Sangue a S. Siro. Parla Diabolik: lo striscione doveva entrare, brutto clima
"La nostra protesta nasce dal divieto di esporre uno striscione, che era stato comunicato in precedenza alla Lazio, in cui si ricordava la morte di un ragazzo. Non è la prima volta che gli striscioni vengono prima autorizzati e poi sequestrati. Noi ritenevamo opportuno ricordare un tifoso che conoscevamo personalmente e che ha perso la vita allo stadio". Il capo ultras biancoceleste Fabrizio Piscitelli, noto come ’Diabolik’, spiega i motivi che hanno spinto gli Irriducibili ad abbandonare la curva Nord pochi minuti dopo l’inizio della partita di oggi con il Torino.
La frangia più calda della tifoseria biancoceleste voleva esporre uno striscione con su scritto ’Un ultras non muore mai Daniele con noi’ in ricordo di Daniele Belardinelli, l’ultrà interista (tifoseria gemellata con quella della Lazio) morto durante gli scontri di San Siro. "Questo striscione doveva e poteva entrare", dice Diabolik, secondo il quale "evidentemente c’è chi lavora per rendere questo clima sempre più brutto". Parlando di Belardinelli, il capo degli Irriducibili spiega che "noi laziali lo conoscevamo bene perché essendo gemellati con l’Inter era venuto da noi varie volte. Ma a prescindere da questo un ultrà deve essere ricordato da tutte le curve perché è un tifoso come noi. Per gli altri siamo extraterrestri, ma siamo persone normali".
Piscitelli si sofferma anche sull’ipotesi di un inasprimento delle pene nei confronti dei tifosi violenti: "Peggio di quello che hanno fatto finora non possono fare. E questo dimostra che la repressione non dà i frutti sperati. Già esiste l’arresto, non credo si possano creare nuovi codici penali. Sono cose che vengono dette i giorni dopo le tragedie. La cosa grave che nessuno dice e che nessuno si domanda è come sia stato possibile che i tifosi del Napoli siano arrivati lì con così poca scorta, sapendo che quella di San Siro era una partita a rischio".
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