Casalbruciato, CasaPound e Fratelli d'Italia litigano per uno striscione
Discussione tra militanti di CasaPound e di Fratelli d’Italia, quando un militante del partito di Giorgia Meloni ha affisso sotto lo stabile di via Satta a Casal Bruciato uno striscione contro l’assegnazione di una casa popolare ad una famiglia rom. Mauro Antonini, dirigente romano del movimento di estrema destra, ha protestato "tu non devi chiedere il permesso alle ’guardie’ per mettere lo striscione, lo devi chiedere a me che sto qui da ieri sera". Sullo striscione la scritta "case ai rom e agli italiani lo sfratto vergogna" e poi il simbolo di Fratelli d’Italia.
Tensione alle stelle: c'è anche una minaccia di stupro alla rom
Un’escalation vergognosa di minacce. Insulti, urla, frasi anche raccapriccianti come il "ti stupro" urlato da un abitante all’indirizzo di una nomade che stava rientrando col figlio nella casa popolare a Casal Bruciato, periferia di Roma, che la sua famiglia occupa da ieri legalmente e che non intenzionata a lasciare.
"Se ci sono stati insulti personali nei confronti della donna li condanniamo, ma sono purtroppo causati dal clima di tensione ed esasperazione dei cittadini". A dirlo il responsabile romano di Casapound Davide Di Stefano in merito agli insulti rivolti alla donna nomade al suo arrivo nel palazzo con la figlia. "E’ giusto opporsi in maniera civile, determinata ma pacifica mentre è sbagliato passare all’insulto personale", ha aggiunto.
Nella periferia di Roma, dopo le rivolte antinomadi di Torre Maura e Casalotti, torna l’intolleranza e il razzismo e anche questa volta ad innescare la miccia è l’assegnazione di una casa popolare ad una famiglia nomade, 14 componenti che hanno deciso di aderire al piano del Campidoglio e lasciare il campo de La Barbuta. Dopo le proteste di ieri, "che hanno spaventato i nostri bambini" dicono i genitori, oggi la famiglia ha partecipato ad una riunione in Campidoglio alla fine della quale ha deciso di restare nella casa che gli è stata assegnata e che per loro è l’occasione di una nuova vita.
"Se ci sono stati insulti personali nei confronti della donna li condanniamo, ma sono purtroppo causati dal clima di tensione ed esasperazione dei cittadini". A dirlo il responsabile romano di Casapound Davide Di Stefano in merito agli insulti rivolti alla donna nomade al suo arrivo nel palazzo con la figlia. "E’ giusto opporsi in maniera civile, determinata ma pacifica mentre è sbagliato passare all’insulto personale", ha aggiunto.
Nella periferia di Roma, dopo le rivolte antinomadi di Torre Maura e Casalotti, torna l’intolleranza e il razzismo e anche questa volta ad innescare la miccia è l’assegnazione di una casa popolare ad una famiglia nomade, 14 componenti che hanno deciso di aderire al piano del Campidoglio e lasciare il campo de La Barbuta. Dopo le proteste di ieri, "che hanno spaventato i nostri bambini" dicono i genitori, oggi la famiglia ha partecipato ad una riunione in Campidoglio alla fine della quale ha deciso di restare nella casa che gli è stata assegnata e che per loro è l’occasione di una nuova vita.
"Ci hanno minacciato dicendoci che ci avrebbero tirato bombe e ci avrebbero picchiati. I miei figli hanno visto e sentito tutto questo e ora, con queste persone sotto casa, hanno paura. Ma a questa casa ne abbiamo diritto, ce l’ha assegnata il Comune", dice il capofamiglia sconsolato ma per ora determinato a restare. Ma la protesta dei residenti, supportati dai militanti di Casapound, non è scemata, anzi. All’arrivo di alcuni componenti della famiglia, la mamma con un figlio scortati dalle forze dell’ordine in assetto anti sommossa, è stato un caos di urla, spintoni, insulti. "Li vogliamo vedere tutti impiccati, bruciati", dicono alcune donne radunate nel cortile di via Satta. Un’altra si lascia andare a nostalgie azzardando: "Richiamiamo Mussolini che è morto?". "Magari" risponde il grosso dei manifestanti. E poi l’agghiacciante "ti stupro" all’indirizzo della rom urlato da un residente.
Qualcuno cerca di portare motivazioni a questa intolleranza. "Abbiamo paura. Qui i nomadi non devono venire. Hanno una brutta fama, non li vogliamo", dicono alcuni abitanti del quartiere, tra loro soprattutto anziani. Qualcuno teme che il proprio appartamento con questi vicini si svaluti. Per questo al minisindaco M5S arrivato in segno di solidarietà con i rom gridano "portali a casa tua". "Abito qui dal ’66 - dice una di loro - sono tra i tanti alluvionati di Prima Porta del ’65. Già dal 2010 ho dato l’acconto per acquistare la casa. Tanti sacrifici per una casa e poi ci troviamo in queste condizioni".
"Nessuno li vuole perché devono venire qui? - dice un’altra - sfasciano tutto e rubano. Un mesetto fa di pomeriggio stavo tornando a casa e mi si è avvicinata una donna con la scusa di un indirizzo e sentivo un odore forte. Secondo me voleva stordirmi". E ancora: "A mio nipote quando aveva 11 anni gli hanno puntato un coltello alla gola per rubargli un euro" racconta una residente. A schierarsi con i nomadi arrivano i Movimenti e le due fazioni si spartiscono via Satta. Al centro il cordone delle forze dell’ordine. Davanti al portone gli agenti in tenuta antisommossa. Il resto della famiglia rom rincasa in serata da un’entrata secondaria e si prepara ad un’altra notte d’assedio.
La polemica politica esplode puntuale. Se ieri la sindaca Virginia Raggi aveva sottolineato che gli unici "abusivi sono quelli di Casapound" oggi la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni addossa alla sindaca la colpa delle rivolte in periferia: "Grazie alla Raggi e al Pd oggi Roma è ufficialmente una città razzista nei confronti dei romani". "Chi si oppone a dare una casa a chi ne ha diritto solo perché rom è razzista", dice nettamente il deputato del Pd Matteo Orfini. E il ministro dell’Interno Salvini a Matrix chiosa con una battuta: "gli unici Nomadi che mi piacciono sono quelli della band".
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