Bannon tifa per la "rivoluzione italiana"
L'evoliano "made in Usa": un ossimoro si aggira per l'Europa e fa tremare l'Ue. Ecco gli appunti sulla giornata di Steve Bannon ad Atreju festa nazionale di Fratelli d'Italia, come ci racconta, con un interessante articolo, pubblicato da Il Tempo, storico quotidiano romano, a firma del collega Antonio Rapisarda, che riportiamo per intero.
Nemmeno per l’arrivo di Salvini c’era tutta questa calca», spiegano le vecchie volpi di FdI incuriosite dall’evoliano che viene dagli States. Al suo arrivo il budello che accompagna l’ingresso all’isola Tiberina è intasato di telecamere, curiosi ma anche di tanti militanti. Se per lui, del resto, «l'Italia è il cuore pulsante della politica moderna» e Giorgia Meloni «uno dei pochi politici originali non solo in Europa, ma nel mondo», Atreju è di certo il termometro di quanto la sua alt-right, la destra alternativa che ha aiutato Donald Trump a frantumare le élite liberal, possa essere commestibile per il partito dei «patrioti italiani».
Di certo, ancora prima di aprire bocca, la presenza di Bannon a Roma ha scatenato la reazione di Antonio Tajani che, ufficialmente impossibilitato per un’influenza, ha declinato la sua ospitata ad Atreju ma non ha rinunciato – suscitando l’alzata di spalle dei luogotenenti di FdI – a dire la sua sull’ospite d’onore di Meloni: «Ma come si fa a essere sovranisti italiani e poi arriva un americano a dirci che dobbiamo essere sovranisti americani? - ha spiegato il numero due di Forza Italia -. Il signor Bannon se ne può stare a casa, non abbiamo bisogno di interferenze americane».
Se Tajani ha trovato nella politica estera la chiave per smontare l’unità della coalizione ritrovata appena qualche giorno fa sulle elezioni Regionali, Meloni ha ribattuto «che questo improvviso orgoglio» lo avrebbe voluto vedere tante volte «anche verso quella infinità di commissari europei che ogni giorno ci tirano insulti di ogni genere». Se è vero, dunque, che non si ha bisogno di lezioni dagli «americani» è altrettanto vero che non si accettano ingerenze da certe nazioni europee rispetto alle quali «istituzioni» che dovrebbero rappresentare gli italiani «non sempre dicono “non accettiamo queste ingerenze”», ha chiuso punzecchiando il presidente dell’Europarlamento e confermando che proprio oggi ufficializzerà l’adesione a The movement.
«Sono venuto qui per dirvi che non siete soli. La Brexit, l'elezione di Trump e quello per cui avete votato a marzo 2018... è tutto collegato». Ha un tono ieratico e il passo da predicatore Bannon e, rivolgendosi al pubblico, ossia al “popolo”, gli ha attribuito una funzione storica: «Voi siete la colla che tiene insieme la società che è erede di Atene, Gerusalemme e Roma». Per questo «il partito di Davos», il partito dei poteri finanziari, «farà di tutto per distruggere i vostri rappresentanti e voi: le élite odiano tutto ciò che voi rappresentate ma nonostante loro i patrioti saranno la nuova élite».
Nessuna ingerenza negli affari italiani, rassicura la platea e gli osservatori. «Non sono qui per dire agli italiani cosa devono fare. Voi lo sapete. Per questo a Bruxelles vi temono». Già, non temono «me, Salvini o Meloni. Quello è potere politico e lo capiscono. Quello di cui hanno paura è il popolo che li ha scelti».
È per tale motivo, a suo avviso, che l’establishment contesta sempre più pesantemente il risultato, seppur democratico: perché non lo legittima più. È ciò che è avvenuto con Trump prima e il 4 marzo in Italia poi. Adesso tocca alla sfida delle Europee in vista della quale «dopo le elezioni di mid-term negli Usa» ha promesso che si dedicherà anima e corpo. In questo schema l’Italia si conferma per Bannon un laboratorio in scala mondiale: «È il centro dell'universo della politica», ha concluso. E rivolgendosi a Meloni & co – richiamando in maniera implicita l’immaginario caro alla platea – ha riconosciuto che «ora la torcia è stata passata a voi: il vostro è l’esperimento più importante. L’élite sa bene che se dovesse funzionare in Italia allora la rivoluzione si diffonderà ovunque». Bannon ha intimato così a smettere di agire come «criceti dentro una ruota», liberandosi come individui e come popolo per diventare padroni del proprio futuro.
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