Strage di Bologna, Mazzanti: il vero scandalo sono i processi e le condanne
Continua la discussione dopo la conferenza stampa tenuta a Bologna nei giorni scorsi da Roberto Fiore e Gabriele Adinolfi. Dopo Andrea Colombo e le repliche di Gabriele Adinolfi e Gian Paolo Pelizzaro, è la volta di Massimiliano Mazzanti, il giornalista che segue e racconta con passione il processo Cavallini
Della polemica, in cui mi vedo anche parzialmente coinvolto, tra persone che conosco e con cui ho anche legami d’amicizia - Roberto Fiore, Gabriele Adinolfi, Andrea Colombo e Gian Paolo Pelizzaro - apprezzo sostanzialmente solo il fatto che - finalmente! - un po’ di dibattito si è acceso sul processo a carico di Gilberto Cavallini, la cui sorte - al di là degli obblighi di cronaca imparziale a cui sono tenuto per ovvie ragioni professionali - è l’unico interesse “personale” a cui tengo.
Sulla “pista palestinese”, dichiaro subito - per chiarezza - d’essere d’accordo con Pelizzaro, anche se rimango stupito del vocabolario che lui stesso usa per polemizzare con Fiore e Adinolfi: i due hanno proposto ulteriori elementi di riflessione - sui quali hanno specificato, per altro, nella conferenza stampa che hanno indetto e alla quale ho preso parte, non hanno certezze assolute da vendere a chissà chi - e che propongono di dibattere in un eventuale “processo internazionale” che hanno intenzione di organizzare. Se è solo fumo, quindi, si vedrà. Atteggiamenti sprezzanti sono inutili, anzi, semmai funzionali a chi, delle piste alternative sulla Strage di Bologna, proprio non vuol sentir parlare.
D’altronde, con Colombo, condivido l’idea che - pista palestinese o altre a parte -, il vero scandalo siano i processi che hanno portato alla condanna di Francesco Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini e che ora rischiano di veder condannato anche Cavallini: non un rito, ma vere e propria “messa nera” giudiziaria - come scrissi in uno dei primi reportage per il Secolo d’Italia -, in cui il Diritto viene sostanzialmente “violentato” di continuo.
E scrivo “sostanzialmente” perché - da un punto di vista “formale” - praticamente nulla di ciò che sta avvenendo a Bologna è contrario alla Legge: è lecito sollevare ancora sospetti sulle responsabilità di Cavallini (e Fioravanti) circa l’omicidio di Piersanti Mattarella, non ostante tre assoluzioni passate in giudicato; è lecito portare a testimoniare ancora Paolo Aleandri e Gian Luigi Napoli, non ostante i non propri lusinghieri giudizi espressi da altri giudici sulla genuinità e credibilità di questi personaggi; è lecito che le parti civili interroghino per un’ora e più un altro pentito, fondando l’esame su una falsa deposizione del passato e che, quando i difensori s’accorgono e scoprono il “trucchetto”, l’inquietante situazione venga minimizzata dalla Corte d’assise come si fosse trattato di un banale errore; sono lecite - purtroppo - tante altre cose che potrei elencare, ma col rischio di esaurire la “spazio memoria” del tuo sito.
Chiudo, ribadendo un concetto: sono stato ospite di Fiore e Adinolfi, pur non condividendo tutte le loro tesi, come ho detto anche in quella sede; credo che sia questo l’atteggiamento da assumere, affinché non finisca “in caciara”, come scrive Colombo, nella lettera, però, in cui, a sua volta, alza i toni e getta benzina sul fuoco.
Sulla “pista palestinese”, dichiaro subito - per chiarezza - d’essere d’accordo con Pelizzaro, anche se rimango stupito del vocabolario che lui stesso usa per polemizzare con Fiore e Adinolfi: i due hanno proposto ulteriori elementi di riflessione - sui quali hanno specificato, per altro, nella conferenza stampa che hanno indetto e alla quale ho preso parte, non hanno certezze assolute da vendere a chissà chi - e che propongono di dibattere in un eventuale “processo internazionale” che hanno intenzione di organizzare. Se è solo fumo, quindi, si vedrà. Atteggiamenti sprezzanti sono inutili, anzi, semmai funzionali a chi, delle piste alternative sulla Strage di Bologna, proprio non vuol sentir parlare.
D’altronde, con Colombo, condivido l’idea che - pista palestinese o altre a parte -, il vero scandalo siano i processi che hanno portato alla condanna di Francesco Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini e che ora rischiano di veder condannato anche Cavallini: non un rito, ma vere e propria “messa nera” giudiziaria - come scrissi in uno dei primi reportage per il Secolo d’Italia -, in cui il Diritto viene sostanzialmente “violentato” di continuo.
E scrivo “sostanzialmente” perché - da un punto di vista “formale” - praticamente nulla di ciò che sta avvenendo a Bologna è contrario alla Legge: è lecito sollevare ancora sospetti sulle responsabilità di Cavallini (e Fioravanti) circa l’omicidio di Piersanti Mattarella, non ostante tre assoluzioni passate in giudicato; è lecito portare a testimoniare ancora Paolo Aleandri e Gian Luigi Napoli, non ostante i non propri lusinghieri giudizi espressi da altri giudici sulla genuinità e credibilità di questi personaggi; è lecito che le parti civili interroghino per un’ora e più un altro pentito, fondando l’esame su una falsa deposizione del passato e che, quando i difensori s’accorgono e scoprono il “trucchetto”, l’inquietante situazione venga minimizzata dalla Corte d’assise come si fosse trattato di un banale errore; sono lecite - purtroppo - tante altre cose che potrei elencare, ma col rischio di esaurire la “spazio memoria” del tuo sito.
Chiudo, ribadendo un concetto: sono stato ospite di Fiore e Adinolfi, pur non condividendo tutte le loro tesi, come ho detto anche in quella sede; credo che sia questo l’atteggiamento da assumere, affinché non finisca “in caciara”, come scrive Colombo, nella lettera, però, in cui, a sua volta, alza i toni e getta benzina sul fuoco.
Massimiliano Mazzanti
Per quanto mi riguarda è ampiamente comprovato che i toni sono bassissimi e concilianti. Come pure che ho sottolineato che una cosa è esporre gli elementi che attestano inquinamenti, depistaggi e trascuratezze su piste alternative, altro sono le proprie convinzioni o deduzioni
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