La lettera, Europee: che ci fanno i sovranisti di Fratelli d'Italia con i neo Dc di Fitto?
Franco da Avellino, nostro attento e appassionato lettore, storico militante della destra irpina, nel Msi prima, in Alleanza Nazionale poi, elettore di Fratelli d'Italia alle comunali del 2013, alle europee del 2014, alle regionali del 2015, non alle politiche del 2018 causa candidatura di un ex fan di Ciriaco De Mita, l'ex sindaco di Mercogliano Massimiliano Carrullo, alla luce del patto tra Fratelli d'Italia ed i Conservatori di Raffaele Fitto per cambiare niente poco di meno che l'Europa ci invia una lettera che pubblichiamo volentieri.
Quando era giovane, a me Raffaele Fitto stava anche simpatico. Perché è pur vero che era democristiano, ma lo era già "fuori tempo massimo", e quindi in qualche modo gli riservavo un giudizio benevolente, compassionevole. Era giovane, di certo non era colpa sua tutto il malcostume della prima repubblica né si potevano imputare, al trentenne consigliere regionale pugliese, le responsabilità sulle decennali ruberie del suo Partito. Si sa com'è, al Sud e in quegli anni, se volevi fare politica, la strada DC era quasi l'unica, ci sarebbe voluto tanto, troppo coraggio per scegliere altro, e il coraggio se uno non ce l'ha mica se lo può dare.
Come e più del mio conterraneo Gianfranco Rotondi, di nove anni più anziano di lui, anche Raffaele Fitto ha pagato l'essere stato troppo giovane quando la Diccì contava, e così quando è arrivato il loro turno si sono trovati a doversi cucire addosso un spazio inedito, che richiamasse la comune origine ma si proiettasse come più confacente ai tempi. A Gianfranco, tutto sommato, è andata bene, è stato parlamentare e Ministro, come pure lo è stato Fitto; ma mentre l'irpino ha sempre trovato una formula, elezione dopo elezione, per ottenere da Berlusconi riconoscimenti e comode candidature, sicuramente meritati, al buon Fitto è toccato spesso misurarsi con le preferenze e dare prova del suo radicamento: ha infatti affrontato due candidature alla Presidenza della Regione Puglia, una vittoriosa e una persa per pochissimo contro Vendola, e due prove al Parlamento Europeo dove, dentro una Forza Italia già con i primi sintomi di fiato corto, ottenne un risultato enorme nel 2014, sfiorando le 300 mila preferenze. Sino ad oggi sia Rotondi che Fitto hanno avuto il loro "Partitino" centrista, satellite del pianeta (morente) berlusconiano, ma da ieri Fitto ha trovato un'altra stellina ad illuminare la sua orbita: Giorgia Meloni.
Le avvisaglie sono ci sono state ad Atreju, dove la leader di Fratelli d'Italia ha fatto un richiamo appassionato a "tutte le forze sovraniste", cui però sembra avere risposto solo Fitto che, diciamolo, sovranista non è manco per niente. Si badi, la decisione della Corte Costituzionale sullo sbarramento del 4% è stata pronunciata a fine ottobre, fino ad allora era inutile impastare accordi... ma una volta confermata la validità e la legittimità della soglia, è più che evidente che si sia scatenato il panico! Il 4% non è mica poco, allo stato attuale, sondaggi alla mano, possono aspirare ai seggi europei solo quattro Partiti, cioè Lega, M5S, PD e Forza Italia, e già quest'ultima è consapevole che la rappresentanza sarà ridotta e minimale.
E qui tocca prendere una decisione. Raffaele Fitto, che un po' di preferenze al Sud le avrà ancora, avrebbe potuto chiedere la candidatura a Berlusconi il quale, forse, avrebbe pur avuto la benevolenza paterna di concederla, perdonandogli le intemperanze degli ultimi tempi e il "buco" di 700.000 euro che, secondo la tesoriera di Forza Italia, Maria Rosaria Rossi, lo stesso Fitto avrebbe lasciato nelle casse del Partito in Puglia. Certo, Fitto avrebbe portato un bel po' di voti alla lista di FI, ma evidentemente fra i due non c'è più feeling, e quindi non ha trovato una strada utile verso la riconferma a Bruxelles attraverso Berlusconi. E quindi, che fare?
E anche dall'altra parte tocca prendere una decisione. Fratelli d'Italia ha preso il 3,67% alle ultime europee, ma all'epoca la Lega si fermò al 6,16%... Se è vero che alle politiche del 4 marzo i Fratelli d'Italia hanno raggiunto il "ragguardevole" risultato del 4,36%, praticamente un sospiro più dello sbarramento, oggi che la Lega è stimata fra il 30 e il 35%, le preoccupazioni meloniane sono diventati veri e propri incubi: non solo il Partito corre il rischio di non superare lo sbarramento, ma c'è anche chi dice, come Pagnoncelli sul Corriere della Sera del 2 novembre (mai data più evocativa) che per FdI la previsione sia di un misero 2,7%...
Il progetto della Meloni, diciamolo chiaramente, non ha funzionato. Si può essere affezionati ad un simbolo, ad una comunità umana, ad alcuni dirigenti storici, certo, ma bisogna prendere atto che non ha funzionato.
Meno ancora ha funzionato il progetto "quarta gamba", che forse i più hanno dimenticato già, cioè la lista "Noi con l'Italia-UDC" dentro la quale, fra le altre, vi era la componente di Fitto; tutta la lista ha preso un magro 1,30%; se in Puglia, questo cartello promiscuo ha superato di poco il 3%, nel resto del Sud gira intorno al 2% per non prendere quasi niente negli altri collegi europei. Ricordo che si è trattato di un esperimento elettorale artificioso, privo di consenso diffuso e messo su da un ceto politico desueto, superato, molto più affine al mondo del popolarismo europeo che a quello del populismo italiano cui la Meloni dice di appartenere, come Maurizio Lupi ed Enrico Costa (ex Alternativa Popolare), Saverio Romano (Cantiere Popolare), Enrico Zanetti (Scelta Civica) e Flavio Tosi (Fare!) e Lorenzo Cesa (UDC).
Ora, l'idea che una malmessa Fratelli d'Italia possa azzardare un accordo con una parte di "Noi con l'Italia-UDC" è già sintomatico di imminenti pestilenze e tragedie, ma quel che più colpisce è che, niente-di-meno, questo accordicchio elettorale, finalizzato esclusivamente alla speranza di superare lo sbarramento, sia voglia far passare come risultato politico di cui vantarsi, nella logica del reciproco sdoganamento: la Meloni, infatti, legittima Fitto come ancora giovane, lo rivaluta come ribelle e indisciplinato berlusconiano, ne rimarca la non appartenenza al PPE e gli offre il ricordo del radicamento elettorale che fu; dal lato opposto Fitto "normalizza" la Meloni che diventa quindi meno bohémien e più responsabile, meno popolana e più europea.
E così è, quindi, se vi pare.
Va bene che Fitto era un democristiano, va bene che abbia votato il CETA, va bene che Angelino Alfano, quando era ministro della giustizia, aveva disposto un'ispezione ministeriale presso la procura di Bari contro i giudici che indagavano sul compagno di Partito Raffaele Fitto (ispezione che aveva determinato un'indagine per abuso d'ufficio a carico di entrambi, per carità poi archiviata); pur di raggiungere il tanto agognato 4%, evidentemente, tutto è lecito o quantomeno passabile... quello che invece sembra essere meno tollerabile è la facilità con cui si realizzano queste operazioni e le si travestono pure con toni trionfalistici sull'altare ipocrita di un falso sovranismo. La verità è una sola, incontrovertibile e avvalorata da molteplici esempi già verificati: Fratelli d'Italia arranca, dato oggettivo, e per galleggiare cerca intese al Centro, recuperando e candidando al proprio interno figure politiche che nulla o quasi abbiano mai avuto in comune con la storia della Destra. È un'operazione rischiosa, che rischia di snaturare la identità nella quale FDI è politicamente inquadrabile e di demoralizzare i quadri militanti e dirigenti. E poi, al di là di tutto, non funziona.
Siccome il gruppo dirigente di FDI è perfettamente consapevole di tutto ciò, non resta che concludere che sia una strategia specifica, incomprensibile e deludente.
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