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''Italiani due volte Dalle foibe all'esodo'', il libro di Dino Messina alla libreria La Nuova Controcorrente a Napoli

Italia due volte. Dalle foibe al'esodo: una ferita aperta della storia italiana. E' il titolo di un interessante convegno sul dramma delle foibe promosso dalla Libreria Nuova Controcorrente, la storica libreria fondata da Pietro Golia ed ora diretta dal fratello Carmine sita, in via Carlo de Cesare 11 a Napoli. 
Un convegno promosso in collaborazione con Ereticamente che verrà come relatori l'avvocato Luigi Morrone e Dino Messina, direttore de La Nostra Stora blog storico del Corriere della Sera ed autore del libro Italiani due volte dalle foibe all'esodo.


La storica libreria La Nuova Controcorrente incontra Dino Messina, Direttore del blog storico del Corriere della Sera “La Nostra Storia”, per presentare il suo libro “Italiani Due Volte dalle foibe all'esodo: una ferita aperta nella storia italiana”, fondamentale per capire il dramma degli italiani d’Oriente.
L’approccio a questa tragedia epocale ha risentito di un pregiudizio storiografico stigmatizzato dallo storico francese Jaques Heers: la pretesa dello storico di dividere i “buoni” dai “cattivi”, che – come nota lo stesso Heers – facilita il compito, essendo più difficile indagare a fondo i fatti, scandagliare le fonti, verificarle e “capire” il reale svolgimento degli avvenimenti.
Ed il trattamento storiografico della Seconda guerra mondiale è – forse – il paradigma di quanto stigmatizzato da Heers: i “buoni” sono tutti da una parte, e i “cattivi” dall'altra.
Roberto Ducci, nell'immediatezza della fine del conflitto, aveva avvertito il pericolo, ma è rimasto isolato nel panorama storiografico: i “buoni” avevano vinto, ad aver perso erano i “cattivi”.
Le vicende indagate da Messina vedono i “buoni” partigiani compiere azioni “cattive”, ed ecco che la storiografia dominante ha dapprima cercato di nascondere certe vicende, o a mistificarle (emblematico il caso di Norma Cossetto, vittima dei partigiani titini e fatta passare per generica “vittima della violenza”), poi a “giustificarle”, vuoi facendo passare per azioni individuali certi orrori, vuoi inquadrando l’intera vicenda come “reazione fisiologica” agli “orrori nazifascisti” nei confronti degli slavi.
Il libro di Messina ha il merito di spazzare via le tesi precostituite, ha il merito di non dividere i “buoni” dai “cattivi”, ha il merito di vedere le cose come sono andate, senza nulla tacere e nulla mistificare.
Non si trattò di azioni individuali di “teste calde” come Mario Toffanin “Giacca”, responsabile della strage di Porzûs, il massacro della brigata partigiana Osoppo in cui caddero, tra gli altri, Mario Pasolini, fratello di Pierpaolo, e Francesco De Gregori, zio omonimo del cantautore: il tutto rientrava in un piano preordinato, che doveva spazzare via l’elemento italiano dalle terre dell’Adriatico Orientale, in maggioranza abitate da italiani. Non si trattò di “reazione” alla politica antislava del Fascismo o alle rappresaglie dell’esercito di occupazione durante la guerra: della furia titina furono vittime combattenti partigiani “non allineati” e persino ebrei scampati dai campi di concentramento.
Fu “pulizia etnica”: gli italiani furono perseguitati in quanto tali.
Non si può non plaudire a Dino Messina, per questa coraggiosa iniziativa, che – si spera – segni un’inversione di tendenza nell'analisi storiografica di questo vero e proprio “genocidio”, cioè “l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale”, secondo la definizione del termine approvata dall’ONU.

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