzelli) e si occupa da sempre di elaborazione politica insieme alla leader (Giovanbattista Fazzolari). A questi si uniscono i volti freschi in Parlamento, da Augusta Montaruli ad Andrea Delmastro, da Federico Mollicone a Salvatore Deidda, da Marcello Gemmato a Carolina Varchi.
Altro che «bambini viziati» dunque, come punzecchiava velenosamente il Fini già spiaggiato. Ma – come gli replicò a tono Meloni dal palco del primo congresso di FdI – si tratta invece di «uomini e donne dovuti crescere troppo in fretta per cavarsela da soli» proprio perché il loro padre politico «a un certo punto» è scappato di casa, andando in giro «a sperperare un patrimonio».
Tutto questo, insomma, vale decisamente qualcosa di più del partito testimonianza. E allora, per dirla col tolkeniano Gandalf, «la scacchiera è pronta, le pedine si muovono». Ne è convinta Giorgia secondo cui «la prossima potrebbe essere una stagione decisiva per il futuro dell’Italia». E in FdI vogliono farsi trovare pronti allestendo ed aprendo quel movimento «sovranista e conservatore» con con cui riportare la nazione al centro del governo. «Sarà ancora Atreju – assicura la leader - il luogo in cui tutto accade». E la “storia infinita”, dunque, continua.
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