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Il salone del libro di Torino: sì a CasaPound, no a Freda





Il Salone del Libro "è luogo istituzionalmente aperto al dibattito e al confronto. Ed è indiscutibile il diritto per chiunque non sia stato condannato per avere propagandato idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, di acquistare uno spazio al Salone e di esporvi i propri libri". Interviene così il comitato di indirizzo della 32/a edizione del Salone del Libro di Torino dopo le polemiche per la presenza di un casa editrice diretta da un iscritto a Casa Pound. Una perifrasi abbastanza inutile: in Italia l'unico editore condannato per la legge Mancino è Franco Freda, che vanta una storica presenza con le sue edizioni di AR a Torino (per altro nel processo all'iniziale imputazione per la legge Mancino contro il Fronte nazionale seguì una condanna per la legge Scelba).
"Altrettanto indiscutibile - prosegue la nota del comitato di indirizzo - è il diritto di chiunque a dissentire, in modo anche vibrante, dalla linea editoriale perseguita da un editore e dai contenuti dei libri da esso pubblicati. Quale migliore occasione del Salone stesso per affermare questa posizione promuovendo il dibattito sul tema".
Il Comitato di indirizzo della buchmesse torinese sottolinea altresì che il Salone "ha scelto in piena consapevolezza di non diventare palcoscenico elettorale, al fine di non trasformarsi in una cassa di risonanza troppo facile da strumentalizzare: e ancora di essere plurale e aperto alla discussione, perché il dialogo è fondamento della democrazia.

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